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Quando del mobbing è vittima un agente di polizia penitenziaria

Un emblematico ed interessante caso di mobbing subito da un Agente di Polizia Penitenziaria, tratto dalla lettura di una datata ma bella sentenza del Tar Abruzzo


Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista

UN caso di mobbing subito da un Agente di Polizia Penitenziaria

Unemblematico ed interessante caso di mobbing subito da un Agente di PoliziaPenitenziaria, tratto dalla lettura di una datata ma bella sentenza del TarAbruzzo del 2007, ci permette di cogliere ancora una volta i presuppostigiuridici essenziali utili all'accoglimento della domanda di risarcimento: 1) la molteplicità dei comportamenti acarattere persecutorio, 2) l'eventolesivo alla salute e alla personalità del dipendente, 3) il nesso eziologico tra la condotta del mobber eil pregiudizio alla integrità psico-fisica, 4) la dimostrazione dell'elemento soggettivo.

Ricorreil sig. L. contro il Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazionepenitenziaria, Provveditorato regionaleAmministrazione penitenziaria di P. e Direzione Casa Circondariale e reclusionedi Z., per l'accertamento deldiritto al risarcimento dei dannipatiti in conseguenza dell'illecita condotta tenuta dall'Amministrazione,consistita in reiterati atti e fatti vessatori del dipendente, tanto dacostituire mobbing da cui è derivata la lesione all'integritàpsicofisica del ricorrente (danno biologico), quantificabile nella misura del20% in termini di danno biologico permanente, nonché un danno professionale edun danno esistenziale e per la condanna dell'Amministrazioneal pagamento della somma di € 200.000,00.

Ilricorrente presta servizio da oltre quindici anni presso la Casa circondarialedi Z. in qualità di Assistente diPolizia penitenziaria e riveste la carica di rappresentante locale di un Sindacato.

Riferisceche all'interno del carcere sono presenti altri sindacati e che esponenti dialcuni di essi rivestono ruoli superiori, essendo Ispettori o Direttori. In questo contesto il ricorrente sarebbe statovittima di una serie di vessazioni, costituenti nel loro insieme mobbing, ilche lo ha indotto ad agire per la tutela risarcitoria dei danni professionali,biologici ed esistenziali subiti.

Riferiscedi una incredibile serie di episodi che hanno dato luogo a sistematici rilievi, sempre e solo ad opera di dueIspettori di Polizia penitenziaria, tutti conclusisi senza l'irrogazione dialcuna sanzione ( in particolare, una nutrita serie di insulsi procedimentidisciplinari tutti finiti con archiviazioni, vari procedimenti amministrativitutti conclusi positivamente, un procedimento penale anch'esso concluso conarchiviazione ).

Quindiil ricorrente fa presente d'aver invano denunciato all'Amministrazione ildisagio in cui si è trovato ad operare negli anni e le conseguenze che stavaarrecando alla sua salute, tanto che è stato costretto in più occasioni adassentarsi dal lavoro per ricorrere a cure mediche specialistiche perdisturbi ansiosi, gastrointestinali, emicranie e cefalee da stress, documentatiin 15 certificati medici prodotti nell'arco di vari anni e nei verbalidell'Ospedale militare, disturbi che il M. riconduce alla situazione divessazione cui è stato sottoposto.

Riferisceancora di essere caduto in una profonda depressione per la quale ha dovuto farricorso alle cure del Servizio di Psichiatria dell'Ospedale di Z. e che ilclima lavorativo avverso ha prodotto ungrave isolamento nell'ambito lavorativo non volendo i colleghi subire possibiliritorsioni.

Siappoggia quindi alla perizia del Dott. F., medico specialista in psichiatria epsicoterapeuta che riconduce i disturbi del L. alle vessazioni ed al climasubìto sul posto di lavoro.

