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Dolo e offensività nel delitto di evasione: osservazioni a margine di una recente pronuncia di legittimità (Commento a Cass. pen. 25583/2013).



di Filippo Lombardi - Commento a Cass. pen., sez. VI, 5 febbraio 2013(dep. 11 giugno 2013), n. 25583 - Pres. Agrò - Est. Ippolito.


Il soggetto che, trovandosi agli arrestidomiciliari, si allontana dall'abitazione a causa dell'insanabilecompromissione degli equilibri familiari, non commette il delitto di evasione,p. e p. dall'art. 385 c.p., per difetto di dolo e di offensività della condotta,nel caso in cui si consegni direttamente e senza rilevante soluzione dicontinuità temporale alla stazione dei Carabinieri più prossima. 

 

Premessa.

Nel caso di specie, il soggetto agentesi allontanava dalla propria abitazione, ove si trovava agli arresti,consegnandosi immediatamente ai Carabinieri della zona.

I Giudici di Legittimità giudicano ilfatto come non costituente reato, ponendo due argomentazioni a sostegno delladecisione.

1) Inoffensivitàdella condotta. Non essendovi stata una rilevante soluzione di continuitàdello stato di restrizione, può dirsi che sia mancata anche la sottrazione allasfera di controllo degli organi di vigilanza e dunque la lesione dell'interessegiuridico protetto dall'art. 385 c.p.;

2) Difettodi dolo, in quanto il soggetto aveva realizzato la condotta per sottrarsialla convivenza intollerabile.

 

1.Una lettura critica.

La pronuncia di legittimità in epigrafesi presta senza dubbio a delle osservazioni. Funzionale alle stesse è ripercorrerei principi generali in tema di evasione, così come espressi dal legislatore edai Giudici di Piazza Cavour.

Il delitto di evasione è un reato dievento a forma libera, in quanto l'articolo 385 c.p. punisce chiunque, essendolegalmente detenuto o arrestato per un reato, evade. 

Il comma terzo del medesimo articolorecita che tale condotta illecita può essere compiuta anche dal soggetto che sitrovi "in stato di arresto nellapropria abitazione". 

L'assenza di una descrizione analiticadella condotta di evasione, arricchita - solo in parte - di significato tramiteil ricorso alla valutazione dell'oggetto giuridico tutelato, ha dato origine aduna copiosa opera interpretativa giurisprudenziale che ha portato aiprecipitati ermeneutici, in tema di dolo e di offensività, che di seguito sisegnaleranno brevemente. 

 

1.1.Il dolo nel delitto di evasione.  

In primo luogo, la Giurisprudenza diLegittimità ha concettualmente "riempito" l'elemento soggettivo dellaconsapevolezza e volontà del reo diusufruire di una libertà di movimento vietata dal precetto penale, non rivestendo alcuna importanza lo scopoche l'agente si propone con la sua azione, né la durata e la distanzapercorsa (si veda Cass. pen. sez. VI, 29 luglio2003, n. 31995; Cass. pen. sez. VI, 21 marzo 2012, n. 11679; Cass. pen. sez.VI, 3 dicembre 2008, n. 44969 ).

L'elemento soggettivo - si evince - ècostituito dal dolo generico, vale a dire che non è rilevante il fine per cui il soggetto si allontana dal luogo oveè "confinato", bastando che egli sia consapevole della contrarietàdel gesto rispetto al contenuto del provvedimento restrittivo

Parte della dottrina, onde evitareeccessi di rigore, suggerisce di impostare i caratteri del dolo in modo daricomprendere lo scopo di acquistare lalibertà personale. Tale considerazione non può però essere accolta poichéevidentemente aggiunge al tessuto normativo un dolo specifico non contemplatodal Legislatore.

Non ci si può, dunque, esimere da una primaconsiderazione, che implica di valutare la sentenza in commento confrontandolacoi precedenti espressi in tema di evasione dalla Suprema Corte: la pronunziapare porsi in contrasto coi principi pretori passati, in quanto sembra proprio porrelo sguardo sullo scopo specifico per cui il soggetto sia evaso nel casoconcreto, vale a dire ritrovare serenità d'animo sfuggendo ad una convivenzaintollerabile. 

Bisogna invece chiedersi se l'agente siastato consapevole del fatto che stesse violando un provvedimento giudiziario eabbia perseverato nell'illecito "armato" di volontà a tal riguardo. Almenoin prima battuta (salvo quanto si dirànel § 2), deve rilevarsi che la risposta più plausibile sia quellapositiva: l'elemento soggettivo sussiste nel caso di specie, poiché egli èconsapevole di violare un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria il cuicontenuto era il dovere di rimanere presso l'abitazione. 

Peraltro, la statuizione della Corte rischiadi non persuadere se si considera una recentissima pronuncia (Cass.pen. sez. VI, 18 aprile 2013, n. 17910, in www.altalex.com, con nota di Marani, “Fugge dai domiciliari per tornare incarcere: è comunque evasione”) dal contenuto fattualepressoché identico: un uomo, ritenendo non proseguibile la convivenza con lapropria partner, si allontanava daldomicilio ove si trovava agli arresti e si recava presso le forze dell'ordinechiedendo di essere trasportato in carcere. 

