Per gli Ermellini si tratta di adempimenti meritevoli di compenso economico poiché connessi a un'effettiva e diligente prestazione

di Lucia Izzo - Dovrà essere retribuito anche il tempo che l'operatore sanitario ha impiegato per la vestizione (e la svestizione) della divisa, nonchè per il passaggio di consegne all'entrata (e all'uscita) del proprio turno.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 27799/2017 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso dell'Azienda Sanitaria contro la sentenza della Corte d'Appello che dichiarato il diritto dell'infermiere a percepire la retribuzione maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione della divisa aziendale e per dare/ricevere le consegne all'uscita e all'entrata dal proprio turno di lavoro.

La vicenda

Si sarebbe trattato, secondo il giudice a quo, di adempimenti connessi a un'effettiva e diligente prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico.

In Cassazione, l'AUSL sostiene che la motivazione della sentenza gravata, quanto alla retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione, sarebbe stata in palese contrasto con una serie di norme (tra cui il d.lgs. 66/2003, il c.c.n.l. per il comparto sanità 2001 e il c.c. integrativo aziendale del 2003), trattandosi di attività rientrante nella diligenza preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio culturale che a essa la giurisprudenza riconnette.

Quanto al passaggio di turno, volto ad assicurare la continuità terapeutica ai pazienti, si tratterebbe di esigenza che può dirsi soddisfatta dalle annotazioni in cartella (c.d. scheda infermieristica), ove sono puntualmente riportate le pratiche eseguite e da eseguire, considerando anche la formula organizzativa del c.d. avvicendamento dinamico di squadra che consente il passaggio di consegne nel tempo necessario senza lasciare mai completamente sguarniti i reparti.

Infermieri: da retribuire il tempo per vestizione/svestizione e cambio turno

Secondo la Cassazione, invece, sotto ambedue i profili controversi (sia quello concernente il cambio abito sia quello relativo al cambio turno) entrano in gioco comportamenti integrativi e strumentali all'adempimento dell'obbligazione principale, i quali nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale.


Per la giurisprudenza, il tempo dedicato alla vestizione/svestizione è considerato tempo di lavoro ove qualificato da eterodirezione, in mancanza della quale l'atto rientrebbe nell'obbligo di diligenza preparatoria e non darebbe titolo ad autonomo corrispettivo (cfr. Cass. n. 9215/2012).


Tale situazione, tuttavia, non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non essendo detta attività svolta nell'interesse dell'azienda bensì dell'igiene pubblica, essa deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell'AUSL.


La Corte territoriale ha correttamente affermato il diritto alla retribuzione soltanto per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta utilizzato dal lavoratore; inoltre, per quanto riguarda il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.


Quanto al cambio di consegne "in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro", per la funzione che è chiamata ad assolvere, va considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, imprimendosi così a tale attività una nuova rilevanza, accrescendo la dignità giuridica della regola deontologica della continuità assistenziale.


Leggi anche la guida Tempo divisa: cos'è e quando va retribuito

Cass., sezione lavoro, sent. n. 27799/2017

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