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Diritto militare: impugnazione del verbale della Commissione medico ospedaliera



Avv.Francesco Pandolfi - diritto militare.

Mancataimpugnazione del verbale emesso dalla Commissione medico ospedaliera, ispettoreCapo della Polizia di Stato.

Per ottenere il riconoscimento della causadi servizio non basta allegare disagi di ordine fisico e psichico, riferiti ad unlivello continuativo di responsabilità rimesse al dipendente, incluse quellecorrelate alla guida di mezzi speciali quali blindati ed autobus, o il condurreper anni veicoli in servizio operativo in senoall'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico (volanti -113 prontointervento), o al servizio presso la DIGOS concompiti di natura prevalentemente investigativa, turni diurni e notturni,sovente svolti in difficili condizioni climatiche, nonché molteplici servizi diordine pubblico in occasioni di scioperi e manifestazioni di varia natura.

Al fine di giungere al riconoscimentomedico legale del nesso tra malattia ed occasione di servizio, occorredimostrare l'eccezionalità seriale dei compiti svolti rispetto agli ordinaricompiti tipici dell'impiego e la loro relazione, anche concausale, con l'insortainfermità.

Ecco allora che il sindacato dei giudizidella Commissione Medico Ospedaliera è pertanto consentito nelle sole ipotesidi evidenti vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, daiquali si evidenzi l'inattendibilità metodologica delle conclusioni a cui èpervenuta l'Amministrazione: questo perché si presume trattarsi di valutazionispecialistiche provenienti da un Organo ad alta competenza tecnica, in grado dicogliere se esista o meno un nesso eziologico tra l'insorgenza di una infermitàe il tipo di lavoro svolto nell'ambito di una pubblica amministrazione.

Il Tar Basilicata, con sentenza n°246/2014, offre lo spunto per argomentare sulle conseguenze della mancata impugnazionedel verbale emesso dalla Commissione medico ospedaliera -interna ad ospedalemilitare-, che pregiudica il dipendente il quale ha chiesto e non ottenuto ilriconoscimento della causa di servizio.

Il principio generale è che le valutazionied il conseguente giudizio espresso dalla Commissione medica ospedaliera sonosindacabili in giudizio soltanto per manifesta illogicità o mancataconsiderazione di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazioneconclusiva, nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione, nonpotendosi invece tale sindacato estendere al merito delle valutazionimedico-legali dell'amministrazione.

Schematicamente, tale verbale può quindi esserevalidamente contrastato dal militare interessato nei seguenti casi:

1) manifesta illogicità,

2) mancata considerazione di circostanze difatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva,

3) difetto di istruttoria,

4) difetto di motivazione.

Di fronte a questo rigido schema valutativo– procedimentale, si innesta nel contraddittorio la difesa del militare ilquale ha l'onere di provare specifici episodi di serviziorisultati particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agliordinari compiti d'istituto, come tali idonei ad incidere in manieradeterminante sul manifestarsi dell'infermità di che trattasi, quantomeno sulpiano concausale.

Nel caso di specie il ricorrente, all'epocadei fatti ispettore capo della Polizia di Stato, ha presentato istanza per ilriconoscimento della dipendenza da causa di serviziodelle infermità "cardiopatiaischemica: infarto acuto del miocardio. coronaropatia trivasale non stenosante"ed ha contestualmente chiesto l'attribuzione del relativo equo indennizzo.

La commissione medica ospedalieradell'Ospedale militare, con verbale modello BL/B n.xxxx123-, ha riscontratol'affezione, in capo all'interessato, dalle infermità "cardiopatiainfartuale in soggetto con coronaropatia trivasale subcritica", oltre adaver formulato diagnosi per ulteriori due infermità.

Successivamente, il Comitato di verifica perle cause di servizioha deliberato che la predetta infermità non può riconoscersi come dipendente dafatti di servizio: essa, infatti, non è apparsasuscettibile di essere nocivamente influenzata da eventi esterni, di modo cheil servizio prestato, pur tenendo conto degliaddotti fattori di disagio, non può aver assunto alcun ruolo, neppure sotto ilprofilo concausale efficiente e determinante.

E' stato quindi adottato, ai sensidell'articolo n. 14 del dpr 461/01, l'impugnato provvedimento con il quale lacompetente Direzione del Ministero dell'Interno si è conformata al predettoparere, negando al ricorrente il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità di cui trattasi e respingendola relativa richiesta di equo indennizzo.

Avverso tale provvedimento di diniegoinsorge il militare chiedendone l'annullamento, unitamente agli altri attiimpugnati e se del caso previa consulenza tecnica d'ufficio.

