A molte donne la scelta non era piaciuta e per questo motivo, supportate dal Codacons , centinaia di "operate" hanno fatto ricorso al Tar del Lazio per la decisione presa e giudicata eticamente scorretta. Molte avevano già intrapreso la via della richiesta di risarcimento per i danni subiti. Il presidente di Codacons, Carlo Renzi, ha sottolineato che " devono essere le donne che hanno subito l'impianto delle protesi, e non i medici, a decidere sulla rimozione delle stesse (...). La paura e lo stato psicologico di angoscia determinato dallo scandalo che ha coinvolto le protesi P.I.P. sono elementi sufficienti a giustificare l'espianto e il reimpianto a totale carico del Ssn ". E il Tar ha dato loro ragione, quindi con un'ordinanza del 30 aprile ha espresso la necessità che il Ministero apportasse una modifica al provvedimento , da eseguirsi in 20 giorni.
Ora non si sa se il Tar intendesse giorni feriali o festivi, dati i tempi "estesi" impiegati per attuare tale modifica, ma come si sa ogni cambiamento richiede approvazioni su approvazioni e una buona dose di burocrazia. Nel mentre inoltre il ministero ha pensato bene di fare ricorso in appello al Consiglio di Stato. Fatto sta che finalmente, in data 1 settembre, il Consiglio di Stato ha dato ragione al Tar rimarcando che " non si ravvisano ragioni " per modificare la decisione del Tar.Il ministero dovrà quindi iniziare a vagliare tutte le domande di espianto, per poter dare così precedenza a quei casi più a rischio di "scoppio". Mentre tutte le altre donne a cui l'impianto ha creato disagi al momento "solo psicologici" (vuoi mettere però dormire con due "cosi" che potrebbero trasformarsi in due bombe da un momento all'altro!), dovranno aspettare. Quanto non è naturalmente dato sapere. Quel che si sa è che l'udienza per la trattazione nel merito del ricorso è stata fissata per il 18 dicembre.
Cercando così di scongiurare eventuali "botti di Capodanno"!
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