Per la Corte Europea il divieto permanente per gli omosessuali di donare il proprio sangue è legittimo. In allegato la sentenza della CGUE

di Marina Crisafi - Legittimo il divieto per gli omosessuali di donare il proprio sangue, poiché esposti ad un alto rischio di trasmissione di gravi malattie infettive, come l'Aids.

Così, la Corte di Giustizia europea, con la sentenza del 29 aprile scorso (causa C-528/13) destinata a suscitare infinite polemiche, ha sancito la conformità della legge francese al diritto comunitario sul punto in cui vieta agli uomini che abbiano avuto rapporti omosessuali di donare il loro sangue.

La vicenda trae origine dal rifiuto ricevuto da un donatore da parte del medico responsabile della raccolta del sangue di un centro ematologico situato a Metz a fronte della dichiarazione dell'uomo di aver avuto una relazione sessuale con una persona dello stesso sesso. L'uomo si rivolgeva, quindi, al tribunale amministrativo di Strasburgo lamentando l'incompatibilità dell'esclusione dalla donazione operata dal medico del centro con le norme dell'Unione europea. Ma il tribunale sospendeva il procedimento e sottoponeva al giudice europeo la questione pregiudiziale.

Per la Corte ha ragione il medico francese.

Il criterio di esclusione permanente dalla donazione di sangue relativamente ai comportamenti sessuali a rischio di cui alla direttiva 2004/33/CE ha spiegato, infatti, la Corte, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro, considerata la situazione in esso esistente, possa prevedere una "controindicazione permanente alla donazione di sangue per gli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, laddove sia dimostrato, sulla base delle conoscenze e dei dati medici, scientifici ed epidemiologici attuali, che un simile comportamento sessuale espone dette persone ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue".

Atteso che in Francia, secondo le statistiche a disposizione, la popolazione omosessuale ha una probabilità di contrarre il virus Hiv 200 volte maggiore rispetto a quella eterosessuale, ha proseguito la Corte, spetta al giudice nazionale valutare ed accertare se tali dati (risalenti al 2008) siano ancora affidabili e validi di fronte alle più recenti conoscenze scientifiche e mediche.

In ogni caso, hanno sottolineato i giudici europei, l'esclusione degli omosessuali dal novero dei donatori non può integrare una "discriminazione basata sull'orientamento sessuale", assolutamente vietata dal diritto europeo, per cui andrà prima accertato che "nel rispetto del principio di proporzionalità, non esistano tecniche efficaci di individuazione di queste malattie infettive o, in difetto di tali tecniche, metodi meno restrittivi rispetto ad una siffatta controindicazione per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi". Accertamento che spetta sempre al giudice nazionale il quale dovrà verificare, se nello Stato di appartenenza, tali condizioni siano rispettate.

 

Qui la sentenza della Corte Europea

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