Il ricorrente chiede, altresì,l'accertamento della dipendenza da causa di serviziodelle menzionate infermità e del consequenziale diritto alla fruizionedell'equo indennizzo.

Tanto premesso, il Giudicante rileva comealla Commissione medica ospedaliera spetti il giudizio diagnostico sulleinfermità e lesioni denunciate dal pubblico dipendente e, per il caso che daesse siano residuati postumi invalidanti a carattere permanente, l'indicazionedella categoria di menomazioni alle quali essi devono ritenersi ascrivibili.

Diversamente, si attribuisce al Comitato diVerifica sulle cause di servizioil differente compito di accertare l'esistenza di un nesso causale fra lepatologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente el'attività lavorativa da lui svolta.

In altri termini, il Comitato di verificanon dispone, nel quadro normativo di riferimento, di autonome competenze inordine alla diagnosi della infermità lamentate dall'istante, o alla eventualericonducibilità di esse ad una data categoria di menomazioni: si tratta, comesi è detto, di attività rimessa in via esclusiva alla Commissione medicoospedaliera, mentre incombe sul Comitato l'obbligo di tener ferma la diagnosieffettuata (cfr. C.d.S., sez. V, 28 maggio 2010 n. 3411).

Ritiene perciò il Tar che ogni eventualecensura relativa all'operato della predetta Commissione vada fatta valere ingiudizio nei termini di rito, ovverosia proponendo tempestivo ricorsodirettamente avverso il relativo verbale, posto che quest'ultimo reca ungiudizio diagnostico definitivo ed assume portata immediatamente edautonomamente lesiva degli interessi del richiedente.

Specularmentea quanto si avrà modo di riferire con riguardo all'attività del Comitato diverifica per le cause di servizio,anche le valutazioni ed il conseguente giudizio espresso dalla Commissionemedica ospedaliera sono sindacabili in sede giurisdizionale soltanto permanifesta illogicità o mancata considerazione di circostanze di fatto tali daincidere sulla valutazione conclusiva, nonché per palese difetto di istruttoriae di motivazione, non potendosi invece tale sindacato estendere al merito dellevalutazioni medico-legali dell'amministrazione (cfr. TAR Puglia, sez. II, 14giugno 2013, n. 970); pertanto se le valutazioni della Commissione sonosupportate da un adeguato corredo istruttorio e motivazionale, dal quale nonemergono macroscopici vizi procedurali o logici, allora il giudizio dellaCommissione appare coerente con i risultati dell'istruttoria esperita e non puòessere sindacato nella misura in cui esprime un apprezzamento fondatosull'impiego di regole tecnico-scientifiche a risultato opinabile, al qualeperaltro il ricorrente si limita a contrapporre la propria altrettantoopinabile valutazione tecnica.

Conriguardo all'aspetto tecnico, fermo restando che le eventuali diverseconclusioni risultanti da perizie di parte non sono idonee confutare l'attendibilitàdel giudizio di cui sopra (C.d.S., Sez. I, decisione n. 04725/2012 del 10novembre 2012), si richiama pure quanto precisato dalla Commissione medicaospedaliera sul caso in trattazione (cfr. nota del -OMISSIS- della Polizia diStato, IX reparto mobile, ufficio sanitario, presente in atti della produzionedell'avvocatura erariale), evidenziando che il ricorrente nulla ha replicato alriguardo: in particolare, in detto documento si legge che: "entrando piùnel particolare, la contestazione mossa dal ricorrente riguarda la definizionedi subcritica in luogo di non stenosante, relativamente alla coronaropatia cheplausibilmente rappresentò il substrato anatomo-patologico della sindromecoronarica acuta che colpì il militare, con la manifestazione clinicadell'infarto miocardico acuto.

Incidentalmente,dal punto di vista medico si ricorda che una stenosi vascolare arteriosa(coronarica nel caso di specie) viene considerata "critica"allorquando il restringimento del lume arterioso superi il 70% del lume stessodel vaso. In considerazione di quanto rinveniente dal dato coronarografico(cfr. Coronarografia riportata nel verbale contestato: "...stenosiostiale...40-50%...CX ateromasica...lesione lunga asimmetrica e moderatamenteirregolare, subcritica (40-50%)...") ed a prescindere dall'utilizzo deltermine "subcritico" nello stesso referto angiografico, risultachiaro che la definizione suddetta era riconducibile al fatto che le coronariedel paziente erano certamente stenotiche (dove per stenosi si intenda unagenerica riduzione del lume del vaso colpito), ma non in misura tale che lestenosi stesse potessero essere considerate "critiche" alla luce deicriteri di criticità universalmente accettati.

