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Addebito della separazione al marito infedele beccato grazie a WhatsApp

La Cassazione conferma l'addebito della separazione al marito infedele che non riesce a disconoscere i messaggi WhatsApp che dimostrano la sua relazione extraconiugale


Chat con l'amante su WhatsApp

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Con l'ordinanza n. 12794/2021 (sotto allegata) della Cassazione conferma l'addebito della separazione al marito traditore che non è riuscito a smentire quanto emerso nei primi gradi di giudizio. L'uomo non è riuscito a disconoscere in modo chiaro, preciso e circostanziato i messaggi WhatsApp scambiati con l'amante, così come non è riuscito a togliere valore alle testimonianze, che hanno confermato che la relazione è stata la causa della fine del matrimonio. Vediamo i vari passaggi della vicenda processuale per comprendere perché gli Ermellini sono giunti a questo epilogo.

Addebito della separazione per infedeltà

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Il giudice dell'impugnazione rigetta i motivi sollevati dall'appellante relativi all'addebito della separazione.

L'uomo non ha mai negato la riferibilità alla sua persona dei messaggi WhatsApp che dimostrano una relazione sentimentale extraconiugale, oggetto anche di una confessione stragiudiziale e causa del fallimento della mediazione coniugale intrapresa. La sua condotta infedele e la mancata dimostrazione di una crisi matrimoniale in atto all'epoca del tradimento, fanno propendere la Corte per il rigetto delle questioni sollevate dal coniuge traditore.

I messaggi WhatsApp non provano la relazione extraconiugale

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L'uomo però ricorre in Cassazione, ritenendo errata la decisione della Corte di Appello, che contesta per due ordine di ragioni.

Chat con l'amante: addebito al marito infedele

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La Corte di Cassazione con ordinanza n. 12794/2021 rigetta il ricorso motivando così la sua decisione.

Per gli Ermellini il primo motivo è infondato in quanto il ricorrente non è stato in grado di disconoscere in maniera chiara, circostanziata ed esplicita le riproduzioni informatiche. Non è riuscito in sostanza a far assumere a questi elementi il valore di presunzioni semplici. Il rilievo mosso dal ricorrente è generico e carente di autosufficienza.

In ogni caso erra nel ritenere che il giudice abbia deciso su elementi di valore meramente indiziario. Le comunicazioni telematiche infatti per la Corte d'Appello contenevano espressioni dal significato inequivocabile, ossia frasi amorose tipiche di un rapporto sentimentale.

Il giudice dell'impugnazione inoltre ha ricordato l'ammissione della stessa relazione da parte dell'uomo, confermata anche dal contenuto dei messaggi, per non parlare del percorso di mediazione coniugale intrapreso con la moglie, ma conclusosi con esito negativo. Non c'è spazio inoltre in sede di legittimità per mettere in discussione l'attendibilità dei testi escussi, poiché tale valutazione spetta al giudice di merito.

Inammissibile invece il secondo motivo di ricorso, perché il prelievo di denaro e l'abbandono della casa coniugale non sono la causa della fine del matrimonio, lo è però il collegamento con la condotta infedele, accertamento che comunque non può essere sindacato in sede di legittimità.

Data: 16/05/2021 05:00:00
Autore: Annamaria Villafrate