La Sesta Sezione, dinanzi alla richiestadegli avvocati dell'uomo di far valere la scriminante dello stato di necessità,ha invece condannato l'imputato per evasione consumata, ritenendo tra l'altronon applicabile la scriminante in quanto non vi era un pericolo imminente di undanno grave alla persona, elemento costitutivo della causa di giustificazionein parola. 

La sentenza in commento, date questepremesse, pare spingere l'interprete verso nuovi dilemmi definitori. 

 

1.2.L'offensività nel delitto di evasione.

L'interesse tutelato, espresso dallarubrica del Titolo III - Capo II del codice penale, è l' autorità delledecisioni giudiziarie, che sitraduce nel conseguente rispettoche il detenuto, nel caso incommento, deve riporre nei confrontidella statuizione del giudice che l'ha posto agli arresti domiciliari

L'offesaal bene giuridico si registra quando l'agente, violando i limiti spaziali, sisottrae completamente alla costante possibilità di controllo da parte degliorgani a ciò devoluti, con una condotta che frustra l'esecuzione delprovvedimento giurisdizionale (Garofoli,“Manualedi diritto penale. Parte speciale”,I, 2013, 481-482).

E' d'uopo, quindi, interrogarsi se, nelcaso in cui un soggetto si sottragga per pochi istanti a tale controllo, cioèacquisti una libertà personale pur temporalmente minima, l'interesse giuridicorimanga leso.

Anche a tale interrogativo si ritiene didover dare risposta affermativa.

Se il bene giuridico è il vincoloespresso dal provvedimento restrittivo e l'offesa si registra qualora talevincolo sia disatteso non rendendo possibile la costante sorveglianza sul soggetto agente, allora non si vede come noncompia il reato chi tiene una condotta, come nel caso di specie, idonea aconcretizzare entrambi i presupposti.

A venire in aiuto per evitare eccessi diseverità, è forse un'affermazione della Suprema Corte: l'assenza diresponsabilità penale deriva dal fatto che "non vi fu alcunaapprezzabile soluzione di continuità del suo stato di restrizione, nonapprezzandosi una effettiva e concreta violazione dell'interesse protetto dallanorma incriminatrice, che mira a garantire la corretta attuazione della pretesapunitiva dello Stato o le esigenze cautelari funzionali al processo penale". 

Nel momento in cui la Corte traccia lasoluzione inerente l'offensività della condotta, considera in realtà unasfumatura del bene giuridico parzialmente diversa da quella delineata pocanzi:non l'autorità della decisione bensì la pretesapunitiva dello Stato.

Anche tale assunto non pare sopire dubbiermeneutici. Al di là delle differenze lessicali tra le descrizioni sinorafatte del bene giuridico, rimane un dato incontrovertibile: anche descrivendol'interesse come l'aspettativa dello Stato a punire (e mantenere la punizione),dal punto di vista fattuale, un agente che riuscisse ad ottenere anche perpochi istanti la libertà personale, guadagnerebbe una sfera di autonomia già  “corruttiva” dell'aspettativa dello Stato almantenimento della sanzione penale.

Ne deriva che, se si considerasse comebene giuridico l' “autorità delprovvedimento”, non dovrebbero potersi sollevare dubbi sulla offensivitàdell'azione del soggetto che guadagni - seppur per alcuni istanti - la libertàpersonale. In questo caso, vi è una evidente lesione del “vincolo letterale”del provvedimento stesso.

Se, diversamente, venisse ritenutointeresse giuridico la “pretesa delloStato a punire”, sarebbe anomalo non considerare offensiva la condotta dichi ha sostanzialmente bypassatoqualsiasi possibilità di controllo da parte dell'Autorità, “scavalcando” ilimiti spaziali nei quali doveva permanere.

In sostanza, l'autorità delprovvedimento giudiziario e/o la pretesa punitiva dello Stato non paiono benigiuridici la cui lesione sia graduabile sino a risultare ininfluente. Ciò puòben avvenire in altre figure criminose: nel delitto di peculato, ad esempio, ildanno patrimoniale irrisorio rende il fatto inoffensivo;  la lesione dell'oggetto di tutela, in altreparole, è graduabile sino a mostrarsi minima, infinitesimale, e dunqueirrilevante.

Non si ritiene che ciò accada per unbene giuridico come quello protetto dall'art. 385 c.p., il quale, al contrario,può atteggiarsi come integro o come leso: tertiumnon datur. E' integro nel momento in cui il soggetto di cui è limitata lalibertà personale “risieda” effettivamente nei limiti assegnati; è leso nelmomento in cui si verifichino due presupposti fattuali: il soggetto fuoriescedai detti confini e si sottrae al costante controllo degli organi disorveglianza, nel senso che nessun organo di controllo riesca con certezza asupervisionare i movimenti dell'evaso se non grazie ad una decisione spontaneadi quest'ultimo orientata in tal senso.  

