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Democrazia e privatizzazioni

Qualsiasi "privatizzazione" costituisce una sottrazione dei corrispondenti beni alla collettività (che ne è la proprietaria). E' solo un preciso favore al capitale privato


Il dlgs attuativo della legge sulla Concorrenza intima agli enti locali di privatizzare i servizi che offrono ai cittadini (trasporti, acqua, rifiuti, ecc.), obbligandoli, in caso contrario, a fornire "qualificata (?)motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato".

In pratica, ora, gli enti locali non possono decidere liberamente in ordine alla propria specifica realtà: debbono fornire dettagliate giustificazioni delle loro scelte (fornendo le basi per ricorsi al Tar da parte degli eventuali aspiranti) .
In ordine a tale disposizione, è innanzitutto da rilevare che qualsiasi "privatizzazione" costituisce una sottrazione dei corrispondenti beni alla collettività (che ne è la proprietaria).
E' solo un preciso favore al capitale privato. Una scelta politica che abbisognerebbe (questa sì) di specifica giustificazione.
Potrebbe peraltro essere posto in dubbio il potere dell'amministratore pubblico di disporre di beni dei quali è semplice gestore.
Il caso dell'acqua, poi, assume una dimensione particolare in quanto, in proposito, è recentemente intervenuto un referendum popolare con il quale il popolo italiano ha deciso che l'acqua deve rimanere pubblica.
Ne segue che è totalmente illegittimo il riferimento alla privatizzazione dell'acqua contenuto del citato dlgs.

