Analizziamo la vicenda dell'Opa di Hitachi su Ansaldo Sts alla luce delle regole fornite dal Tuf e dalla Consob

Nonostante il carattere estremamente tecnico ed apparentemente isolato che caratterizza le operazioni di finanza straordinaria concernenti le società quotate nei mercati regolamentati, è indiscutibile come esse finiscano per incidere profondamente sulla realtà economica e sociale. Di conseguenza, molte terminologie - correlate ai relativi istituti giuridico-economici - finiscono per entrare nel linguaggio giornalistico, cosicché anche coloro che non ne padroneggiano la tecnica finiscono per familiarizzarvi.

Bene, il termine O.P.A. rientra di certo in questa categoria, e sia perché si riferisce ad operazioni dall'importante effetto potenziale, sia perché - probabilmente - risulta particolarmente gradevole all'orecchio di chi ascolta. A sostegno di questa tesi, vi è il clamore mediatico che sta suscitando l'O.P.A. obbligatoria promossa dal conglomerato nipponico Hitachi su Ansaldo STS, società genovese che fornisce servizi di progettazione, realizzazione e gestione degli impianti di segnalamento nel settore ferroviario e metropolitano.

L'obiettivo del presente scritto è quindi quello di illustrare brevemente la disciplina giuridica delle O.P.A. secondo l'ordinamento italiano, in modo da meglio comprendere la vicenda che si trova alla base del suddetto caso di specie.

Fonti


La struttura normativa dell'Offerta Pubblica d'Acquisto è anzitutto offerta dalla d.lgs. 58/1998, meglio conosciuto come T.U.F. ("Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria "). D'altro canto, la normazione di dettaglio si trova nel suo Regolamento di attuazione (Regolamento emittenti), emanato dalla Consob con la delibera n. 11971/1999.
Da allora, la disciplina del T.U.F. e del Regolamento è stata soggetta a svariate e non sempre coerenti rivisitazioni, specie per l'effetto delle direttive comunitarie (d.lgs. 229/2007; l. 2/2009; l.33/2009; d.lgs. 2010; l. 116/2014).
Infine, è altrettanto conveniente porre rilievo sulla circostanza per cui, in presenza di alcuni elementi, il diritto italiano può concorrere con quello di altri ordinamenti (1).

Disciplina


a) Definizione

Un'Offerta Pubblica di Acquisto è una qualsiasi offerta, invito o messaggio promozionale, destinati all'acquisto (2) di prodotti finanziari e rivolti ad un certo numero di soggetti (3), quali i titolari dei prodotti finanziari medesimi. In termini più diretti, questa specie di appello al pubblico risparmio - che ha il tradizionale obiettivo di ottenere o rafforzare il controllo della società le cui azioni sono oggetto dell'offerta - prevede che il c.d. raider (o scalatore) si rivolga agli azionisti chiedendo l'adesione alla sua proposta.

Il leitmotiv della scalata - avvenendo in molti casi in un momento in cui la quotazione delle azioni mostra un trend decrescente - sta nella circostanza per cui l'offerente si dichiara disposto a pagare una cifra superiore a quella di mercato, naturalmente con la convinzione, una volta ottenuto il controllo, di poter porre in essere degli atti di gestione in grado di ristabilire la performance dei titoli.
O almeno questo può dirsi rispetto ad uno schema classico.

b) Comunicazioni al pubblico

A proposito di dichiarazioni, stante la finalità e quindi la portata rilevante dell'operazione, il primo momento chiave dell'operazione consiste nell'obbligo di comunicazione a cui il soggetto offerente è tenuto nei confronti della Consob (c.d. prima comunicazione), e questo non prima di essersi messo nelle condizioni di poter effettuare i versamenti previsti ove l'offerta venisse accolta (art. 37-bis reg. emittenti). Contestualmente, l'O.P.A. - rectius: il documento d'offerta (4) - deve essere reso disponibile al pubblico (art. 102 TUF) cosicché questo possa prendere coscienza della validità e della natura dell'offerta (5). Nei quindici giorni successivi - oltre i quali vige il principio di silenzio-assenso - la Consob può intervenire richiedendo l'integrazione dei documenti o di altre prestazioni accessorie (per esempio, di garanzia).

