I consiglieri decaduti di un Comune siciliano ritengono che l'Organo Consiliare avrebbe potuto validamente deliberare nonostante le diverse dimissioni. Il Comune ricorre al CGARS

Scioglimento Consiglio comunale Catenanuova: la parola a CGARS

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Lo scioglimento del Consiglio comunale di Catenanuova fa discutere i giudici amministrativi della Regione Sicilia. In prima battuta è stato il T.A.R. di Catania, con la sentenza n. 388/2021 (qui sotto allegata), ad accogliere il ricorso di sei consiglieri comunali "decaduti" dichiarando illegittimo il Decreto emesso dal Presidente della Regione Sicilia che aveva dichiarato, per l'appunto, la decadenza del Consiglio Comunale.


Arriva poi il decreto n. 445/2021 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, pubblicato il 28/04/2021, che ritiene invece di accogliere il ricorso promosso dal Comune, sospendendo l'esecuzione della sentenza suddetta.

La vicenda

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Il provvedimento ha dunque l'effetto di "riattivare" la figura del commissario straordinario che era stato nominato, a norma dell'art. 11, comma 4, della Legge Regionale n. 35/1997, dal Presidente della Regione.


Nel dettaglio, la decadenza del Consiglio Comunale era stata dichiarata a seguito delle intervenute dimissioni di metà dei consiglieri assegnati (sei su dodici), circostanza che avrebbe posto l'Organo consiliare, stante altresì l'esaurimento delle liste elettorali e la consequenziale impossibilità di procedere con l'istituto della surroga, nell'impossibilità di esprimersi con maggioranza assoluta dei propri membri (n. sette su dodici).


Invece, secondo il T.A.R., stante l'interpretazione dell'art. 4 della L.R. n. 6/1998, nel computo delle rassegnate dimissioni non sarebbero dovute essere conteggiate quelle dei consiglieri che avevano deciso di accettare la carica di assessore.

Decadenza consiglio comunale: l'orientamento giurisprudenziale

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Il provvedimento del T.A.R. aveva preso atto dell'orientamento interpretativo formatosi nella Regione in materia di decadenza del consiglio comunale per dimissioni dei componenti, alla luce della disciplina dettata dall'art. 53 dell'O.R.EE.LL. (legge reg. Sic. 15 marzo 1963, n. 16), e dall'art. 11 della legge reg. Sic. n. 35/1997.

Ad esempio, secondo il T.A.R. Palermo (sent. n. 2670/2012) "il consiglio comunale decade ogniqualvolta viene a mancare la maggioranza dei suoi componenti e non si può procedere alla loro sostituzione" poichè, "in tali casi, che possono derivare da dimissioni o da altri eventi, l'organo non è più in grado di funzionare, in quanto viene meno il quorum strutturale, ovverosia il numero minimo di consiglieri necessario affinché la seduta sia ritenuta valida".

Ancora, per il T.A.R. Catania (n. 577/2012), "la situazione nella quale il consiglio non è più numericamente in grado di esprimere la maggioranza assoluta è condizione sufficiente per lo scioglimento dell'organo; ne discende che la decadenza del consiglio consegue quando permane in carica soltanto metà di consiglieri".

Tuttavia, la sentenza appellata ha ritenuto tale orientamento non pacifico, in particolare in virtù della giurisprudenza d'appello (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 2 marzo 2006, n. 75) che aveva evidenziato come "la mancanza di sei consiglieri su ... assegnati all'Ente farebbe venir meno la maggioranza semplice dell'organo (50%), ma non realizzerebbe l'ipotesi di mancanza di maggioranza assoluta del numero dei componenti (51%), richiesta dal comma 2 dell'art. 11 della richiamata l.r. n. 35/1997 per decretare la cessazione del Consiglio comunale". Tale pronuncia, secondo il T.A.R., sembra ritenere insufficiente, ai fini della cessazione dell'organo consiliare, il venir meno della metà dei consiglieri comunali.

Regolamento del consiglio comunale

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Ancora, osserva il giudice amministrativo, l'art. 6 della legge reg. Sic. 30/2020, nel novellare l'art. 1 della legge reg. Sic. 48/1991, ha stabilito che il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione, per la presentazione e la discussione delle proposte e che il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che nelle sedute di seconda convocazione debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente.


Nel caso in esame, il regolamento del consiglio comunale del Comune interessato prevede che il consiglio comunale deliberi con l'intervento della maggioranza dei consiglieri in carica e che nella seduta di prosecuzione sia sufficiente per la validità delle deliberazioni l'intervento dei due quinti dei consiglieri in carica, tranne i casi in cui la legge richiede una maggioranza diversa (art. 23; disciplina che evoca, in buona parte, quanto disposto dall'art. 30 della legge reg. Sic. 6 marzo 1986, n. 9 e ss. mm. ed ii.).

Rinuncia per svolgere incarico di assessore

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In ogni caso, il T.A.R. ritiene che non possa non tenersi conto degli effetti discendenti dall'interpretazione di cui al summenzionato art. 4, comma 1, della legge reg. Sic. 8 maggio 1998, n. 6, posto che nella vicenda esaminata risulta, tra l'altro, che tre consiglieri abbiano rinunciato alla carica per svolgere l'incarico di assessore.


Dunque, conclude il T.A.R., secondo il citato art. 4, le predette rinunce non possono essere considerate ai fini dell'art. 11 della legge regionale 35/1997, per quanto riguarda la cessazione del consiglio comunale, con conseguente fondatezza della domanda demolitoria proposta dalla parte ricorrente.

Tra l'altro, gli esponenti avevano sottolineato come il consiglio comunale, dopo le suddette dimissioni, aveva sempre funzionato calcolando il quorum strutturale sul numero dei consiglieri effettivi (dieci), ovverosia con la partecipazione di (minimo) sei membri. Da qui l'accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Contro tale provvedimento propone ricorso il Comune di Catenanuova innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, proponendo altresì istanza di misure cautelari monocratiche. Istanza accolta dal giudice di seconde cure, secondo cui "la questione di diritto che la causa pone merita approfondimento nel merito, e che tuttavia la tesi di parte appellante non appare, ad un sommario esame, implausibile".

Sul punto si richiamano il parere del Cgars n. 128/1998 e la stessa decisione del Cgars n. 75/2006, posta dal Tar a fondamento della propria sentenza di accoglimento che sostiene la prevalenza dell'art. 11 l.r. n. 35/1997 sull'art. 53 o.r.e.l. (d.P.Reg. n. 6/1955) e sull'art. 53 l.r. n. 16/1963.

Invero, spiega il giudice d'appello "la decisione citata n. 75/2006 non sembra ritenere tacitamente abrogato l'art. 53 o.r.e.l. (d.P.Reg. n. 6/1955, ripreso dall'art. 53 l.r. n. 16/1963), che, anzi, viene espressamente menzionato nella motivazione per affermare che l'atto impugnato viola tale previsione (il che implica che la decisione n. 75/2006 ritiene tuttora vigente l'art. 53 o.r.e.l.)". La questione di diritto verrà approfondita in sede collegiale, nel frattempo, però, viene fatto "rivivere" il provvedimento impugnato con il ricorso di primo grado e annullato dal Tar.


Si ringraziano gli avvocati Elenio Mancuso e Pietro Mela per l'invio del provvedimento


Scarica pdf T.A.R. Catania sentenza n. 388/2021

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