Dopoaver avanzato richiesta di danno all'Amministrazione con lettera raccomandata aritornare e dopo che tale richiesta è stata respinta, il ricorrente notifica ilricorso avanti il Tar con cui, dopo aver illustrato il concetto di mobbing e aver precisatoche la responsabilità per danno può essere invocato sia a titolocontrattuale che extracontrattuale, invoca l'applicazione, per il dannoprofessionale, dell'art.2087 del c.c., posto che i continui e ripetutirapporti disciplinari hanno condotto il ricorrente ad assentarsi dal lavoro peri gravi disturbi psichici accusati, con conseguente deperimento del bagaglioprofessionale e delle esperienze lavorative acquisite: il comportamentodell'Amministrazione che ha omesso di vigilare e di tutelare l'integritàpsicofisica del dipendente ha leso il fondamentale diritto dello stesso adestrinsecare la sua personalità nell'ambito lavorativo, ledendo anche lasua dignità e la sua reputazione professionale.

Aggiungeil ricorrente che, a causa dei gravi e ripetuti atti vessatori posti inessere dai Direttori e dai superiori di grado, riferibili pertantoall'Amministrazione, ha subìto un danno biologico, essendo affetto da “disturbo post-traumatico da stress”,unitamente ad un “episodio depressivomaggiore”, sindromi queste che hanno influenzato e tuttora influenzano lesue capacità lavorative, sociali, personali, relazionali ed esistenziali, percui tale tipo di danno deve essere valutato almeno nella misura del 20%.

Chiedeil ricorrente anche il risarcimento del danno esistenziale, che èdanno non patrimoniale collegato ad un oggettivo deterioramento delle personalicondizioni di vita del lavoratore.

Quantificail danno alla professionalità in ragione di una mensilità della retribuzioneper ogni mese del periodo per il quale si è protratta la dequalificazione; il dannobiologico viene quantificato nel 20%, secondo la perizia medico-legale salvadiversa valutazione del giudice adito sulla base dei risultati di espletanda c.t.u.medica.

Indichiede che, previo accertamento della responsabilità contrattuale eextracontrattuale dell'Amministrazione, la stessa sia condannata al pagamentodella somma di giustizia.

Preliminarmenteil Collegio afferma la propria giurisdizione sul caso; nel merito rammenta che il mobbing consistein un complesso di atteggiamenti illeciti posti in essere nell'ambientedi lavoro nei confronti di un dipendente e che si risolvono in sistematici ereiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di violenza moraleo di persecuzione psicologica, da cui può conseguire l'isolamento e laemarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio psichico edel complesso della sua personalità.

Secondola giurisprudenza, il fenomeno in questione non è ravvisabile quando siaassente la sistematicità degli episodi o nel caso in cui gli atteggiamenti sucui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normalecondotta del datore di lavoro, pubblico o privato, funzionale all'assettodell'apparato amministrativo o imprenditoriale.

Aifini della configurabilità della condotta lesiva qualificata mobbing sonorilevanti, in altri termini, i seguenti elementi:

a) lamolteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o ancheleciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere inmodo miratamene sistematico e prolungato contro il dipendente, in guisa tale dadisvelare un intento vessatorio;

b) l'eventolesivo alla salute e alla personalità del dipendente;

c) ilnesso eziologico tra la condotta del mobber e il pregiudizioalla integrità psico-fisica;

d)la dimostrazione dell'elemento soggettivo.

Quantoal primo di tali elementi, deve convenirsi che la pluralità e sistematicità deicomportamenti e delle azioni a carattere persecutorio prolungatamente direttecontro il dipendente risulta accertato alla luce dell'ampia documentazioneversata in atti, il che è riconosciuto dalla stessa Amministrazione quandonella relazione depositata riconosce che esisteva tra il ricorrente e i dueispettori una “situazione di conflittualità”, che non era tuttavia estesa– si dice- né all'Amministrazione nel suo complesso (il che non è deltutto esatto, come si dimostrerà), né alla parte preponderante delreparto di Polizia penitenziaria, in cui operano 12 Ispettori e 4 Sovrintendenti.

Maproprio la circostanza che i rapporti disciplinari sono stati sempre o quasisempre redatti da due soli Ispettori di polizia dimostra, unitamente adaltri elementi, che detti Superiori gerarchici avevano preso di mira, “permotivi che non è dato bene conoscere” il ricorrente.

