Il Tribunale di Firenze  e il Tribunale di Reggio Emilia, a distanza di meno di un anno, rispondono in maniera diversa alla questione della configurabilità, de jure condito, del c.d. trust interno "autodichiarato". 
Preliminarmente, occorre precisare che il Trust e' un istituto di matrice anglosassone, secondo cui un soggetto disponente (settlor) trasferisce uno o più beni ad un soggetto fiduciario (trustee), il quale si obbliga a gestire questi beni in favore di un terzo beneficiario (beneficiary) per il conseguimento di un determinato scopo. 
Tale trasferimento dal disponente al fiduciario da luogo ad un fenomeno di separazione patrimoniale, con la conseguenza che i beni oggetti del trust non potranno essere aggrediti dai creditori del disponente e del fiduciario e formeranno una massa autonoma rispetto agli altri beni di cui sia titolare il fiduciario. 

La norma che, secondo la giurisprudenza dominante ha recepito tale istituto, ammettendo il trust c.d. interno, oltre a quello internazionale già da tempo riconosciuto in Italia, è l'art. 2645 ter c.c., la quale norma stabilisce che "Gli atti in forma pubblica con cui i beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non inferiore a 90 anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferiti a persone con disabilità
, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone giuridiche ai sensi dell'art. 1322, comma 2 c.c., possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti ed i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, solo per i debiti contratti a tale scopo". 

E' configurabile il Trust interno c.d. autodichiarato quando il disponente (settlor) ed il fiduciario (trustee) sono la stessa persona e quindi si assiste ad un fenomeno di separazione patrimoniale nell'ambito dello stesso patrimonio del disponente.
Poiché questa tipologia di trust può essere più facilmente utilizzata in maniera illecita da un soggetto al solo fine di non rendere aggredibili dai suoi creditori determinati bene, la giurisprudenza non è univoca sulla sua ammissibilità. 

Secondo una sentenza del Tribunale Firenze dell'11.04.2013, È legittimo il trust interno autodichiarato, il quale non è viziato da invalidità per la divergenza della sua disciplina dalle previsioni dell'art. 2645-ter c.c.. Infatti, benché i due istituti divergano, integrando l'uno (trust ordinario) un rapporto trilaterale disponente - fiduciario- befeficiario e l'altro, (trust c.d. autodichiarato), un rapporto bilaterale, entrambi hanno in comune di produrre un fenomeno di segregazione del patrimonio del disponente nell'interesse di un beneficiario o di un determinato programma.

Di diverso avviso è una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 27.01.2014, secondo cui L'art. 2645-ter cod. civ. non riconosce la possibilità dell'auto-destinazione unilaterale ("vincolo di destinazione autoimposto o autodichiarato"). Secondo il Tribunale di Reggio Emilia, infatti, l'effetto destinatorio deve necessariamente ricondursi ad un atto avente effetti traslativi, che intercorra almeno tra due diversi soggetti.


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