Peraltro, il documento diffuso dall'offerta non è il solo: successivamente, la società c.d. target (dell'O.P.A.) ha il diritto di pubblicare una sorta di controreplica, che - avendo per oggetto una previsione degli effetti potenziali della scalata e delle eventuali discrasie dell'offerta - ha sovente la finalità di ravvedere gli azionisti da possibili valutazioni affrettate (in caso di c.d. offerta ostile).

D'altra parte, questo passaggio non è necessariamente postergato al primo: se gli amministratori della società emittente si rivelano favorevoli alla conclusione dell'O.P.A. (c.d. offerta amichevole), il documento da loro redatto può essere allegato al primo così da velocizzare l'operazione.
Dunque, anziché un'obiezione, un consensus.
A tutela della credibilità del giudizio da parte dell'organo amministrativo, vi è comunque l'art. 39-bis del reg. emittenti, che sottopone gli amministratori indipendenti alla redazione di un parere motivato circa la decisione di appoggiare l'operazione.


c) Svolgimento dell'offerta

A questa fase preliminare, segue il c.d. periodo di adesione, ovvero il lasso temporale utile alla definizione dell'operazione e che di regola oscilla dai quindici ai cinquantacinque giorni (6), a seconda del tipo di O.P.A. e dalle valutazioni della Consob. In questo contesto, tutti i soggetti interessati (7) debbono rispettare le regole di trasparenza, correttezza e parità di trattamento imposte dall'organo di vigilanza, in modo da garantire una chiara e costante informazione nei confronti del mercato (per fare un esempio concreto, tra gli obblighi dell'offerente vi è quello comunicare periodicamente al pubblico le adesioni intercorse sino a quel momento). Pertanto, ben si comprende come in questa fase si determini il successo od il fallimento dalla scalata. E se nell'ipotesi più pacifica, ossia in caso di O.P.A. amichevole, l'operazione si conclude in maniera abbastanza lineare, determinando - in maniera proporzionale al numero delle adesioni - il passaggio di mano delle partecipazioni oggetto dell'offerta, vi sono numerosi scenari che rendono il closing più o meno difficoltoso, fino a sancirne l'insuccesso.


d) Le offerte c.d. "concorrenti"


Oltre agli interventi straordinari esperibili dalla Consob in funzione del potere di vigilanza attribuitole dal TUF, un caso tutt'altro che ipotetico è quello dell'intervento di una nuova offerta (c.d. offerta concorrente). Infatti - alla luce dell'art. 42 del reg. emittenti - i terzi possono innescare un'asta per ottenere il controllo della società-preda. Il maggior effetto di una controfferta - che può avvenire non più tardi del quinto giorno precedente alla chiusura del periodo d'adesione - è quello per il quale, con la finalità di valorizzare al meglio le proprie partecipazioni, gli azionisti possono revocare la loro adesione all'offerta originaria; e questo sia contestualmente alla pubblicazione della nuova, sia ex post, cioè decidere - entro cinque giorni dalla rivelazione - di attribuire i propri titoli al promotore dell'O.P.A. vincente, anche non avendovi prima facie aderito.
Peraltro, come il concetto di asta conviene, alla controfferta può seguire un rilancio da parte dell'offerente iniziale, che deve però avvenire entro cinque giorni.

e) Le difese

Caso ancor più rilevante è quello concernenti le c.d. difese, siano esse statutarie o contingenti, la cui intensità incide in maniera fondamentale nell'atto di contrasto di un'O.P.A. ostile.
Quando si parla di difese, ci si riferisce a quegli atti - contenuti nello statuto (c.d. preventive) o posti in essere durante lo svolgimento dell'offerta (c.d. successive) - volti ad impedire che un offerente poco gradito possa facilmente impadronirsi della società bersaglio.
D'altra parte, ci si riferisce a degli atti la cui portata risiede prevalentemente nella volontà del legislatore, nazionale e - da un decennio a questa parte - comunitario. L'efficacia delle forme di difesa a disposizione delle società quotate dipende infatti dall'effettuazione di una scelta di principio, ossia quella di tutelare gli assetti proprietari esistenti o - più liberisticamente - agevolare la contendibilità delle società.

