Apertura della Suprema Corte per la trascrizione del cognome di entrambe le madri, quella biologica e quella sociale, in quanto non contraria all'ordine pubblico internazionale

di Gabriella Lax - Il bambino con due mamme prende il cognome della madre sociale. Così ha deciso la Corte di Cassazione in relazione al caso del bambino, nato in Inghilterra grazie alla fecondazione eterologa, da due mamme italiane, coniugate nel Regno Unito, che nel nostro Paese prende anche il cognome della donna che non l'ha partorito. Una decisione nel merito quella della Suprema corte (sentenza 14878/2017, pubblicata il 15 giugno dalla prima sezione civile, sotto allegata) in accoglimento della domanda di correzione del certificato di nascita del minore, presentata al Comune di Venezia, che riportava la sola madre biologica come da principio indicato dall'ufficiale di stato civile britannico. Nell'ordine, prima l'ufficiale di Stato civile di Venezia, poi i giudici di merito, avevano rifiutato la correzione giacché contraria all'«ordine pubblico». In Cassazione, però, il verdetto viene ribaltato.

Trascrizione e nozione "ordine pubblico"

Per i giudici della Suprema Corte, infatti, la trascrizione non è contraria all'ordine pubblico. Ad essere richiamata dal Palazzaccio non è la nozione interna ma quella "internazionale" di ordine pubblico, su cui assume un valore «rilevantissimo», oltre alle convenzioni Onu sui diritti dell'uomo e del fanciullo, la giurisprudenza della Cedu che sovente ha condannato l'Italia per l'assenza di una legislazione sulle coppie omosessuali mettendo al centro l'«interesse del minore» e il diritto "al riconoscimento ed alla continuità delle relazioni affettive, anche in assenza di vincoli biologici ed adottivi con gli adulti di riferimento, all'interno del nucleo familiare". Per cui, scrivono dalla S.C., l'ordine pubblico "non può utilizzarsi in modo automatico senza prendere in considerazione l'interesse del minore e la relazione genitoriale" a prescindere dal legame genetico.

La legge sulle Unioni civili

Inoltre, bisogna tenere conto che, nelle more, in Italia è entrata in vigore la legge 76/2016 sulle unioni civili

e la nascita del bambino fa parte di quel «progetto condiviso» della coppia sposata all'estero che introduce «una disciplina molto simile a quella del matrimonio» anche se non prevede l'istituto dell'adozione del figlio del coniuge. In merito, si citano precedenti a favore, come quello della sentenza n. 12962/2916 che l'ha riconosciuta nel caso di due donne che avevano deciso di avere un figlio in Spagna (grazie al seme di un donatore anonimo), sancendo una interpretazione estensiva dell'adozione in casi particolari; e, ancora, quello della sentenza n. 19599/2016, che interviene nella vicenda di due donne che, dopo aver avuto un figlio con l'eterologa impiantando l'ovulo dell'una nell'utero dell'altra, hanno ottenuto, dopo il divorzio
, una pronuncia favorevole alla trascrizione in Italia del bambino come figlio di entrambe. Se è vero, chiarisce, infine, la Cassazione, che la legge 40, "prevede che i conviventi siano di sesso diverso e che la procreazione assistita si effettui solo in caso di sterilità della coppia - è anche vero che - trattandosi di fattispecie effettuata e perfezionata all'estero e certificata dall'atto di stato civile di uno Stato straniero, si deve necessariamente affermare, che la trascrizione richiesta non è contraria all'ordine pubblico (internazionale)". Da qui l'accoglimento del ricorso e della domanda di rettificazione dell'atto di nascita del minore.

Cassazione, sentenza n. 14878/2017

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