Il nesso di strumentalità con il giudizio di merito alla luce della più recente giurisprudenza

di Iacopo Brotini - In seguito alla riforma del diritto societario (di cui al D.lgs n. 6/2003) è stato eliminato il richiamo che l'art. 2476 c.c. operava all'art. 2409 c.c. (il quale disciplina il controllo giudiziario sulla gestione delle società per azioni e delle cooperative, prevedendo in dettaglio un procedimento camerale da svolgersi nelle forme tipiche della volontaria giurisdizione), introducendo nell'ambito dell'azione di responsabilità nelle s.r.l. proprio l'istituto della revoca cautelare degli amministratori.

Ora, la tematica che più ha visto dibattere dottrina e giurisprudenza è quella rappresentata dal rapporto di strumentalità esistente tra il procedimento cautelare in commento e il successivo giudizio di merito a cognizione piena. Ci si domanda, infatti, da un lato se sia o meno ammissibile, tenuto conto della struttura anche letterale della norma, l'esperibilità ante causam del rimedio (nel senso di poter ammettere il ricorso cautelare senza che sia pendente alcun giudizio di merito volto ad accertare la responsabilità degli amministratori) e, dall'altro, se il procedimento a cognizione piena cui accede il mezzo cautelare debba essere rappresentato necessariamente dall'azione di responsabilità (e non, ad esempio, dalla diversa azione volta ad una pronuncia costitutiva di semplice revoca dell'organo amministrativo).

La sentenza del tribunale di Milano

In merito, un rilevante contributo viene dalla più recente giurisprudenza del Tribunale di Milano, Sezione delle Imprese, la quale ha avuto modo, nel corso del 2017, di fissare alcuni punti (in merito si vedano Trib. Milano, 17/05/2017 e 21/04/2017).

L'organo giudiziario lombardo ha, in sintesi, evidenziato quanto segue.

In primo luogo si sostiene che il rimedio cautelare in esame ben può essere esperito indipendentemente dalla pendenza di un ordinario giudizio di cognizione volto ad accertare profili di responsabilità degli amministratori. Ne deriva che il socio di minoranza di una s.r.l. che lamenti gravi irregolarità di gestione (le quali, come accennato, rappresentano non un danno già realizzatosi bensì il fondato timore di un suo verificarsi) può legittimamente ricorrere ante causam al Tribunale al fine di ottenere - all'esito di una cognizione tipicamente sommaria dei fatti ai sensi dell'art. 669-sexies c.p.c. - la revoca cautelare dell'organo amministrativo.

A tale conclusione il Tribunale di Milano perviene attraverso una diversa ricostruzione del nesso di strumentalità del rimedio cautelare con il successivo giudizio di merito.

Si rileva infatti come, nonostante la struttura testuale dell'art. 2476 comma III c.c. preveda la revoca cautelare dell'organo amministrativo nella cornice del giudizio di responsabilità, suggerendo in tal modo la sussistenza di un vincolo di strumentalità necessario tra la tutela anticipatoria e quella risarcitoria, in realtà tale connessione non sussista.

A ben vedere, argomenta la giurisprudenza milanese, il giudizio a cognizione piena cui la tutela in oggetto è funzionale non è quello volto ad accertare la responsabilità degli amministratori, bensì quello - diverso - volto ad ottenerne giudizialmente la revoca mediante pronuncia costitutiva.

I due procedimenti appena menzionati, si sostiene, differiscono nettamente sotto il profilo della causa petendi e del petitum: il primo è diretto ad accertare la sussistenza e l'ammontare del danno subito dalla società a causa della condotta dell'organo amministrativo nonché ad ottenere la condanna di quest'ultimo al relativo risarcimento; il secondo, al contrario, si basa sulla ricorrenza di comportamenti e di atti integranti una mala gestio e che, verosimilmente, sono in grado di produrre un pregiudizio al patrimonio sociale qualora gli amministratori dovessero rimanere in carica.

Come correttamente rilevato dal Tribunale di Milano (nonchè da molti commentatori che ne hanno avallato le conclusioni), ben può accadere che condotte contrarie ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto poste in essere dagli amministratori non producano nell'immediato un danno alla società, essendo idonee, paradossalmente, a costituire un vantaggio per la medesima (si pensi, ad esempio, alla redazione non veritiera del bilancio o di alcune sue voci al fine specifico di ottenere un risparmio di imposta); ma ciò non toglie che le medesime integrino a tutti gli effetti delle gravi irregolarità di gestione.

Tra l'altro, osserva a fortiori la stessa giurisprudenza, il sistema processuale già conosce uno strumento cautelare tipico che in una siffatta ipotesi (ovvero azione risarcitoria di responsabilità) potrebbe esperirsi: il sequestro conservativo di cui all'art. 671 c.p.c.

In conclusione, la revoca cautelare degli amministratori di s.r.l., basandosi su presupposti del tutto diversi rispetto all'ordinaria azione di responsabilità, accede strumentalmente al diverso giudizio volto ad ottenere una pronuncia costitutiva di revoca dell'organo amministrativo, la cui esistenza nel sistema - sebbene non espressamente prevista dal Codice in materia di s.r.l. - non può che ritenersi indubbia (dal momento che il medesimo risultato è ottenibile in via anticipata mediante un ricorso cautelare).

Da tutte le argomentazioni prospettate, la giurisprudenza di merito del Tribunale di Milano arriva altresì e coerentemente a sottolineare come, dovendosi qualificare quella in commento alla stregua di una misura cautelare anticipatoria, il provvedimento con cui questa viene concessa mantiene la sua efficacia anche qualora il successivo giudizio di merito non venga introdotto (il riferimento è all'art. 669-octies, comma VI, c.p.c.).

Occorre tuttavia ricordare come l'impostazione e la ricostruzione fin qui operata, e che corrisponde a quella fatta propria dalla giurisprudenza del Tribunale di Milano, sebbene appaia a molti commentatori la più corretta dal punto di vista sistematico (ottenendo addirittura l'avallo della Corte Costituzionale, con sentenza 29/12/2005, n. 481), non è unanimemente condivisa.

In particolare, di diverso e contrario avviso è l'orientamento espresso dal Tribunale di Roma, il quale insiste sulla strumentalità del rimedio cautelare di cui all'art. 2476 comma III c.c. proprio con riferimento all'ordinario giudizio di responsabilità disciplinato dalla medesima norma (in merito si vedano, tra le ultime, Trib. Roma, 24/08/2016 e 01/07/2014).

Gli argomenti addotti per sostenere suddetta tesi sarebbero rinvenibili nella struttura letterale della previsione (il socio può altresì chiedere - nell'ambito dunque del giudizio di cui al medesimo comma III - il provvedimento…); nella mancanza di una specifica azione - oltre a quella di responsabilità - volta ad ottenere la revoca giudiziale degli amministratori; nel disposto di cui all'art. 2908 c.c., il quale, sancendo il principio di tassatività delle pronunce costitutive, sarebbe di ostacolo al riconoscimento di una nuova ipotesi non espressamente disciplinata.

Dunque si tratterebbe, per tale diverso orientamento, di un rimedio cautelare avente natura conservativa (con la sua conseguente perdita di efficacia nel caso di mancato avvio del giudizio di merito) e strumentale alla sola azione di responsabilità.

Come sostenuto da molti ed autorevoli commentatori la soluzione prospettata dalla giurisprudenza del Tribunale di Milano sembra essere maggiormente in linea col sistema, sia sostanziale che processuale, tenuto conto della disciplina nel suo complesso considerata.


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