di Valeria Zeppilli - Se il proprietario di un immobile non prova di aver subito dei danni effettivi, non potrà far valere alcuna pretesa risarcitoria sulla svalutazione dell'immobile conseguente a un inquinamento acustico e atmosferico.
Il principio emerge dall'ordinanza della Corte di cassazione numero 21150/2017 del 12 settembre, qui sotto allegata.
La vicenda
Alla base della decisione dei giudici della sesta sezione civile c'è la vicenda di due proprietari che avevano convenuto in giudizio il Ministero delle Infrastrutture al fine di ottenere il risarcimento dei danni prodotti alla loro abitazione, che avrebbe subito una considerevole svalutazione a seguito del completamento della variante SS1 e del viadotto di una sopraelevata. In particolare, la svalutazione, secondo la posizione dei due, derivava dalla struttura e dall'inquinamento acustico e atmosferico connesso alla circolazione dei veicoli.
Sia il Tribunale che la Corte d'appello avevano però rigettato le pretese degli attori e la vicenda era così giunta sino in Corte di cassazione.
Il danno da svalutazione
I giudici di legittimità, tuttavia, non hanno potuto far altro che confermare la posizione già assunta dai giudici del merito: il risarcimento non spetta.
Nella sentenza impugnata, infatti, la Corte d'appello aveva ritenuto non provata la domanda di risarcimento del danno da svalutazione dell'immobile in termini di amenità e panoramicità, pure astrattamente ammissibile. I proprietari, infatti, non avevano allegato in nessun modo il fatto della ridotta luminosità, panoramicità e godibilità dell'immobile né avevano avanzato istanze istruttorie orientate a tal fine.
Di conseguenza, posto che l'apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il rigetto della richiesta di risarcimento si è, così, definitivamente consolidato.