di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 24967 del 6 novembre 2013. Deve essere riconosciuta l'efficacia della decisione ecclesiastica basata sul rilievo che i tratti della personalità del coniuge configurano una condizione psicoemotiva di fragilità che compromettono significativamente le sue facoltà intellettive-volitive, impedendogli di assumere e realizzare gli obblighi essenziali del matrimonio. E' il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 6 novembre 2013, n. 24967.

Il caso in oggetto riguarda la richiesta, proveniente da uno dei due coniugi, di riconoscimento dell'efficacia nello Stato italiano della sentenza emessa dal Tribunale Apostolico della Rota Romana - procedimento per cui, nonostante l'entrata in vigore della legge 218/1995, vige ancora l'istituto della delibazione ad opera della Corte d'appello territorialmente competente - e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale, riformando la decisione del Tribunale di Appello, era stata dichiarata la nullità "per incapacità di assunzione degli obblighi matrimoniali da parte della convenuta" del matrimonio concordatario contratto dai due coniugi. Dopo aver risolto una questione di rito (nella specie, validità della notifica della sentenza effettuata al coniuge personalmente e non presso il procuratore costituito) la Corte esamina il merito della questione: il giudice ecclesiastico avrebbe disatteso le risultanze peritali affermando la necessità di valutare i comportamenti della donna, in virtù dei quali, con particolare riferimento a determinate condotte, ha ritenuto che ella versava in una condizione che le impedì di assumere e di realizzare le obbligazioni essenziali del matrimonio, soprattutto il bene della prole e il bene dei coniugi, integrando ipotesi di nullità del vincolo matrimoniale con necessarie ripercussioni sul piano civilistico.


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