Si può dare del 'mafioso' a qualcuno senza incappare nelle maglie della giustizia. Basta farlo 'con garbo', magari dietro presentazione di scuse. Lo ha sancito la Corte di Cassazione in una sua sentenza (2281/05) con la quale ha assolto definitivamente dall'accusa di ingiuria M. C., un ex questore finito nei guai giudiziari perchè 'nel corso di un'accesa riunione sindacale paragonò il comportamento di un ispettore di polizia a quello di un mafioso'. La vicenda è finita in Cassazione dopo che la Corte d'appello di Caltanissetta, nel luglio 2004, aveva assolto l'ex questore dall'accusa di ingiuria. Per i giudici di merito l'espressione non era passibile di condanna dal momento che 'l'imputato nel pronunciare le parole controverse aveva formulato le sue scuse preventive'. Il che, ad avviso dei giudici, era 'indicativo di una mancanza di dolo'. Un giudizio non condiviso dall'ispettore di polizia che sentendosi offeso dal paragone si è costituito parte civile in Cassazione. La Quinta sezione penale ha giudicato 'inammissibile' il ricorso evidenziando che 'il significato delle parole dipende dall'uso che se ne fa e dal contesto comunicativo in cui si inseriscono'. In altre parole, anche secondo piazza Cavour, il fatto che l'espressione sia stata detta 'con garbo' dietro richiesta di 'scuse preventive' dimostra la 'mancanza di dolo'. Di qui l'assoluzione piena dell'ex questore dall'accusa di ingiuria 'perchè il fatto non costuitisce reato'.
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