Il referendum popolare (come è ovvio in una democrazia) ha infatti valenza superiore alla legge parlamentare (art. 75 Cost.).
Ricordiamo, poi, che la sovranità appartiene al popolo (art. 1 Cost.) e perciò, se un ente locale non dovesse provvedere a privatizzare alcunché, nella "qualificata motivazione" richiesta dal dlgs di cui sopra, potrebbe semplicemente fare riferimento all'eventuale sondaggio effettuato fra i cittadini, dal quale risulti la loro contrarietà alle prospettate privatizzazioni.
Quanto poi all'oggetto specifico della prescrizione normativa, è da sottolineare che ciò che viene definito "servizio pubblico" è una attività che intesa a soddisfare quelle che emergono come esigenze vitali per una collettività in quanto direttamente derivanti dalla sua stessa esistenza.
Ad esempio, la raccolta dei rifiuti è una necessità inderogabile in una comunità, non essendo neppure ipotizzabile che ogni cittadino regoli a proprio piacimento il relativo smaltimento.
Trattandosi dunque di attività essenziali per la corretta esistenza della comunità, è contraddittorio e controproducente pensare di affidarle a privati.
Infatti, questi ultimi non operano in funzione dell'interesse pubblico ma di quello loro proprio, vale a dire l'ottenimento del massimo profitto con il minimo costo. E ciò, come esperienza e logica elementare evidenziano, comporta riduzione al minimo del servizio ed aumento dei relativi costi per gli utenti.
Le finalità operative perseguite dal pubblico e dal privato sono dunque opposte: esiste una totale incompatibilità tra gestione pubblica e privata.
Ben diverso è cercare di risolvere al meglio un problema della Comunità, evitando per quanto possibile di caricare pesanti oneri ai relativi membri e, invece, sfruttare l'esistenza di questi problemi per riempirsi le tasche.
Una evidente inconciliabilità che, tra l'altro, rende la formazione di società miste (pubblico/privato) una specie di ossimoro logico e funzionale. Spiegabile solo con una precisa volontà - anche qui - di favorire il privato.
Ed ecco che qualcuno potrebbe a questo punto obbiettare che il decreto de quo è in linea attuativa di precise "direttive" emesse dalla Commissione europea intese per l'appunto a raccomandare le richiamate privatizzazioni.
E tali "direttive" avrebbero forza cogente in ragione della "cessione di sovranità" intervenuta con l'adesione ai Trattati di Maastricht.
Al riguardo, bisogna però avere ben chiaro che tale affermazione è totalmente priva di fondamento.
Come è ben ovvio, infatti, una eventuale rinuncia ai propri diritti di libertà ed autodeterminazione può essere effettuata solo dal relativo titolare, cioè dal popolo. E questo non è affatto avvenuto.
I parlamentari che hanno supinamente avallato il testo dei Trattati (sicuramente senza leggere neppure una delle sue 900 pagine) non disponevano del mandato specifico occorrente per un atto di tale valenza, non certo rientrante nelle loro mansioni.
Nel nostro caso, il popolo non è stato minimamente coinvolto.
Anzi, nei soli due casi nei quali i c.d. Trattati (tali del tutto impropriamente definiti) sono stati sottoposti a referendum popolare, sono stati sonoramente bocciati (e la relativa procedura è stata subito bloccata in tutti gli Stati europei).
Il problema è stato furbescamente "risolto" (si fa per dire), cambiando loro disinvoltamente il nome e qualche paragrafo senza rilevanza.
D'altronde la ridondante costruzione europea è di fatto una cornice normativa (?) redatta e posta in essere dalla Cupola economico-finanziaria, con un abile colpo di mano e la complicità dei governanti del momento (corre voce che qualche isoletta greca abbia cambiato proprietario...), proprio al fine di escludere la volontà dei popoli dalle decisioni che li riguardano e così sviluppare e tutelare i propri interessi nel miglior modo possibile. E nel nostro caso, per l'appunto, le privatizzazioni sono una eccellente occasione di profitti sicuri, sostanziosi e svincolati dalle oscillazioni di mercato.
Ma il fondamento giuridico di tutta questa speranzosa costruzione manca completamente e tutto l'organismo sontuosamente posto in essere (con i soldi dei popoli europei) viene ad essere totalmente illegittimo.
La Commissione europea, nello specifico, non è eletta e nessun rapporto intercorre tra di essa ed in popoli europei dei quali pretende di gestire la vita e gli interessi senza che siano minimamente coinvolti. In effetti, non ha e non può avere alcuna voce in capitolo.
Per conferire alla contraffatta costruzione europea una parvenza di legittimità, è stato inserito anche un Parlamentino, eletto dai cittadini europei.
Ma si tratta di fumo negli occhi. L'organo in questione non ha alcun potere: le sue competenze, che dovrebbero essere illimitate, sono risibili e totalmente ininfluenti sono le materie sulle quali è previsto possa deliberare (però può decidere la lunghezza delle zucchine da immettere sul mercato).
Ma ciò che maggiormente colpisce è che non è stato minimamente colto il senso e la portata della supposta "cessione di sovranità".
Che cosa vuol dire "cessione di sovranità"? Si è capito che significa abolizione della democrazia?.
E' ovvio che, se un popolo viene privatocome di fatto avviene nella generale acquiescenza, della libertà di decidere in ordine ai propri interessi ed alla propria vita, questo popolo diventa automaticamente schiavo e succube del volere di altri.
La cancellazione della volontà del popolo, è assiomatico, elimina la democrazia e instaura un regime dispotico o autoritario che dir si voglia. Di questo e non altro si tratta.
Chiaramente, tutto ciò rappresenterebbe un vero eden per gruppi di interesse che mirano a sfruttare le risorse delle masse popolari, semplicemente imponendo loro il proprio volere.
Ma perchè ciò possa avvenire realmente occorrerebbe preventivamente cambiare quel contratto sociale che si chiama Costituzione italiana.
Ma siamo per fortuna ben lontani da tutto ciò. La Costituzione esiste ancora immutata e deve continuare a rappresentare il faro di riferimento a dispetto dei tentativi di cancellarla surrettiziamente con degli pseudo-Trattati che - in nessun caso - potrebbero giuridicamente avere tale efficacia.
Soggiungiamo che, tra l'altro, nei c.d. Trattati manca una cornice normativa che possa in qualche modo avvicinare il tutto ad uno Stato di Diritto. Il potere non tirannico è infatti solo quello sottoposto alle leggi. Che, nel nostro caso, mancano del tutto.
Discorso a parte meriterebbe la c.d. Bce, "banca centrale" di uno Stato inesistente, espressione e portatrice, al pari di tutte le banche centrali, di posizioni private ma illegittimamente dotata di poteri pubblici.
Questa Fin-eu è un vero insulto alla cultura giuridica, al buon senso ed alla dignità dei popoli europei.
Una struttura finta e contraffatta, presentata all'epoca con grandi strombazzamenti inneggianti all'amore e alla solidarietà europea. (E infatti vediamo che ognuno bada a sé stesso, dalla Francia che nottetempo, a Ventimiglia, ci scarica di nascosto i migranti non graditi (tutti), all'Austria che, al Brennero, ci spedisce graziosamente frotte di camionisti illegali).
Una struttura abnorme che deve finalmente essere riconosciuta siccome priva di qualunque base di legittimità.
E' giunto il momento di effettuare - ad ogni livello - le dovute contestazioni.
Data: 24/12/2022 08:00:00
Autore: Angelo Casella