Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena

Indice del codice penale

TITOLO QUINTO

DELLA NON PUNIBILITA' PER PARTICOLARE TENUITA' DEL FATTO. DELLA MODIFICAZIONE, APPLICAZIONE ED ESECUZIONE DELLA PENA

CAPO I

Della non punibilita' per particolare tenuita' del fatto. Della modificazione e applicazione della pena

Art. 131-bis. (Esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto).

Nei reati per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale.

L'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudelta', anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'eta' della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L'offesa non puo' altresi' essere ritenuta di particolare tenuita' quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive , ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato e' commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e nell'ipotesi di cui all'articolo 343.

Il comportamento e' abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso piu' reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita', nonche' nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69.

La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuita' del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

Art. 132. (Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti)

Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tal potere discrezionale.

Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge.

Art. 133. (Gravita' del reato: valutazione agli effetti della pena)

Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravita' del reato, desunta:

1° dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalita' dell'azione;

2° dalla gravita' del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;

3° dalla intensita' del dolo o dal grado della colpa.

Il giudice deve tener conto, altresi', della capacita' a delinquere del colpevole, desunta:

1° dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;

2° dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;

3° dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

4° dalle condizioni di vita individuale, famigliare e sociale del reo.

Art. 133-bis. (Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria).

Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il giudice deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente, anche delle condizioni economiche del reo.

Il giudice puo' aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

Art. 133-ter. (Pagamento rateale della multa o dell'ammenda).

Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, puo' disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l'ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata tuttavia non puo' essere inferiore a lire trentamila.

In ogni momento il condannato puo' estinguere la pena mediante un unico pagamento.

Art. 134. (Computo delle pene)

Le pene temporanee si applicano a giorni, a mesi e ad anni.

Nelle condanne a pene temporanee non si tien conto delle frazioni di giorno, e, in quelle a pene pecuniarie, delle frazioni di lira.

Art. 135. (Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive).

Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

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Note:

La L. 12 luglio 1961, n. 603 ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Nella conversione in pene detentive delle pene pecuniarie inflitte per reati commessi anteriormente alla entrata in vigore della presente legge, si applica la disposizione sul ragguaglio delle pene preveduta dallo articolo 135 del Codice penale nel testo modificato dalla Presente legge".

Art. 136. (Modalita' di conversione di pene pecuniarie).

Le pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilita' del condannato, si convertono a norma di legge.

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Note:

La Corte Costituzionale con sentenza 18-30 giugno 1971, n. 149 (in G.U. 1Є s.s. 07/07/1971, n. 170) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 136, primo comma, del codice penale, nella parte in cui ammette, per i reati commessi dal fallito in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva, prima della chiusura della procedura fallimentare".

Note:

La Corte Costituzionale con sentenza 16-21 novembre 1979, n. 131 (in G.U. 1Є s.s. 28/11/1979, n. 325) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 136 del codice penale".

Art. 137. (Carcerazione preventiva)

La carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria.

La carcerazione preventiva e' considerata, agli effetti della detrazione, come reclusione od arresto.

Art. 138. (Pena e carcerazione preventiva per reati commessi all'estero)

Quando il giudizio seguito all'estero e' rinnovato nello Stato, la pena scontata all'estero e' sempre computata, tenendo conto della specie di essa; e, se vi e' stata all'estero carcerazione preventiva, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.

Art. 139. (Computo delle pene accessorie)

Nel computo delle pene accessorie temporanee non si tien conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva, o e' sottoposto a misura di sicurezza detentiva, ne' del tempo in cui egli si e' sottratto volontariamente all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza.

Art. 140.

ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 28 LUGLIO 1989, N. 271

CAPO II

Della esecuzione della pena

Art. 141.

ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 LUGLIO 1975, N. 354

Art. 142.

ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 LUGLIO 1975, N. 354

Art. 143.

ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 LUGLIO 1975, N. 354

Art. 144.

ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 LUGLIO 1975, N. 354

Art. 145. (Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato)

Negli stabilimenti penitenziari, ai condannati e' corrisposta una remunerazione per il lavoro prestato.

Sulla remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:

1° le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;

2° le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;

3° le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.

In ogni caso, deve essere riservata a favore del condannato una quota pari a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non e' soggetta a pignoramento o a sequestro.

Art. 146. (Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena).

L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, e' differita:

1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta;

2) se deve aver luogo nei confronti di madre di infante di eta' inferiore ad anni uno;

3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia cosi' avanzata da non rispondere piu', secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

Nei casi previsti dai numeri 1) e 2) del primo comma il differimento non opera o, se concesso, e' revocato se la gravidanza si interrompe, se la madre e' dichiarata decaduta dalla responsabilita' genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreche' l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.

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Note:

Il D.Lgs. Luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 224 ha disposto (con l'art. 1, commi 1 e 2) che "Per i delitti preveduti nel Codice penale e' soppressa la pena di morte.

Quando nelle disposizioni del detto Codice e' comminata la pena di morte, in luogo di questa si applica la pena dell'ergastolo".

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Note:

La Corte Costituzionale con sentenza 18 ottobre 1995, n. 438 (in G.U. 1Є s.s. 25/10/1995, n. 44) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 146, primo comma, numero 3, del codice penale, aggiunto dall'art. 2 del d.-l. 14 maggio 1993, n. 139, convertito dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, nella parte in cui prevede che il differimento ha luogo anche quando l'espiazione della pena possa avvenire senza pregiudizio della salute del soggetto e di quella degli altri detenuti".

Art. 147. (Rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena)

L'esecuzione di una pena puo' essere differita:

1° se e' presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve esser differita a norma dell'articolo precedente;

2° se una pena restrittiva della liberta' personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermita' fisica;

3) se una pena restrittiva della liberta' personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di eta' inferiore a tre anni.

Nel caso indicato nel numero 1°, l'esecuzione della pena non puo' essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza e' divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia e' successivamente rinnovata.

Nel caso indicato nel numero 3) del primo comma il provvedimento e' revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilita' genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre.

Il provvedimento di cui al primo comma non puo' essere adottato o, se adottato, e' revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.

Art. 148. (Infermita' psichica sopravvenuta al condannato)

Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della liberta' personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermita' psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermita' sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice puo' disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale, o di delinquente per tendenza.

La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermita' psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte deve essere ricoverato in un manicomio giudiziario.(5)

Il provvedimento di ricovero e' revocato, e il condannato e' sottoposto all'esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.

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Note:

Il D.Lgs. Luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 224 ha disposto (con l'art. 1, commi 1 e 2) che "Per i delitti preveduti nel Codice penale e' soppressa la pena di morte.

Quando nelle disposizioni del detto Codice e' comminata la pena di morte, in luogo di questa si applica la pena dell'ergastolo".

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Note:

La Corte Costituzionale con sentenza 6-19 giugno 1975, n. 146 (in G.U. 1Є s.s. 25/06/1975, n. 166) ha dichiarato "1) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 148 del codice penale, nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziario del condannato caduto in stato d'infermita' psichica durante l'esecuzione di pena restrittiva della liberta' personale, ordini che la pena medesima sia sospesa;

2) in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara altresi' l'illegittimita' costituzionale dello stesso art. 148 del codice penale, nella parte in cui prevede che il giudice ordini la sospensione della pena anche nel caso in cui il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia ovvero in un manicomio comune (ospedale psichiatrico)".

Art. 149.

ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 26 LUGLIO 1975, N. 354

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