La puntata n. 19 di Frammenti è dedicata a Domenico Iannacone, Massimo Sensale, Fabio Stassi, Diego Maradona e al «Trinche»

di Paolo M. Storani - Ecco di ritorno un nuovo sampietrino di "Frammenti", il n. 19, dedicato a Domenico Iannacone, Massimo Sensale, Fabio Stassi, Diego Maradona e al «Trinche».

Diritto e musica, sentenze in forma di ballata, Napoli ed il Molise, Domenico Iannacone e Massimo Sensale nella nuova puntata di queste storielle minime, minime fino a un certo punto perché sono pur sempre…

le Short Stories di Studio Cataldi!

Frammenti: le Short Stories di Studio Cataldi - puntata n. 19

Molise tra la Torella del Sannio di Domenico Iannacone e Montagano

Molise: dalla Torella del Sannio di Domenico Iannacone a Montagano la strada è davvero breve, anche se non ci sono mai stato.

Montagano è - come apprendo dal profilo Facebook del mio amico che tra un attimo vi presenterò - «un piccolo centro di prorompente bellezza con un panorama mozzafiato a 360°… domina la valle del fiume Biferno che dai monti del Matese porta al mare (Boiano - Termoli)»; credo che la descrizione sia frutto della penna di Paolo Iacopino, che compare tra i contatti social montaganesi.

Mi aiuto con lo stradario del Touring che mi è particolarmente caro perché me lo regalò mio suocero Pippo, maestro in tutti i sensi, non solo elementare.

In pratica, Torella e Montagano sono sulla medesima tavola del Touring, poco più a nord rispetto a Campobasso, all'altezza della Strada Statale n. 647 chiamata comunemente «Bifernina».

Ci eravamo lasciati con la televisione viandante, con il giornalista che si pone di lato e fa parlare i protagonisti, che siamo noi viventi. Senza pregiudizi. Senza giudicare.

Un alieno si aggira per la tv ed ha, come scrive Beatrice Dondi, "la faccia buona di Iannacone, che guarda senza scrutare, ascolta senza puntualizzare mai, annuisce senza giudizio, regala autostrade di relazioni ed empatia, sradicando di punto in bianco l'insulso dualismo buoni-buonisti a cui la televisione che generalmente non sa dove andare si aggrappa neanche fosse l'ultimo filo dell'equilibrista" (L'Espresso del 9 dicembre 2019, "Ma che ci fa in questa tv Domenico Iannacone?").

Il lido Mappatella

"Ianna" è l'artefice della trasmissione tv «I dieci comandamenti»: la puntata intitolata «L'altro mare», splendido montaggio di Igor Francescato, è l'affresco della gente comune che popola il Lido Mappatella, la spiaggia più popolare di Napoli, è il «Lido tre scalini», vicino eppure lontanissimo dai lidi esclusivi della città per me più bella del mondo.

Napoli è nelle mie vene; mio nonno materno era di Nola, nonna irpina; mio zio era cancelliere capo della Pretura di Salerno; del resto, a pag. 79 del delizioso libro che sto per menzionare si legge la dedica a Margherite Yourcenar, «Memorie di Adriano»: «il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi».

Il mondo partenopeo pullula di "mappatelle", eppure "bisogna viaggiare leggeri, non come quando partivamo per la lunga villeggiatura caricando in macchina l'intera casa, stipata in un milione di mappatelle" (come si legge a pag. 25 del testo di cui alla fotina di presentazione).

La "villeggiatura", non le vacanze o le ferie. Tutta un'altra cosa.

Ed è paradossale che dal molisano Domenico Iannacone che non giudica mai arriviamo finalmente a Montagano da una persona che di mestiere giudica, Massimo Sensale.

Massimo Sensale in viaggio nella sua meravigliosa geografia interiore

Un giorno di qualche anno fa mi arriva un provvedimento dalla Collega Mirella Marchione; talvolta l'Avv. Marchione aveva scritto alla mia... storica rubrica «Posta e Risposta» che tengo da anni su queste colonne virtuali ed io le avevo dato spazio.

Quel provvedimento è di un giudice della Sezione Persona, Famiglia, Minori della Corte d'Appello di Napoli e si capisce, dalla padronanza assoluta delle questioni giuridiche, che sono decenni che rende giustizia e scrive sentenze (quello era un decreto, per la precisione).