Quindi, non resta da chiedersi quale sia lo spirito incarnato dalla legge.

Come step primario di un percorso legislativo soggetto a numerosi stravolgimenti nel corso degli ultimi anni, il d.lgs. 229/2007 - in recepimento della Direttiva 2004/25/CE - obbligava il rispetto della c.d. passivity rule, regola per la quale gli amministratori non possono, a seguito della c.d. prima comunicazione, compiere atti di opposizione dell'O.P.A. senza previa autorizzazione del 30% del capitale sociale rappresentato in assemblea. Tale prescrizione - che distoglie dall'organo amministrativo parte delle proprie attribuzioni gestorie - trova giustificazione nella contrapposizione fra gli interessi degli shareholders con quelli del management. In effetti, se l'obiettivo degli azionisti è quello di prediligere un exit ove conveniente, quello degli amministratori si condensa invece nella volontà di conservare la propria carica, dalla quale, tuttavia, sovente sono sollevati in caso di passaggi di mano in capo alla società. Per altro verso, in ossequio alla suesposta ratio, non tutti gli atti decisori necessitano del nullaosta assembleare: così, ad esempio, gli amministratori potrebbero individuare un altro soggetto - c.d. cavaliere bianco - disposto a presentare un'offerta concorrente e non ostile - circostanza per cui, al di là dei reali interessi dell'organo amministratori - non può che giovare agli azionisti, la cui possibilità di scelta risulta solo allargata.
Alla c.d. passivity rule, la cui introduzione - si sottolinei - veniva rimessa ai singoli Stati membri, è stata un'altra norma facoltativa - la c.d. break-trough rule - che ha permesso agli Stati membri di introdurre dei meccanismi capaci di vanificare ogni tecnica di difesa preventiva inserita nello statuto o prevista da patti parasociali, volte - come detto - ad ostacolare fin dal principio acquisizioni ostili (e benché in Italia molte di queste tecniche - come quella tesa a limitare la circolazione delle azioni - sono comunque escluse a priori, il d.lgs. 229/2007 ha altresì introdotto questa previsione).
In un contesto così delineato, in cui l'ordinamento italiano risultava fra i più incentivanti alla contendibilità delle quotate, la l. 2/2009 prima ed il d.lgs 146/2009 poi - fonte dell'attuale regime legislativo - hanno determinato un passo indietro rispetto alle precedenti tendenze.
Questo perché, in spregio alla precedente imperatività, lo statuto delle società quotate può ora da un lato escludere la c.d. passivity rule (che, in assenza di previsione contraria si ritiene allora applicabile; c.d. opt-out) e dall'altro introdurre la break-trought rule (che nel silenzio dello statuto, invece, si ritiene esclusa; c.d. opt-in).

Con finalità di raccordo, si metta in evidenza come tale digressione permetta di comprendere come la finalizzazione di un'O.P.A. possa incappare in posizioni di contrasto da parte degli amministratori della società target, siano essi - a seconda delle previsioni statutarie - autorizzati o meno dall'assemblea.

Tipologie


Quanto detto fino a questo momento non può prescindere dalle diverse modalità in cui un'Offerta Pubblica d'Acquisto può atteggiarsi. Infatti, se finora si è proceduto sottintendo la natura volontaria dell'operazione, vi sono casi nei quali - a contrario ­- la presentazione di O.P.A. è il risultato di un obbligo previsto dalla legge. Il principio alla base della natura non discrezionale dell'operazione ha anzitutto per oggetto il diritto dei soci di minoranza di uscire dalla società ove il suo controllo passi da un soggetto ad un altro, il quale potrebbe non garantire - agli occhi degli azionisti - le medesime performances gestionali. Quindi, per evitare che i soci si trovino obbligati a svendere sul mercato le proprie partecipazioni, la legge declina in capo all'offerente l'obbligo di attribuirgli una c.d. way out conforme alle loro aspettative di disinvestimento. Tuttavia, tale interesse deve essere bilanciato con altro per cui - imponendo delle soglie oltre cui l'O.P.A. diviene obbligatoria - si rischia di affliggere le aspirazioni di controllo da parte degli agenti economici, incentivandone reazioni dissuasive od elusive.
Orbene, sottolineata la duplice premessa da cui l'offerta può muovere, occorre mettere in evidenza come vi siano tre differenti tipologie di O.P.A. obbligatoria:


a) totalitaria;

b) incrementale;

c) residuale.

In ogni caso, la fonte dell'obbligo risiede nella circostanza per cui - ad un dato momento - un determinato soggetto si trovi a possedere direttamente o indirettamente (8) un pacchetto azionario - avente normalmente ad oggetto partecipazioni che attribuiscono diritti di voto (almeno) nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori o del consiglio di sorveglianza (9) - da cui risulta una situazione di controllo o di dominio della società.

a) O.P.A. obbligatoria totalitaria

L'obbligo di dare luogo ad una O.P.A. (successiva) totalitaria deriva dal conseguimento della titolarità di una partecipazione superiore al 30% di una società italiana quotata in un mercato regolamentato (partecipazione che - come detto - non concerne titoli sprovvisti di diritto di voto).

Relativamente la procedura, l'O.P.A. deve essere lanciata entro venti giorni dal superamento della limite minimo del 30%, così da consentire agli azionisti l'uscita dalla società attraverso la corresponsione di un prezzo che - calcolato sulla base del valore della singola azione - non può essere inferiore a quello più elevato pagato dall'offerente nei dodici mesi precedenti la prima comunicazione per l'acquisto di titoli dello stesso tipo o - se ciò non è avvenuto - non inferiore al prezzo medio ponderato di mercato sulla base delle oscillazioni relative agli ultimi dodici mesi (art. 106, comma 2 TUF). Peraltro, non è escluso che - ove il prezzo pagato dall'offerente sia poco attendibile - la Consob possa correggerlo al rialzo od al ribasso.

Talaltro, all'interno di siffatta struttura normativa - che, non si dimentichi, disciplina anche i casi di acquisto indiretto e acquisto concertato (10) - va ad inserirsi il recente d.l. 91/2014 (convertito in l. 116/2014), che introducendo l'istituto del c.d. voto plurimo (fino ad allora vietato in Italia, storicamente improntata sul principio del one share - one vote) importa considerevoli cambiamenti in materia di O.P.A. (art. 127-quinquies TUF). Infatti, dal momento in cui lo statuto può prevedere una maggiorazione del diritto di voto (in un rapporto massimo di 1:2), le ipotesi di obbligatorietà dell'O.P.A. totalitaria s'informano di un'altra fattispecie, ovvero quella per cui la soglia del 30% venga superata per effetto della presenza di soci dotati di diritti di voto più che proporzionali rispetto alla propria partecipazione.
Allora, se si pensa che alcuni colossi societari come Campari S.p.A. ed Amplifon S.p.A. hanno già provveduto ad adeguare i propri statuti all'innovazione ex 127-quinquies del TUF, tale cambiamento non può ritenersi trascurabile, e non solo rispetto ai profili legati all'O.P.A.