Esaminandole ragioni dei rapporti disciplinari ci si avvede della inconsistenza dei fattisui quali essi si basano e quindi della pretestuosità degli stessi, chedisvelano un mirato accanimento contro il L., al solo ed esclusivofine di procurargli ingiustificati intralci nell'attività lavorativa e diisolarlo dai colleghi, il che dimostra per contro un chiaro ed evidente abusod'ufficio da parte dei due Ispettori, che avvalendosi della loro posizionegerarchica superiore, hanno esercitato il potere disciplinare in modo del tuttodistorto, se si considera che per alcuni episodi mai nessuna contestazione èstata formulata dai due Ispettori e dagli altri superiori gerarchici neiconfronti di dipendenti.

Daevidenziare che in taluni casi i rapporti disciplinari si sono susseguiti abreve distanza di tempo gli uni dagli altri e addirittura in un giorno ilricorrente ha subìto ben tre procedimenti disciplinari, tutti archiviati.

Ciòha costretto il L., ogni volta, a fronte delle contestazioni chel'Amministrazione gli muoveva in base ai rapporti dei due Ispettori, che nonpossono che qualificarsi mobbers, ad un defatigante e stressante lavorodi giustificazioni proposte con una serie di ricorsi amministrativi, in base aiquali i procedimenti sono stati sempre archiviati, non provvedendosi maiall'irrogazione di sanzioni.

Lacosa sorprendente e che è sintomatica di un modo di agire che viola i doveri diimparzialità e buon andamento è che la Direzione del carcere, in modo acriticoe pedissequo, ha dato seguito ogni volta ai pretestuosi rapportidisciplinari di detti Ispettori, contestando al ricorrente fatti del tuttoinconsistenti e che spesso vengono definiti di assoluta lievità, costringendoperò il L. a doversi ogni volta difendere, approntando ricorsi amministrativichiarificatori delle varie situazioni, in un innegabile e comprensibile statod'ansia e di pressante preoccupazione per l'esito di detti ricorsi, che alungo andare, in relazione alla sistematicità delle vessazioni prolungatesi neltempo, può aver finito per incidere sull'equilibrio psicofisico deldipendente.

Afronte dei numerosi rapporti disciplinari, formulati sempre dagli stessiIspettori e nei confronti sempre dello stesso dipendente, alla Direzione delcarcere non è mai venuto in mente di richiamare i predetti ad un senso dimaggiore imparzialità e obiettività nell'esercizio del potere gerarchico e aduna visione più serena del rapporto con il ricorrente, il che costituisceomissione di un intervento doveroso, nella specie, e inadempimento dei principidi buona fede e correttezza nella gestione dei rapporti di lavoro, nonchéviolazione dei doveri di imparzialità e buona amministrazione.

Ilcomportamento complessivo tenuto dalla Direzione del carcere nellavicenda si fa apprezzare, in altri termini, per un responsabile lassismo e per un'assoluta mancanza di controllo, chehanno consentito il reiterarsi di una serie di episodi qualificabili come vessatori e prolungatisi nel tempo, con le conseguenzepregiudizievoli lamentate.

Nellaspecie, dunque, concorrendo la responsabilità contrattuale con quellaextracontrattuale, consegue, sul piano processuale, che si rende applicabile ladisciplina dell'onere probatorio più agevole per il ricorrente, ossia quellocontrattuale ai sensi dell'art. 2087 c.c., che è la norma più confacente alleipotesi di mobbing , in quanto trasferisce in ambito contrattuale il piùgenerale principio del neminem laedere.

Perquanto concerne la prova dell'avvenuta lesione dell'integrità psicofisica, il L.l'ha offerta, versando in atti una serie di certificati medici che, nontenendo conto di quelli relativi a malanni comuni e ai postumi dell'incidentestradale subìto, attestano che il predetto ha incominciato a soffrire diemicrania, di disturbi gastroenterici, di cefalea e di sindromeansioso-depressiva con insonnia e astenia generalizzata.

Lo“stato ansioso depressivo reattivo” è stato inoltre diagnosticato dallaCommissione medica ospedaliera presso il centro Militare di medicinalegale di S., che ha ritenuto il ricorrente temporaneamente nonidoneo al servizio d'istituto.