Il ragionamento giuridico incastonato in una bella frase: si può fare.

Vi assicuro possono ancora coesistere nell'era delle corbellerie dilaganti del «piuttosto che» usato in modo ribaltato («preferisco mangiare la pasta piuttosto che la carne» per i gestori della neolingua equivale a dire che mi è indifferente cibarmi dell'una o dell'altra) e del famigerato e temibile «reato penale» che penso sia molto più grave di un reato sic et simpliciter, insomma un reatuccio all'acqua di rose.

La frase di Massimo, però, mica è ampollosa, anzi è… sfrondata, sobria ed è essenziale; niente trucchi da quattro soldi ci insegna Raymond Carver nei suoi consigli per scrivere onestamente.

E sto vergando queste noticine ancora sommerso dalle tonnellate di retorica della clausura da Covid-19, tra le prediche di politici incompetenti e di virologi cattedratici che si pavoneggiano a tutta ruota e si parlano addosso con modalità comunicative che suonano inaccettabili.

E allora veniamo al dunque.

La cosa più lieta che mi è accaduta in questo periodo grondante mestizia ed apprensione è stato leggere il superlativo taccuino di «Appunti di geografia interiore» di Massimo Sensale, Volturnia Edizioni, 2019, che sono proprio - come il titolo in anglismo di questa rubrichetta - dei racconti brevi; per lo più è proprio Montagano il palcoscenico dei ricordi dell'Autore, con magistrali prefazione e postfazione rispettivamente di Angela Vitullo e Marcello Carlino.

Il papà di Massimo vi iniziò da pretore (la figura di magistrato che ho apprezzato di più, la più completa e versatile) la brillante carriera togata ed «ha sempre detto che i suoi anni migliori furono quelli da pretore di Montagano. Diceva sempre… che i molisani in generale e i montaganesi in particolare sono la gente migliore che abbia conosciuto nella vita. L'ha detto tante volte che alla fine me ne sono convinto anche io».

La foto di copertina del libro - Golfo di Napoli e Chiesa del SS. Nome di Maria a Montagano (CB) - è un'elaborazione grafica di cartoline postali dei mitici anni Sessanta, cover design di Tobia Paolone.

L'immagine sintetizza (icasticamente!) le origini partenopee di Massimo Sensale ed il luogo dei suoi appunti interiori.

Sentenze come sinfonie di Beethoven

Ho gustato la raccolta di racconti in compagnia della sensibilità zampillante, anche autoironica, dell'Autore tenendo costantemente accanto a me il volumetto del Mulino «Interpretare» scritto a quattro mani nel 2016 dal violoncellista Mario Brunello e dal professore di diritto costituzionale (già presidente della Consulta) Gustavo Zagrebelsky.

Anche sugli scaffali della biblioteca i libri vanno avvicinati soltanto se sono compatibili e in armonia, altrimenti bisticciano.

Il dialogo tra un musicista e un giurista (law as music) si presta benissimo ad accompagnare le pagine di Massimo che adora la musica, ricambiato (dalla musica medesima).

«Diritto e musica furono le due passioni di mio padre, all'ombra delle quali crebbi fin da bambino. Quanto fossero connesse, nel suo immaginario, lo compresi tanti anni dopo, quando una mattina, a colazione, ci raccontò di aver sognato di esser stato al San Carlo per assistere alla prima esecuzione assoluta di una nuova sinfonia di Giuseppe Scanzano».

La cosa curiosa è che il Dott. Scanzano non era - come sulle prime avrete dedotto - un compositore di fama, bensì «un suo collega alla prima civile della Cassazione, quello che stimava di più».

«Le sentenze di Peppino» - diceva - «sono come le sinfonie di Beethoven: la stessa struttura solida e necessaria, la stessa asciutta compiutezza, non una parola in più o in meno, non una frase fuori posto, in una concatenazione ineluttabile di proposizioni».

Se vi confido che, con cadenza quotidiana, il mio adorato Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina, in acronimo CDD, l'Avv. Gianni Marasca, mi ha regalato l'esecuzione di un pezzo di musica di qualità (Fabrizio De Andrè e dintorni), vi descrivo un lato piacevole del mio lockdown.

Del resto, «la contiguità culturale tra diritto e musica è fatto antico, se solo si pensa ai nomoi cantati come strumento di risoluzione delle liti in diverse comunità aborigene…».