Infine, considerato l'elevato numero di circostanze che possono condurre al superamento della predetta soglia, la legge, in solido con le ipotesi formulate dalla Consob nell'art. 49 reg. emittenti, prevede delle cause di esclusione dell'obbligo di procedere ad un'Offerta Pubblica d'Acquisto. L'ipotesi più importante, prevista dall'art. 106, comma 4 del TUF, è quella dell'O.P.A. preventiva totalitaria. Cioè nell'ipotesi in cui l'offerente lanci volontariamente un'O.P.A. avente ad oggetto l'intera tutte le azioni ordinarie della società-bersaglio: è evidente che, ove vigesse l'obbligo di cui si discute, vi sarebbe una tautologica duplicazione dell'offerta (e quindi la minoranza avrebbe già potuto esercitare il proprio diritto all'exit).
Nondimeno, l'art. 107 del TUF disciplina il caso dell'O.P.A. preventiva parziale, che - in presenza di determinate condizioni - prevede un'esenzione dall'obbligo ove il superamento della soglia del 30% avvenga attraverso un'O.P.A. volontaria concernente almeno il 60% delle azioni target.
Invece, come premesso, altre e più numerose ipotesi derivano dalla normazione da parte dell'autorità di vigilanza. Per esempio, si può citare l'eventualità in cui la soglia del 30%, benché consistente, non sia comunque sufficiente per ottenere il controllo della società (prospettiva tutt'altro che remota in un contesto come quello italiano).

b) O.P.A. totalitaria incrementale

L'obbligo di procedere all'offerta può verificarsi anche nel caso in cui un soggetto detenga una partecipazione sì superiore alla soglia del 30%, ma che non lo obbliga ad avanzare un'O.P.A. successiva totalitaria. In altri termini, nel caso in cui benefici di una causa d'esenzione.
Peraltro, se lo stesso soggetto acquisisce, nei dodici mesi successivi il superamento della soglia, un pacchetto azionario che comporta un aumento di almeno il 5% della sua partecipazione, allora scatta l'obbligo di O.P.A. totalitaria (incrementale).

c) O.P.A. totalitaria residuale

Questa fattispecie, che può operare a seguito di un'O.P.A. totalitaria e che trova la sua ratio nell'assenza di un mercato abbastanza ampio perché vi sia un'efficace circolazione delle azioni (e dunque permettere il c.d. delisting), viene integrata in due casi:

- il socio di controllo che detiene almeno il 95% del capitale è obbligato - ove gli vengano offerti dai rispettivi titolari - ad acquistare i titoli residuali;
- se entro novanta giorni non viene ricostituito un flottante minimo per garantire un regolare andamento delle quotazioni, il socio di controllo nel cui portafoglio figura almeno il 90% dei titoli è obbligato ad acquistarne la restante parte.

Specularmente, il socio che controlla almeno il 95% dei titoli può - entro tre mesi dall'O.P.A. totalitaria - esercitare il proprio diritto di c.d. squeeze-out, cioè obbligare gli azionisti titolari del capitale residuo a cedergli i propri titoli.

Ma quali sono le conseguenze in caso di violazione dell'obbligo di offerta?

d) Sanzioni

L'ipotesi di inerzia da parte del soggetto gravato, espone quest'ultimo a sanzioni di matrice diversa.
Se da un lato l'art. 192 del TUF dispone il comminamento di una sanzione amministrativa, dall'altro il diritto societario prevede differenti effetti: dalla sospensione del diritto di voto all'annullabilità delle delibere assunte col voto determinante dei soggetti interessati, passando per l'obbligo di vendere - entro dodici mesi - le azioni ultra soglia. Infine, vi sarebbe un'ulteriore responsabilità nei confronti di coloro che avevano diritto a vedersi presentare l'offerta d'acquisto, ovvero gli azionisti. A ratificare tale tesi è la sentenza n. 11281/2013 del Tribunale di Milano che - pronunciandosi nell'ambito di un'azione promossa dagli azionisti di minoranza de La Fondiaria S.p.a. - ha altresì avuto modo di rimarcare la natura contrattuale dell'obbligo, la quale - tra l'altro - implica l'applicazione del termine di prescrizione quinquennale ex art. 2949.




L'O.P.A. di Hitachi su Ansaldo STS

Con lo scopo - non troppo ambizioso - di comprendere quali siano le dinamiche concrete che volta per volta si muovono tra i filari dell'assetto normativo offerto dalle fonti, possiamo dunque ricorrere al caso Hitachi-Ansaldo STS, che proprio in questi giorni sta passando agli onori della cronaca.

