Con la sentenza n. 21045 la Suprema Corte di Cassazione (Sezioni Unite Civili) ha stabilito che il privilegio su di un bene immobile a garanzia dei crediti dell'acquirente promissario (derivanti dalla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ex art.2645 bis del codice civile), in quanto subordinato ad una particolare forma di pubblicità (ex art.2745, comma 2), rimane sottratto alla regola generale che pone in un grado superiore il privilegio rispetto all'ipoteca (art.2748 c.c.). Inoltre si applicano gli ordinari principi in tema di pubblicità. Nel caso di specie, la Corte ha deciso che, quando il curatore fallimentare scelga di sciogliere il contratto preliminare
(secondo quanto prevede l'art.72 della legge fallimentare), in sede di riparto, il credito vantato dall'acquirente promissario deve essere messo in un grado inferiore rispetto al credito vantato dall'istituto di credito che, prima del momento in cui era stato posto in essere il contratto preliminare, aveva iscritto ipoteca sullo stesso immobile oggetto del contratto, come garanzia per la concessione del finanziamento. La Suprema Corte, rielaborando gli orientamenti dottrinari, ha deciso il caso disattendendo il precedente orientamento espresso dalla sentenza
n. 17197 del 2003. "Il ragionamento - secondo quanto si legge dal ragionamento fatto dalle Sezioni Unite - parte dalla premessa che l'art.2748 c. c., allorquando nel secondo comma stabilisce che i creditori muniti di privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari "se la legge non dispone diversamente", fa riferimento ad una deroga non necessariamente contenuta in un esplicitò precetto, ma che può o deve essere individuata nell'ordinamento nel suo complesso, attraverso la lettura e l'interpretazione normativa che tenda all'armonioso coordinamento dello specifico istituto in trattazione con l'intero sistema (…). "La qualifica di "privilegio" non necessariamente comporta l'applicazione del principio secondo cui esso prevale sull'ipoteca precedentemente iscritta e che, per altro verso, l'applicazione delle ordinarie regole sulla pubblicità non consente di escludere la particolare qualifica di "privilegio" al tipo di prelazione trattato. Il privilegio (…) non assiste un credito che incide sul processo di produzione o di valorizzazione della cosa (piuttosto, siffatta incidenza appartiene al credito del finanziatore dell'opera), bensì il credito del promissario acquirente che acquista il diritto al valore di scambio della cosa, e la sua costituzione
è subordinata ad un preciso onere pubblicitario, così come la sua esistenza è collegata al perdurare degli effetti della pubblicità. Ne consegue che relativamente ad esso non viga la regola della prevalenza dei privilegi sulle ipoteche, bensì quella del "prior tempore potior in jure" che pervade di sé l'intero sistema della pubblicità, facendone conseguire che l'ipoteca trascritta prima della costituzione del privilegio debba su quest'ultimo prevalere".

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