Inquest'ottica, quindi, le due espressioni ("subcritica" versus "non stenosante") vannoconsiderate come sostanzialmente equivalenti. Ed anzi, ad ulteriore conferma diuna certa genericità delle motivazioni del ricorso, il giudizio diagnosticodella CMO va considerato "più favorevole" al richiedente; infatti, ladefinizione di "non stenosante", in quanto diagnosi di esclusione,appunto esclude la sussistenza di stenosi significative del lume coronarico e,in un certo qual senso, sminuisce il ruolo funzionale e, quindi patogenetico,della compromissione dell'albero arterioso coronarico. Al contrario ladefinizione di "subcritica" (peraltro mutuata dal refertoangiografico coronarico) esprime chiaramente la sussistenza di stenosicoronariche, ancorché non critiche (inferiori al 70%).

Inaltri termini, più che con una semplice diagnosi di esclusione (la dicituradiagnostica richiesta dalla parte attrice, infatti, lasciava l'impressione diun albero coronarico non significativamente malato), in sede di CMO si èritenuto di sottolineare un aspetto fondamentale: le coronarie del -OMISSIS-erano tutt'altro che sane, pur se le lesioni presenti erano ancora al di sottodei criteri di "criticità" sopra richiamati (stenosi uguali osuperiori al 70% del lume vasale)".

Pertutto quanto innanzi rilevato, il Tar ha ritenuto che il giudizio dell'organotecnico sia attendibile, congruo e adeguatamente motivato.

Alcunpregio giuridico si è attributo alla deduzione relativa alla mancata pronunziain ordine alla natura etiologica dell'infermità ipertensiva del ricorrente,nonché alla mancata indicazione, su base clinica e dottrinale, degli elementidi eziopatogenesi di essa. Ciò perché il dato normativo è chiaro nello statuireche l'esplicitazione eziopatogenetica va effettuata "ove possibile",e quindi non con carattere di tassatività: anche per tale versante, ribadendoche il ricorrente nulla ha replicato al riguardo, si richiama quanto osservatodalla Commissione medica in data -OMISSIS-, ovverosia che "nel caso dispecie, trattandosi di affezione a patogenesi multifattoriale, taleesplicitazione non risultava e non risulta possibile, se non per quantoconcerne la precisazione di una verosimile natura aterosclerotica dellacoronaropatia."

Ilricorrente afferma quindi che il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio nonavrebbe tenuto conto in alcun conto il serviziodel ricorrente, impeccabilmente svolto per oltre trenta anni in funzionialtamente operative, il cui spessore tecnico e operativo sarebbe evidente ictuoculi dalla massa documentale versata in atti. In altri termini, il Comitatonon avrebbe tenuto in alcun conto l'impegno fisico e psichico richiesto per losvolgimento delle diverse funzioni, svolte anche in difficili condizioniclimatiche ed ambientali, a iniziare dal livello continuato di responsabilitàrivestite dal ricorrente, comprese quelle derivanti dalle mansioni di guida dimezzi speciali quali i blindati e gli autobus, ovverosia tutte attivitàparticolarmente gravose e stressanti.

Secondouna costante giurisprudenza, da cui il Collegio non ravvisa ragioni perdiscostarsi, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendentirientrano nella discrezionalità tecnica dei predetti Comitati, che pervengonoalle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni della scienza medica especialistica. Da ciò consegue che il sindacato su detti giudizi è consentitonelle sole ipotesi di evidenti vizi logici, desumibili dalla motivazione degliatti impugnati, dai quali si evidenzi l'inattendibilità metodologica delleconclusioni a cui è pervenuta l'Amministrazione (cfr. C.d.S, sez. II, 28gennaio 2014, n. 310; id, sez. III, 14 luglio 2009, n. 1599; id, sez. VI, 10luglio 2001, n. 9360).

Nelcaso di specie, detto Comitato è pervenuto alla determinazione di doverescludere la riconducibilità dell'infermità al tipo di attività professionalesvolta, con un ragionamento che appare immune da vizi logici e motivazionali,oltre che coerente nel porre in relazione premesse e conseguenze; ad una taleconclusione, il Comitato di Verifica è, infatti, giunto sulla base delleconoscenze mediche e dei risultati acquisiti in tema di correlazione tra lapatologia lamentata ed asseriti eventi scatenanti, tenendo conto dellemodalità, anche temporali, di svolgimento del serviziostesso, e rilevando in particolare che l'infermità "cardiopatia infartualein soggetto con coronaropatia trivasale subcritica" non può riconoscersidipendente da fatti di servizio, venendo inconsiderazione la "necrosi di una zona circoscritta o estesa di tessutomiocardico causata da ischemia protratta per occlusione di un vaso coronaricointeressato da processo arterosceloritico o da fenomeni stenosanti (spasmi),favorito da fattori di rischio individuali congeniti o acquisiti, efrequentemente legato alle abitudini di vita del soggetto sull'insorgenza edecorso del quale il servizio prestato, così comedescritto agli atti, considerato in ogni suo aspetto, non può avere svoltoalcun ruolo neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante,tenuto conto che non risulta essere stato caratterizzato da particolari abnormiresponsabilità, ovvero da eccezionali disagi, tali da prevalere, rispetto aglielementi individuali favorenti, nell'insorgenza o nella successiva evoluzionedell'infermità".