La vicenda prende le mosse dalla cessione in favore del colosso giapponese Hitachi Rail Italy Investments del 40% delle quote di Ansaldo STS, avvenuta nel 2015 dall'allora azionista di maggioranza Finmeccanica S.p.A. Il 24 febbraio 2015, Hitachi si impegnò a versare nelle casse della holding statale un prezzo corrispondente a 9,50 euro per azione, stesso prezzo che la stessa si è inizialmente rivelata disposta a pagare agli azionisti di Ansaldo STS nell'ambito dell'O.P.A. obbligatoria lanciata il 4 gennaio 2015.

Ma a creare malcontento fra gli azionisti di minoranza - quali in particolare l'hedge fund Amber Capital e la società di consulenza londinese Bluebell Partners - vi sono le circostanze di determinazione del prezzo per azione offerto, il quale non rispecchierebbe appieno il valore di Ansaldo STS. Per costoro, le ragioni della sottovalutazione appaiono abbastanza evidenti: dal momento in cui nell'accordo fra Hitachi e Finmeccanica è stato previsto l'ulteriore trasferimento di Ansaldo Breda, ramo d'azienda dalla precaria situazione patrimoniale, la società gestita da Mauro Moretti avrebbe acconsentito al pagamento di un prezzo per azione più basso rispetto all'effettivo valore della società target.
I fondi in questione, pertanto - assumendo che tale spread negativo non dovrebbe ricadere sugli azionisti di quest'ultima - hanno richiesto alla Consob una rivalutazione al rialzo delle determinazioni contenuta nel documento d'offerta presentato da Hitachi.

Il 3 febbraio 2016, la Consob, che come detto può rideterminare il prezzo dell'offerta nel caso questo risulti poco affidabile (art. 106, comma 3, lett. c-d TUF), ha deciso di rialzare l'offerta a 9,899 euro per azione, alla luce di una collusione che avrebbe condotto ad un manipolazione dei prezzi dettata dalla sovrastima di Ansaldo Breda, per un'eccedenza di 32 milioni di euro.
Contestualmente, ha deciso di prorogare il periodo d'adesione all'OPA dall'11 al 19 febbraio.

Tale imposizione però - a cui è seguito l'avvio di un'inchiesta da parte della Procura di Milano tesa ad accertare l'integrazione dei reati di aggiotaggio ed ostacolo all'attività di vigilanza da parte di Hitachi - non ha accontentato nessuna delle parti poiché, se i soci di minoranza avevano indicato come appropriato un valore per azione compreso fra quattordici e quindici euro, la replica di Hitachi si è invece esperita dinanzi al Tar del Lazio, al quale è stato domandato di provvedere alla sospensione della decisione della Consob. Rispetto all'istanza, in data 18 febbraio il giudice amministrativo - che ha parallelamente rigettato la richiesta di sospensione dell'O.P.A. promossa dal fondo Amber - ha sospeso in via provvisoria il provvedimento dell'authority, rinviando al 15 marzo la decisione definitiva.
È così che la Consob - col fine di permettere ai soci di Ansaldo STS di valutare l'ordinanza del Tar - ha prorogato nuovamente il periodo d'adesione fino al 4 marzo.

Ma le mosse di Hitachi non si sono esaurite a seguito dell'accoglimento dell'istanza presentata. Infatti, dopo aver accusato Elliott (altro fondo americano socio di minoranza di Ansaldo) e Bluebell Partners di collusione (volta "a dividere i profitti di un eventuale aumento del corrispettivo dell'offerta o, comunque, di sfruttare a comune vantaggio una condotta ostruzionistica"), martedì 1 marzo, alle porte della scadenza dell'ulteriore proroga concessa dalla Consob, ha alzato a 9,68 euro per azione la propria offerta, chiedendo all'autorità di vigilanza un ennesimo allungamento del periodo di adesione.

La richiesta di Hitachi - che ha contestualmente dichiarato di aver aumentato la proposta indipendentemente dalla decisione del Tar, la quale verrebbe in ogni caso rispettata - è stata accolta dalla Consob, che - prolungando di altri dieci giorni la procedura - ha affermato che la proroga deve ritenersi legittima "in conseguenza del rialzo del prezzo dell'OPA da parte di Hitachi".

