La falsa testimonianza del prossimo congiunto beneficia dell'esimente a condizione che lo stesso renda testimonianza nonostante l'avvertimento art. 199 c.p.p.

Il reato di falsa testimonianza

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Il delitto di falsa testimonianza, sanzionato ai sensi dell'articolo 372 del codice penale, garantisce il corretto funzionamento dell'attività giudiziaria. Trattasi di reato proprio che si riferisce a chi è chiamato a deporre nella sua qualità di testimone davanti all'autorità giudiziaria. La condotta che integra il reato consiste sostanzialmente nel negare il vero, nell'affermare il falso ovvero nel tacere su quanto si è chiamati a testimoniare.

Elemento soggettivo del reato è il dolo generico, che si concretizza nel negare il vero ovvero nel tacere.

È altresì opportuno sottolineare che la falsità non deve necessariamente cagionare un nocumento all'amministrazione, è giuridicamente rilevante piuttosto il pregiudizio, la compromissione e l'ostacolo che si pone all'autorità giudiziaria nel raggiungere la verità processuale.

Esimente per la falsa testimonianza del prossimo congiunto

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Una particolare circostanza si verifica quando i fatti sui quali deporre si riferiscano ad un prossimo congiunto. Alla fattispecie in esame si applica l'esimente ex articolo 384 del codice penale.

Analizzando l'articolo si evince infatti che la falsa testimonianza non è integrata e quindi il soggetto non è punibile, quando nel rendere falsa testimonianza, lo stesso vi è stato costretto per salvare se stesso o un prossimo congiunto da un grave e non evitabile danno alla libertà e all'onore.

Deposizione e avvertimento della facoltà di astensione

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Un ulteriore problema emerge nel caso in cui il prossimo congiunto decida di deporre nonostante l'avvertimento della facoltà di potersi astenere dal rendere testimonianza ai sensi dell'art. 199 c.p.p.

A fronte di tale problematica l'operatività dell'articolo 384 c.p., I comma, vigeva nell'ipotesi di non volontaria pericolosità della situazione configurandosi quindi la punibilità del prossimo congiunto.

Altro orientamento criticava però tale impostazione, affermando che si rischiava di richiedere un requisito non previsto dalla norma, violando così il principio di legalità ed il divieto di analogia in malam partem che è proprio della causa di giustificazione dello stato di necessità che si riflette nell'esimente in esame.

Al fine di dirimere questo contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte, che con la sentenza 7208 del 2008, hanno dato atto della stretta connessione tra l'articolo 384 c.p. e il 199 del codice di rito.

Come sottolineato dalla Cassazione n. 28635/2022 "Deve, innanzitutto, rimarcarsi la stretta correlazione che esiste tra l'istituto di diritto sostanziale regolato dall'art. 384 cod. pen. e quello di diritto processuale previsto dall'art. 199 cod. proc. pen. in tema di facoltà di astensione dall'obbligo di testimonianza, trattandosi di norme che sono volte a tutelare il sentimento naturale di protezione della propria libertà e onore di fronte all'obbligo di rendere testimonianza ("nemo tenetur se detegere"), insieme con l'esigenza di tenere conto, agli stessi fini, dei vincoli di solidarietà familiare".

Da ciò ne è derivato che, tutelando i motivi di ordine affettivo, il legislatore ha statuito la facoltà di astenersi solo se ed in quanto l'interessato reputi di non dovere o non poter superare alcun conflitto.

Ne consegue l'affermazione da parte degli Ermellini di Piazza Cavour del principio per il quale si deve ritenere che la causa di non punibilità non operi per il teste - prossimo congiunto - che decida di deporre e dichiari il falso, se avvertito di potersi astenere.



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