Dopo le tante notizie di cronaca riguardanti gli abusi, un documento della Penitenzieria apostolica, ribadisce la contrarietà del Vaticano a recenti proposte di leggi in violazione del segreto confessionale, come avvenuto in Australia e Cile

di Gabriella Lax - Il segreto confessionale non può essere violato e nessuna legge può autorizzare questa violazione. A ribadirlo è il Vaticano, in un documento della Penitenzieria apostolica sul tema della sacralità del "foro interno" e sulla inviolabilità del sigillo sacramentale, diffuso solo dopo l'ok del pontefice.

Non si può violare il segreto confessionale, per nessun motivo

La Santa Sede nel documento ha così ribadito la contrarietà ad alcune proposte che vorrebbero obbligare i sacerdoti a denunciare quanto viene raccontato in confessionale, nel caso avesse rilievo penale. In sintesi, si legge nella nota firmata dal penitenziere maggiore card. Mauro Piacenza e dal reggente mons. Krzysztof Nykiel, «Ogni azione politica o iniziativa legislativa tesa a 'forzare' l'inviolabilità del sigillo sacramentale costituirebbe un'inaccettabile offesa verso la 'libertas Ecclesiae', che non riceve la propria legittimazione dai singoli Stati, ma da Dio; costituirebbe altresì una violazione della libertà religiosa, giuridicamente fondante ogni altra libertà, compresa la libertà di coscienza dei singoli cittadini, sia penitenti sia confessori. Violare il sigillo equivarrebbe a violare il povero che è nel peccatore». La nota risponde ad alcuni tentativi legislativi perpetrati in Australia e in Cile affinchè i confessori possano rivelare quanto appreso in confessione su casi di abusi sessuali su minori.

«Si è diffusa negli ultimi decenni una certa 'bramosia' d'informazioni - chiosa ancora la nota - quasi prescindendo dalla loro reale attendibilità e opportunità, al punto che il 'mondo della comunicazione' sembra volersi 'sostituire' alla realtà, sia condizionandone la percezione, sia manipolandone la comprensione. Da questa tendenza, che può assumere i tratti inquietanti della morbosità, non è immune, purtroppo, la stessa compagine ecclesiale, che vive nel mondo e, talvolta, ne assume i criteri».

Partendo dal Codice di Diritto Canonico, al confessore «non è consentito, mai e per nessuna ragione, 'tradire il penitente con parole o in qualunque altro modo' (can. 983, comma 1), così come 'è affatto proibito al confessore far uso delle conoscenze acquisite dalla confessione con aggravio del penitente, anche escluso qualunque pericolo di rivelazione' (can. 984, comma 1)». L'intervento del Vaticano ribadisce quei i principi che oggi sembrano diventati più estranei all'opinione pubblica e talvolta agli stessi ordinamenti giuridici civili: il sigillo sacramentale, la riservatezza connaturata al foro interno extra-sacramentale, il segreto professionale, i criteri e i limiti propri di ogni altra comunicazione - e infine- l'inviolabile segretezza della Confessione proviene direttamente dal diritto divino rivelato e affonda le radici nella natura stessa del sacramento, al punto da non ammettere eccezione alcuna nell'ambito ecclesiale, né, tantomeno, in quello civile. Nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione è come racchiusa, infatti, l'essenza stessa del cristianesimo e della Chiesa».


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