Ma in questo quadro di eventi - che andrà auspicabilmente a definirsi con la decisione del 15 marzo da parte del Tar - quali sono le possibilità di successo dell'O.P.A. avviata da Hitachi?

Tutt'altro che positive, visto che - ad oggi - solo il 5,3% del capitale rilevante ha deciso di aderire all'offerta.

Siffata vicenda, che nonostante i numerosi risvolti è ancora in fase di stallo, aiuta dunque a capire che - ai fini della piena comprensione della struttura giuridica di riferimento - non si può mai prescindere dal compimento di un'opera di contestualizzazione, soprattutto in un settore in cui la il valore ed il numero degli interessi coinvolti mostrano una simile portata.


Note


(1) Per esempio, nell'ipotesi in cui i titoli oggetto dell'O.P.A. siano emessi emessi da una società la cui sede legale si trovi all'estero, ma quotati esclusivamente su mercati regolamentati italiani, l'ordinamento italiano si applicherà limitatamente al c.d. diritto di mercato (es. obblighi di informazione); viceversa, gli aspetti di diritto societario (es. soglia da cui scatta l'obbligatorietà dell'offerta) saranno regolati sulla base delle norme previste dall'ordinamento dello Stato in cui si trova la sede della società emittente.

(2) Viceversa, quando si offre uno scambio di titoli anziché un acquisto, si parla di Offerta Pubblica di Scambio (O.P.S.). Invece, in caso di offerta mista, si avrà un O.P.A.S. (Offerta Pubblica di Acquisto e di Scambio).

(3) Dal punto di vista soggettivo, i soggetti destinatari dell'offerta: a) non devono essere inferiori a 150; b) non possono essere investitori qualificati. Mentre, sotto il profilo oggettivo, l'offerta non può essere inferiore a 5.000.000 euro (art. 1, c.1, lett. v TUF);

(4) Il cui contenuto deve prevedere: quantità e tipo di azioni oggetto dell'offerta, nonché una serie di informazioni sulla società offerente. Il documento segna l'irrevocabilità dell'offerta, la quale - tuttavia - può essere sottoposta a certe condizioni (es. il quantitativo minimo di adesioni, sotto cui l'operazione non potrà andare in porto);

(5) Il prezzo che l'offerente si rivela disposto a pagare può essere modificato - al rialzo, ma mai al ribasso - fino al giorno precedente alla conclusione del periodo di adesione. Ciò ne implica una proroga di almeno 3 giorni (art. 43 reg. emittenti).

(6) In ogni caso, la Consob può prorogare questi termini fino ad un massimo di 55 giorni:


(7) Per soggetti c.d. interessati si intendono: offerente; emittente; soggetti legati da rapporti di controllo, società sottoposte a comune controllo o collegate, rispettivi amministratori, sindaci e direttori generali, soci - dell'offerente e dell'emittente - legati da patti sociali rilevanti (art. 35 reg. emittenti);

(8) Ovvero attraverso fiduciari o interposte persone.

(9) in realtà, i titoli rilevanti relativamente le O.P.A. possono avere anche altre caratteristiche. Allorché l'ampliamento della libertà negoziale delle parti ha previsto la possibilità di creare di strumenti c.d. derivati - che, pur non appartenendo alla categoria delle azioni ordinarie conferiscono al titolo una posizione equipollente - l'art. 105 c. 3-bis del TUF prevede che anche questi possano rientrare nel calcolo delle partecipazioni utili ai fini della disciplina sull'O.P.A. Nondimeno, il TUF attribuisce alla Consob il potere di individuare ulteriori strumenti finanziari conferenti un diritto di voto (anche limitato) ed il cui esercizio può incidere sulla gestione della società.

(10) Si parla di acquisto indiretto (c.d. "O.P.A. a cascata") quando la soglia del 30% delle partecipazioni di una società quotata viene superata per effetto del controllo della sua controllante. Mentre, l'acquisto concertato intercorre quando l'acquisto avviene per mezzo di un accordo fra più soggetti, i quali intendono acquisire o rafforzare il controllo sulla società bersaglio.


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