L'amministrazione,di contro, non ha dato alcuna prova di aver posto in essere tutte le misurenecessarie alla tutela dell'integrità psico fisica del lavoratore, ma anzi,come rilevato, non ha assunto alcuna concreta iniziativa per fermare lasistematica aggressione del dipendente, dando sempre acritico seguito airapporti disciplinari dei due Ispettori sopra menzionati, contestando alricorrente infrazioni del tutto risibili che però impegnavano ilpredetto nell'estenuante lavoro di redigere scritti difensivi,sistematicamente accolti per l'inconsistenza dei rilievi mossi. Siffatto comportamento omissivo, che rileva ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo in testaall'Amministrazione di appartenenza, va considerato tenuto conto del dispostocombinato di cui agli artt. 2087, 1218 e 1228 c.c. e di cui all'art.2049 c.c.per quanto concerne la responsabilità extracontrattuale.

Perquanto concerne il nesso causale tra il comportamento tenuto dai due Ispettorie dall'amministrazione e il pregiudizio alla salute, che è sempre problematicodimostrare, v'è da osservare che detto rapporto è percepibile nella specie, inquanto L., prima di vivere l'avversa e prolungata situazione lavorativa,non aveva mai dato segni di patologie di natura psichica, per cui puòsenz'altro dedursi che la lesione del suo equilibrio psicofisico sia stata unadiretta conseguenza delle vessazioni sofferte per il lungo periodo ditempo sopra indicato.

Perdurandole vicende disciplinari e giudiziarie si è poi venuto a sviluppare un vero eproprio “episodio depressivo maggiore” con tutte le caratteristichetipiche di siffatta patologia ( costante depressione dell'umore, diminuzione diinteresse per ogni tipo di attività, perdita di peso, insonnia, mancanza dienergia, sentimenti di autosvalutazione e di colpa eccessivi o inappropriati,ridotta capacità pensare, di concentrazione e di assumere decisioni ).

Quantoai danni lamentati, il ricorrente invoca il risarcimento in primo luogodel danno alla professionalità per la diminuzione della propria capacitàlavorativa e applicativa dovuta al lungo tempo in cui è stato costretto adallontanarsi dal lavoro, il che ha prodotto appannamento e deperimento del suo bagaglio professionale e del suo ruolo di rappresentantesindacale, con lesione del diritto del dipendente inteso come mezzo di estrinsecazionedella sua personalità.

Sichiede quindi di risarcire il danno biologico per la menomazione dellaintegrità psicofisica e per lo scadimento delle condizioni generali di salute,che hanno costretto il dipendente a ricorrere a cure farmacologiche.

Vieneinfine chiesto il ristoro del danno esistenziale per lecompromissioni che il mobbing ha prodotto sull'esistenzaquotidiana e che sono accertabili e percepibili in quanto si traducono inmodificazioni peggiorative del normale svolgimento della vita lavorativa,familiare, relazionale, di svago, ecc.

Sitratta di danni che il mobbing in genere produce e che, nellaspecie, sono stati prodotti, per l'accertatostato ansioso depressivo reattivo da collegare a tutte le vicende disciplinarie giudiziarie subite dall'interessato.

IlTar ritiene, ai fini del quantum debeatur, di avvalersi del criterioequitativo di cui all'art.1226 c.c., essendo impossibile stimare conprecisione l'entità dei pregiudizi lamentati, anche attraverso una ctu per cui, tenuto conto della natura, dell'intensità e della durata dellecompromissioni esistenziali e delle sofferenzemorali subìte dal ricorrente, si stabilisce che il danno complessivo possa essere liquidato in € 40.000,00, su cui vanno calcolati gliinteressi legali dalla data della sentenza al saldo: il ricorso va dunque accolto con la condannadell'Amministrazione al risarcimento dei danni.

Avv. FrancescoPandolfi

328 6090590 skype: francesco.pandolfi8

Data: 27/09/2014 09:50:00
Autore: Avv. Francesco Pandolfi