E così grazie a Massimo Sensale, di professione giudice e mio… fratello di latte, me ne sono stato nel piacere totale della lettura «quando la lettura è per noi l'iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire»: Marcel Proust, «Del piacere di leggere» apparso per la prima volta il 15 giugno 1905 (la mia è un'edizione del 2007 di Passigli Editori).

Risentirete trattare su queste pagine, effimere come il web, di Massimo sia perché è affidata alle sue cure la raffinata e colta Rivista giuridica "Nuova Temi Ciociara" con i preziosi disegni da litografie di Honoré Daumier (arguto illustratore del giornale satirico "Le Charivari" che chiuse i battenti nel 1893 dopo decenni di rischi di censura) del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Frosinone, sia per la vocazione da pendolare lungo la tratta ferroviaria Napoli-Frosinone, il treno, «la mia casa errante».

Fabio Stassi, Osvaldo Soriano, Maradona, «El Trinche»

E chiederò allora aiuto ad un altro ospite del mio personale Pantheon, Fabio Stassi.

Siciliano d'origine, classe 1962, Fabio vive a Viterbo e lavora a Roma da bibliotecario, «Federico Chabod».

Scrive divinamente… nei regionali dei pendolari: «il mio treno parte alle 6 e 06. Quattro carrozze, due nel gelo e due riscaldate sempre troppo o troppo poco…».

Come ti regoli, Fabio, con il gomito del viaggiatore?

Viaggiare aiuta a superare i pregiudizi, «ma qualsiasi viaggio da soli comincia con un momento di discriminazione: dopo esserci seduti… guardiamo quelli che avanzano nel corridoio e dentro di noi scegliamo chi preferiremmo come vicino. E' un monologo interiore che non conosce il politicamente corretto: fa che non capiti… quella donna con un bambino frignone… quell'uomo sudato che non vede l'ora di raccontare a tutti la sua vita…».

E' un passo di un racconto di Eliezer Budasoff, narratore argentino che scrive su «Etiqueta Negra», Perù, ma che ho letto su «Internazionale» del 29 luglio 2016.

Fabio Stassi è un personaggio che sarebbe piaciuto ad Osvaldo Soriano.

Ah, Fabio, giusto che ci sono so di rattristarti ma non posso non comunicarti che se n'è andato per sempre «El Trinche», praticamente astemio ma con questo buffo apelido, morto l'8 maggio 2020 in un ospedale di Rosario, Argentina.

Ucciso per rubargli la bici da un balordo che ha visto solo un viejo di 74 anni e non il più grande calciatore di tutti i tempi.

Era figlio di un croato trapiantato a Rosario dopo la crisi del 1929 a cercare fortuna in Argentina: all'anagrafe faceva Tomas Felipe Carlovich, ma per noi malati di futebol è stato per sempre «El Trinche» del sombrero, che equivale a far passare la pelota sopra la testa dell'avversario.

Me lo disse Diego Armando Maradona mentre palleggiava con un'arancia davanti ad un hotel di Macerata: «per me è il più grande di tutti».

(Ritengo che vedere palleggiare El Pibe de Oro sia stato uno spettacolo equivalente alla visione del Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino per cui Antonio Canova dichiarò che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere l'autore di un tale capolavoro).

E se lo afferma chi è universalmente il più grande…

Jorge Valdano, campione del mondo ed attaccante fenomenale con la selección albiceleste nel 1986, ha dichiarato: «El Trinche è stato l'espressione di un calcio romantico e divertente che ormai non esiste più». Se volete godere della prosa di Jorge Valdano, "Il sogno di Futbolandia", Oscar Mondadori, 2004, fa per voi purché cominciate dalle ultime due righe: "vorrei che coloro che mi hanno insegnato a sognare sapessero che io continuo a farlo. E che non ho intenzione di smettere".

Il suggerimento lo dà Gianni Mura nell'incipit della prefazione.

Sbarcato al Cosmos di New York Pelè provò a convincere El Trinche a trasferirsi nel soccer made in Usa. Niente, la grana non lo attirava: «sono felice così, con la mia gente che mi vede passare in bici (n.d.r.: aveva regalato l'auto al figlio, se non ricordo male) da un barrio all'altro e mi saluta e mi ringrazia perché ricorda».

Hasta siempre Trinche, di Rosario come un tale Ernesto Che Guevara.

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