Per il Tribunale di Como, diversamente si rischierebbe di incentivare soluzioni fraudolente e illecite

di Valeria Zeppilli - La separazione non può essere omologata se la coppia punta a continuare a vivere sotto lo stesso tetto a tempo indeterminato. Per il Tribunale di Como, diversamente si verrebbe a creare una situazione ibrida che il nostro ordinamento non tollera. Ma non solo: ammettere che vengano meno la maggior parte dei doveri coniugali ma non la coabitazione comporta anche il rischio di incentivare soluzioni fraudolente e illecite.

Insieme nell'interesse del figlio

Nel caso di specie, la coppia aveva presentato un ricorso per la propria separazione, che prevedeva, appunto, la permanenza della convivenza nell'immobile acquistato in comune, seppur in stanze diverse. Alla base della scelta, c'era la volontà di conservare tutte le risorse utili per sostenere il percorso di studi del figlio ormai diciottenne, senza sprecare i soldi per l'affitto di una diversa casa da parte di uno dei coniugi.

Nell'accordo, però, non era prevista alcuna riserva, come la possibilità di uno di lasciare la casa a seguito di un auspicabile miglioramento economico, con la conseguenza che la situazione di coabitazione avrebbe potuto durare anche per sempre.

A favore del figlio, peraltro, era stato già accantonato un ingente fondo di risparmio, che avrebbe già permesso a ciascun genitore di andar via di casa.

Nessun riconoscimento giuridico alla condizione di separati in casa

In conclusione quindi, posti anche tali ultimi aspetti, il giudice non ha ritenuto possibile dare un riconoscimento giuridico alla condizione di separati in casa dei due coniugi: a casa si può fare ovviamente come si vuole, ma non è possibile pretendere che, poi, l'ordinamento giuridico si pieghi a soluzioni che, nei fatti, sono tutt'altro che coerenti con il diritto di famiglia.

Il diverso avviso della Cassazione

La posizione assunta dal Tribunale di Como, tuttavia, è tutt'altro che pacifica.

Scavando nella giurisprudenza di legittimità, infatti, troviamo posizioni che farebbero propendere per conclusioni opposte, quale quella espressa nella sentenza 3323/2000, che ha concesso il divorzio a dei coniugi che durante la separazione legale avevano continuato a vivere sotto lo stesso tetto, dopo aver accertato che comunque tra gli stessi non vi era stata alcuna riconciliazione, da intendersi come "comunione spirituale". I due, infatti, vivevano in parti distinte della casa, provvedevano alle proprie necessità autonomamente e si disinteressavano l'uno della vita dell'altro.

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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