Per la Cassazione, anche nel giudizio abbreviato d'appello il giudice è tenuto a pronunciarsi sull'esistenza o meno di un legittimo impedimento

di Lucia Izzo - Nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento. Pertanto, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento è celebrato senza che la mancata comparizione determini l'obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, c.p.p.; invece se, come nel caso esaminato, il difensore non compare, ma rappresenta e documenta tempestivamente il proprio impedimento a comparire chiedendo un differimento dell'udienza, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull'esistenza o meno di un legittimo impedimento e ad assumere i provvedimenti di conseguenza.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 8/2017 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso con cui si censurava la Corte territoriale per non aver accolto la richiesta del difensore dell'imputato di differimento dell'udienza, nonostante il legittimo, assoluto e prontamente comunicato impedimento a comparire del legale in ragione della ricorrenza di concomitante impegno professionale.


Come infatti risulta dagli atti del processo, il cui accesso è pienamente consentito dalla tipicità del vizio denunciato, alcuni giorni prima dell'udienza l'avvocato, unico difensore di fiducia del ricorrente, officiato dell'incarico nella medesima data, in presenza delle condizioni previste dall'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., aveva chiesto alla Corte d'appello il rinvio ad altra data dell'udienza fissata per il 28/09/2015, con sospensione dei termini di prescrizione. 


Evidenziava l'istante come, nella medesima data, lo stesso risultasse impegnato in ben altri quattro procedimenti penali, tutti avanti la medesima autorità giudiziaria (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere) e che al momento lo scrivente si trovava nell'impossibilità di nominare sostituti processuali in quanto presso lo studio non vi sono altri collaboratori abilitati a presenziare innanzi alla Corte di Appello. 


La Corte territoriale, con provvedimento reso all'udienza del 28/09/2015, pur dando atto che l'avvocato era stato nominato solo tre giorni prima dell'udienza, considerando tardiva la nomina e la facoltatività della presenza del difensore all'udienza, in assenza di quest'ultimo, respingeva la richiesta di differimento e disponeva procedersi oltre.


Gli Ermellini, scelgono di dare seguito alla giurisprudenza di legittimità secondo la quale, nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, si applica l'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., che impone il rinvio del procedimento in caso di legittimo impedimento del difensore. 


Tanto vale, precisa il collegio, nonostante parte della giurisprudenza ritenga che al procedimento camerale del giudizio abbreviato di appello non si applichi l'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., perché in tale udienza la presenza delle parti è facoltativa e solo per l'imputato è espressamente previsto che, in caso di legittimo impedimento, l'udienza debba essere rinviata.


Non condividendo tale orientamento, la Cassazione rammenta che l'art. 420, comma 1, c.p.p. prevede, in relazione all'udienza preliminare, pur avendo quest'ultima natura camerale, la partecipazione necessaria del difensore dell'imputato. Tale disposizione deve, dunque, trovare applicazione, per identità di ratio, anche nel procedimento camerale d'appello. 


Non osta a tale conclusione il disposto dell'art. 127, comma 3, c.p.p.: questa norma si limita, infatti, a sancire il diritto del difensore, senz'altro coessenziale alle linee fondanti del sistema accusatorio, di modellare il proprio atteggiamento processuale sulla strategia difensiva prescelta e quindi di decidere se comparire o meno all'udienza camerale, senza che la sua mancata comparizione determini alcuna conseguenza processuale.


Del resto, prosegue la sentenza, una volta che il difensore abbia optato per una linea difensiva che preveda la comparizione all'udienza camerale, questa scelta non può essere vanificata da eventi costituenti forza maggiore e del tutto indipendenti dalla sua volontà, che gli impediscano materialmente la partecipazione all'udienza, "perché la compressione del diritto di difesa che innegabilmente viene a determinarsi in questo caso, non appare giustificabile con la salvaguardia delle esigenze di celerità e snellezza proprie del rito camerale, che non possono prevalere su fondamentali istanze di garanzia dell'imputato, ineludibili quale che sia il modulo processuale adottato".


Una simile soluzione appare più conforme ai principi costituzionali, secondo i quali la possibilità di un adeguato esercizio del diritto di difesa deve essere comunque assicurata, in qualunque modulo procedimentale e in qualunque fase processuale. 


Infine, sottolinea il Collegio, tale conclusione "si impone a maggior ragione laddove la regiudicanda si trovi in fase decisoria e si discuta, quindi, della fondatezza dell'imputazione, come nel giudizio abbreviato, che - tanto in primo grado che in appello - attribuisce al giudice la piena cognizione del merito dell'accusa, con la conseguente necessità di esaminare approfonditamente e di sottoporre ad un adeguato vaglio dialettico, nel contraddittorio delle parti, ogni risultanza acquisita".


In altri termini, la necessità del contraddittorio è da ritenersi ineludibile allorché la decisione abbia per oggetto la responsabilità dell'imputato, la qualificazione giuridica del fatto ed ogni altra questione di merito.


Cass., II sez. pen., sent. 8/2017

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