Qualora si acceda alla tesi secondo cuiil bene giuridico sia la pretesa punitiva dello Stato, si può certamentetentare di superare le critiche testé addotte, asserendo che la soluzione dicontinuità della restrizione della libertà personale sia stata minima; ma taleobiezione presta il fianco ad un'osservazione: l'esiguità cronologica afferiscead un momento successivo alla lesione già perpetrata al bene giuridico diriferimento.

Né l'offensività può essere esclusaasserendo che il soggetto avesse sin dall'inizio un'intenzione incompatibilecon la volontà di guadagnarsi la libertà personale definitiva; ci si deve, inaltri termini, impegnare a tenere distinti i campi del dolo e dell'offensivitàobbiettivamente considerata, evitando fenomeni di overlapping tra gli stessi.

Il pericolo sarebbe, altrimenti, quello difar dipendere l'offensività del fatto (elemento oggettivo) dalla volontàspecifica del soggetto agente (elemento soggettivo). Si cadrebbe nel paradossodi dire che un fatto non sia obbiettivamenteoffensivo in quanto il soggetto aveva un'intenzione particolareincompatibile con l'offensività (i.e.: ilfatto non è offensivo perché l'agente non voleva che lo fosse).

Dovremmo, in altri termini, rimettercialla piena discrezionalità dell'agente, il quale, nei seppur brevi istanti incui è sostanzialmente sfuggito alla possibilità di sorveglianza, ha propeso perun fine compatibile con la prosecuzione della punizione penale.

I due campi, al contrario, dovrebberoessere scissi ed analizzati disgiuntamente.

 

2.Si deve dunque addivenire ad una soluzione di rigore? Considerazioni finali.

Se è vero quanto anticipato nei paragrafiprecedenti, allora si addiviene a porre due “paletti” concettuali, con riguardoalla fattispecie concreta:

1) La condotta compiuta nel caso dispecie può essere considerata obbiettivamente offensiva, in quanto l'offesa siregistra nel momento in cui l'agente fuoriesce dallo spazio consentito. E' inquesto momento che il bene giuridico, sia subspecie di autorità del provvedimento, sia come interesse dello Stato apreservare la propria pretesa punitiva, viene effettivamente compromesso.  

2) Il dolo pare sussistere, in quantonon solo vi è la consapevolezza di aver ottenuto una autonomia vietata ma ilparticolare fine di utilizzare tale libertà per sganciarsi dall'ambito familiareintollerabile non può assumere rilevanza, in quanto il Legislatore non fa salvimotivi - seppur ragionevoli secondo il comune sentire - che abbiano indottoallo spostamento (evidentemente, qualora tali motivi non coincidano con scopitutelati dal ricorso a cause di giustificazione).  

Si deve dare atto, però, di come siadoveroso l'uso del dubitativo per l'affermazione di cui al punto n. 2.

In realtà, ad uno sguardo più attento,pur non ritenendo - chi scrive - di condividere l'assunto della mancanza dioffensività, giova invece riconsiderarela possibilità che a difettare sia proprio il dolo.

Il caso di specie, come forse il lettoreavrà già intuito, potrebbe essere descritto in questo modo: l'agente realizzaun comportamento offensivo ma ritiene che la sua condotta, in concreto, nonleda il bene giuridico tutelato, che sia esso l'interesse punitivo dello Statoo l'autorità della decisione del giudice.

Egli ritiene (per errore scusabile) checiò che ha compiuto, pur essendo rimproverabile, consenta comunque all'AutoritàGiudiziaria di mantenere il pieno controllo sulle sue sorti  in tema di sanzione penale e dunque ritiene diessere legittimato a violare un tipo di restrizione al fine di costituirne unaltro parimenti utile per l'A.G.  

L'elemento psichico dunque può esserescisso: da una parte abbiamo il motivo intimo della condotta, cioè lo scopo disfuggire alla convivenza intollerabile, il quale non rileva; dall'altra,abbiamo l'atteggiamento giustificativo del proprio gesto, nel senso che siverifica l'errore scusabile consistente nel ritenere che rimanga nelladiscrezionalità dell'evaso decidere della fungibilità del tipo di restrizionedella libertà personale, essendo sufficiente che tale restrizione della libertàrimanga in qualche modo garantita.

Ilriscontro dell'assenza di responsabilità penale può derivare, in fin dei conti,dall'errore sull'offensività: tale errore, stantela riferibilità dell'offensività all'alveo della tipicità, si tramuta proprioin un errore sul fatto tipico, che esclude il dolo.

Concludendo: all'orientamentomanifestato dalla Corte di Legittimità nella sentenza in commento, si ritiene opponibileuna seconda ricostruzione dogmatica della vicenda, la quale vedrebbe come obbiettivamenteoffensiva la condotta di chi, per sfuggire ad una situazione familiareburrascosa, si allontani dal domicilio ove si trova agli arresti; suscettibiledi difettare, al contrario, sarebbe il solo dolo, sub specie di consapevolezza dell'offensività della propria azione.

Data: 10/07/2013 14:30:00
Autore: Filippo Lombardi