Con la conversione in legge del "Decreto Rilancio" l'omesso versamento dell'imposta di soggiorno diviene penalmente irrilevante

L'abolitio criminis operata dal Decreto Rilancio

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Prima dell'entrata in vigore del cosiddetto "Decreto Rilancio", la condotta del titolare di una struttura ricettiva che ometteva o versava parzialmente l'imposta di soggiorno era, inequivocabilmente, riportata nell'alveo del delitto di peculato di cui all'art. 314 c.p., con pene molto severe per i trasgressori, più precisamente, la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.

La Cassazione ha respinto la tesi della sussistenza dell'operatività del principio di specialità tra la sanzione amministrativa prevista dai regolamenti comunali e la norma penale, ritenendo che l'illecito amministrativo avesse carattere residuale non speciale, ai sensi della Legge n. 689/1981 (ex multis, cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 29632/2019). Inoltre, la qualifica di incaricato di pubblico servizio che spetta ‒ secondo la Suprema Corte ‒ al gestore dell'attività ricettiva e che discenderebbe dall'attività di riscossione dell'imposta di soggiorno operata dallo stesso per conto dei Comuni, oltre che dalla strumentale responsabilità di versamento (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, n. 27707/2019; n. 19925/2019; n. 32058/2018), ha permesso di accantonare anche la tesi che cercava di ricondurre la condotta in oggetto nei confini dell'art. 646 c.p. (appropriazione indebita). Sulla base di quanto precede, la condotta di omesso o parziale versamento dell'imposta non poteva che essere attratta nel campo di applicazione dell'art. 314 c.p. (peculato), con un sensibile aggravio di pena rispetto alle altre ipotesi prospettate.

Tuttavia, il D.L. del 19 maggio 2020 n. 34 (c.d. Decreto Rilancio) convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 luglio 2020 n. 77 ha apportato sostanziali cambiamenti sul piano sanzionatorio per i titolari della strutture ricettive, privando la condotta in oggetto di qualsiasi rilevanza penale e riconducendo tutto nell'alveo della sanzione amministrativa. Infatti, l'illecito amministrativo previsto dall'art. 180 commi III e IV del decreto ha carattere speciale e, per tale ragione, prevale sulla norma generale di cui all'art. 314 c.p. (peculato). Inoltre, il nuovo regime sembra gettare ombre anche sulla qualifica di incaricato di pubblico servizio che la giurisprudenza su citata attribuisce al responsabile della struttura ricettiva, in quanto quest'ultimo viene definito dal summenzionato art. 180 "responsabile del pagamento" e non "agente contabile".

Il nuovo regime sanzionatorio

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Il summenzionato decreto recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19", all'art. 180 stabilisce che nel caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno, ai titolari delle strutture ricettive sarà applicata la sanzione amministrativa di cui all'art. 13 del D.Lgs. 471/1997, mentre per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione si applicherà una sanzione amministrativa che va dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto.

La differenza sul piano sanzionatorio, rispetto al recente passato, è notevole. Infatti, l'applicazione della norma penale alla condotta di omesso, ritardato o parziale versamento comportava per il titolare della struttura ricettiva la possibilità di incorrere in una condanna piuttosto severa, più precisamente, alla reclusione dai quattro ai dieci anni e sei mesi con possibilità di sequestro e confisca.

La ratio del nuovo impianto sanzionatorio può, probabilmente, ricavarsi dalla situazione di emergenza sanitaria ed economica creata dal COVID19. Il Legislatore, ben conscio delle difficoltà in cui versa il settore turistico, ha optato per una risposta sanzionatoria più tenue di fronte ad eventuali inadempimenti.

Le conseguenze sui procedimenti penali in corso

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L'abolitio criminis operata dal D.L. n. 34/2020 convertito nella L. 77/2020 comporta, ai sensi dell'art. 2 comma II c.p., la definizione dei procedimenti già pendenti con sentenza di proscioglimento, non luogo a procedere ovvero di assoluzione (ex artt. 129, 425, 469 e 530 c.p.p.) perché "il fatto non è previsto dalla legge come reato".

Nella fase delle indagini preliminari interverrà l'archiviazione ex art. 411 c.p.p., mentre le condanne definitive verranno revocate dal giudice dell'esecuzione, con conseguente cessazione degli effetti penali.


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