Secondo una recente sentenza della Corte di cassazione (n. 8703 del 9 aprile 2009) il contribuente, vittima delle lungaggini dell'amministrazione statale non ha diritto ad un risarcimento danni se si reca molte volte allo sportello, anche se lo fa per ottenere sgravi o rimborsi. In seguito alla proposizione del ricorso in Cassazione da parte dell'Agenzia delle Entrate che era stata condannata a risarcire il danno per "danni morali e da stress, subiti in seguito alle lungaggini dell'iter burocratico affrontato per ottenere lo sgravio di somme non dovute" ad un contribuente, la Corte ha affermato che "la giurisprudenza ha proceduto ad una rilettura in chiave costituzionale del disposto dell'art. 2059 c.c., ritenuto principio informatore del diritto, e come tale vincolante anche nel giudizio di equità, da leggersi (…) sul presupposto dell'esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'art.2043 c.c. e cioè: la condotta illecita, l'ingiusta lesione di interessi tutelati dall'ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell'interessa leso" e quindi "in tale prospettiva la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell'art.2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (…) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione, in quest'ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio consequenziale sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che le lesione sia grave (…) e che il danno non sia futile ( vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario)". Gli Ermellini hanno concluso cassando senza rinvio la sentenza e decidendo nel merito, precisando che "nella specie, non sussiste un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, tantomeno si verte in una ipotesi di danno patrimoniale prevista dal legislatore ordinario, risultando, piuttosto, la ritenuta lesione del "diritto alla tranquillità" insuscettibile di essere monetizzata, siccome inquadrabile in quegli sconvolgimenti quotidiani consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro disagio(…), ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria".

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