di Francesca Tessitore - Cassazione civile, sez. VI, sentenza 3 luglio 2013, n. 16670. La coniuge, in fase di separazione personale, ha richiesto al marito il pagamento di una somma pari a metà del valore dell'immobile edificato, in costanza di matrimonio, sul suolo di proprietà esclusiva del coniuge convenuto. In primo ed in secondo grado le corti territoriali hanno rigettato la domanda della coniuge, la quale ha proposto ricorso per Cassazione

denunciando la violazione degli artt. 143, 177, 179 e 192 c.c. evidenziando che i materiali impiegati per l'edificazione dell'immobile erano della comunione legale, quindi ella avrebbe avuto il diritto di essere risarcita della somma pari alla metà del valore di detti materiali.

La Suprema Corte ha stabilito, in conformità alle precedenti pronunce, dopo aver ribadito il principio dell'accessione, in forza del quale il proprietario del suolo acquista ipso iure la proprietà di quanto ivi edificato, nella comunione legale tra coniugi "in quanto l'acquisto della proprietà

per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di apposita manifestazione di volontà" non è applicabile l'art. 177 c.c. in quanto si riferisce agli acquisti che  "hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di origine negoziale". Da ciò deriva che quanto edificato, in costanza di matrimonio, sul suolo di proprietà esclusiva di un solo coniuge, "è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all'onere della costruzione, spetta, previo assolvimento dell'onere della prova di aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese a tal fine".


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