Con la sentenza n. 10404 depositata il 15 marzo 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che è inammissibile il ricorso proposto da un legale con un telegramma. La Corte ha infatti spiegato che l'invio del ricorso attraverso telegramma non potrebbe essere paragonato e/o assimilato all'invio del ricorso tramite posta. Secondo la ricostruzione della vicenda, in seguito alla dichiarazione di inamissibilità del ricorso proposto dal legale attraverso telegramma avverso un'ordinanza, il Tribunale del riesame aveva dichiarato l'inammisibilità dello stesso in base alla circostanza che l'atto era stato trasmesso mediante telegramma dettato per telefono, e, per questo motivo era privo della sottoscrizione autentica del difensore come previsto dal combinato disposto degli artt. 581, 582, 583 c.p.p. Secondo il ricorrente, che proponeva ricorso per Cassazione
, dagli articoli richiamati non emergerebbe alcuna differenziazione di disciplina per i telegrammi spediti a mezzo posta e quelli inviati previsa dettatura elefonica, mentre la certezza in ordine all'autenticità della provenienza e all'identità dell'impugnante poteva essere dedotta attraverso un semplice controllo sulla titolarità dell'utenza telefonica. La Corte rigettando il ricorso, non ritenendo di condividere la tesi prospettata dal ricorrente, ha in proposito affermato che "la giurisprduenza è assolutamente prevalente nel ritenere inammissibile l'impugnazione (anche per la richiesta di riesame) proposta dal difensore mediante telegramma il cui testo sia dettato per telefono, trattandosi di una modalità che non garantisce certezza in ordine all'autentitcità della provenienza e all'identià dell'impugnante (Cass. sez. I, 27 ottobre 2009, n. 44660, C.E.D. cass, n. 255679), come invece avverrebbe attraverso la proposizione mediante spedizione del telegramma dagli uffici postali. la dettatura telefonica del testo del telegramma non trasforma, infattim in un atto scritto, corredato dalla sottoscrizione, l'originaria comunicazione orale e dunque non soddisfa i requisiti di forma previsti dalla legge (Cass., sez. II, 19 gennaio 2006, n. 3627, C.E.D. Cass., n. 233372)".

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