Per la giurisprudenza prevalente il termine ultimo si identifica con il deposito della memoria integrativa successiva all'ordinanza ex art. 426 c.p.c.

di Lucia Izzo - Nei procedimenti per convalida di sfratto sovente accade che il conduttore si opponga alla pretesa del ricorrente proponendo contestualmente domanda riconvenzionale, ossia adducendo a sua volta motivazioni in diretto contrasto con quelle esposte, idonee ad esercitare un'azione legale autonoma.

In giurisprudenza si sono contrapposti diversi orientamenti circa il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell'intimato.

Un precedente consolidato orientamento (ex multis, Cass., 31 maggio 2005, n. 11596), riteneva che la domanda riconvenzionale nel procedimento sommario di sfratto dovesse essere proposta dal conduttore nell'atto di opposizione alla convalida e non nella comparsa di costituzione nel giudizio di merito (Cass. 16 luglio 2003, n. 11148), in quanto l'atto di opposizione alla convalida costituisce il primo atto difensivo che introduce il giudizio di cognizione e pone fine a quello sommario di sfratto (Cass., 29 giugno 1981, n. 4241).

Nel corso degli anni la Cassazione, mutato il precedente orientamento, ha individuato un termine ultimo diverso per la proposizione della domanda riconvenzionale.

Per gli Ermellini, nel procedimento per convalida di sfratto nel quale sia stata proposta opposizione, il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell'intimato non si identifica con il deposito della comparsa di risposta ai sensi dell'art. 660, quinto comma, c.p.c., ma con il deposito della memoria integrativa successiva all'ordinanza ex art. 426 c.p.c. dispositiva della prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena.

Ne consegue che la domanda riconvenzionale ben possa essere proposta dall'intimato con detta memoria (così, recentemente, Cass., 9 luglio - 29 settembre 2014, n. 20483 e tra le altre, Cass., 30 giugno 2005, n. 13963 ; Cass., 29 settembre 2006, n. 21242).

In occasione di tale incombenza, l'originario intimante potrà non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle (Cass., 30 giugno 2013, n. 13963).

L'indirizzo giurisprudenziale attualmente prevalente, quindi, consente alle parti del procedimento di convalida, nel termine concesso dall'ordinanza di trasformazione del rito da speciale a ordinario, di svolgere con le memorie (per l' intimante ai sensi dell'art. 415 c.p.c. e per l' intimato ai sensi dell'art. 416 c.p.c.) le attività che, nell'esercizio dei poteri e facoltà del diritto di azione e di difesa, avrebbero potuto svolgere fin dall'atto introduttivo se il processo fosse stato a cognizione piena.

Pertanto l'intimato, che non ha l'onere di costituirsi in cancelleria potendosi presentare all'udienza fissata per la convalida anche personalmente, con la memoria integrativa potrà proporre domanda riconvenzionale unitamente alla domanda di fissazione di nuova udienza di discussione (Cass., 9 marzo 2012, n. 3696).


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