L'iterlogico seguito per giungere alla statuizione conclusiva si desume perciòagevolmente dal testo del parere recante le valutazioni tecniche formulate dalpredetto Comitato di verifica per le cause di servizio, collegio tecnico caratterizzato da un elevatolivello di professionalità che, sia per la sua composizione (tecnica egiuridica), sia per la competenza specifica, è l'organo che è più in grado dicogliere se esista o meno un nesso eziologico tra l'insorgenza di una infermitàe il tipo di lavoro svolto nell'ambito di una pubblica amministrazione (cfr.Cons. Stato, Sez. IV, 26 luglio 2004 n. 5331).

Nelcaso in esame, il parere del Comitato appare esente da vizi logici e risultafrutto di una adeguata istruttoria, in quanto risulta espressamente chel'organo ha "esaminato e valutato" senza tralasciarne alcuno, tuttigli elementi connessi con lo svolgimento del servizioda parte del dipendente e tutti i precedenti di serviziorisultanti dagli atti. Risultano altresì trasmessi al Comitato i rapportiinformativi sul servizio svolto dal sig.-OMISSIS-.

Neldescrivere le modalità del servizio prestato, ladifesa del ricorrente fa riferimento a disagi di ordine fisico e psichico, adiniziare dal livello continuato di responsabilità a lui rimesse, incluse quellecorrelate alla guida di mezzi speciali quali blindati ed autobus. Anche ilrapporto informativo concernente il serviziosvolto dal sig. -OMISSIS- negli anni dal 1985 al 2006, concerne i compiti diconducente di veicoli in servizio operativo nelperiodo dal 1985 al 1990, le attività in seno all'ufficio prevenzione generalee soccorso pubblico (volanti -113 pronto intervento) dal 1991 al 1997, il servizio presso la DIGOS, prestato dal 1998 fino al2006, con compiti di natura prevalentemente investigativa, turni diurni enotturni, sovente svolti in difficili condizioni climatiche, nonché moltepliciservizi di ordine pubblico in occasioni di scioperi e manifestazioni di varianatura.

Tuttavia,non vengono provati o anche solo allegati specifiche episodi di servizio risultati particolarmente gravosi, eccezionalied esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d'istituto, come tali idonei adincidere in maniera determinante sul manifestarsi dell'infermità di chetrattasi, quantomeno sul piano concausale. In effetti, affermare che un agentedi polizia opera su turni, talvolta in condizioni climatiche avverse, guidaveicoli di servizio, interviene in situazioni diemergenza e svolge servizi di ordine pubblico appare dato generico;l'adibizione alle mansioni predette, al contrario di quanto afferma ilricorrente, non è di per sé sufficiente a dimostrare la dipendenza dellamalattia da causa di servizio, trattandosi diincarichi che, pur delicati, non eccedono la soglia dell'impegno psicofisicoordinariamente richiesto agli appartenenti alle Forze dell'ordine addetti acompiti operativi.

Dicontro, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti edeventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, eccezionalmente gravosi perintensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione,quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabilidisagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischioordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (cfr.Cons. Stato, Sez. II, 11 dicembre 2013 n. 4817, TAR Campania, Napoli, Sez. VII,12 novembre 2013 n. 5052; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 26 settembre 2013, n.2315; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II , 12 giugno 2013, n. 649; Cons. Stato,11 maggio 2007, n. 2274).

Ciòtuttavia non esclude affatto che le valutazioni tecnico-scientifiche delComitato possano essere assoggettate, in sede giurisdizionale, a verifica direttasotto il profilo dell'attendibilità metodologica e della correttezza delprocedimento applicativo in quanto, a partire dalla sentenza della quartaSezione del Consiglio di Stato n. 601 del 9 aprile 1999, deve ritenersidefinitivamente tramontata l'equazione fra discrezionalità tecnica e meritoinsindacabile.

Avv. Francesco Pandolfi - diritto militare - 0773 487345 328 6090 590 francesco.pandolfi66@gmail.com

Data: 16/05/2014 14:00:00
Autore: Avv. Francesco Pandolfi