Patente di qualità per colf, badanti e baby sitter. Competenze certificate per contrastare il lavoro nero che raggiunge percentuali elevate nel settore

La norma Uni 11766

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Patente di qualità per colf e badanti. Le competenze vengono certificate da una norma tecnica. In questo modo si può contrastare il lavoro nero nel settore che, secondo i dati raccolti, provoca un mancato gettito alle casse dello Stato pari a 3,1 miliardi di euro. Vediamo come funziona e come si può ottenere la certificazione.

Le regole, dal 12 dicembre 2019, sono disciplinate dalla norma 11766 dell'Uni (ente italiano di normazione che elabora e pubblica documenti normativi volontari in tutti i settori commerciali, industriali e del terziario). Esse si si riferiscono ai requisiti relativi all'attività professionale dell'assistente familiare: collaboratore familiare (colf), baby sitter, badante. I requisiti vengono specificati, a partire dai compiti e dalle attività specifiche identificati, in termini di conoscenza, abilità e competenza in conformità al Quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework - EQF) e sono espressi in maniera tale da agevolare i processi di valutazione e convalida dei risultati dell'apprendimento. La norma non si applica alle attività e alle professioni sanitarie e socio-assistenziali regolamentate.

Come ottenere la patente di qualità

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La patente di qualità per badanti, colf e baby sitter è un attestato che certifica le competenze nel lavoro domestico e nelle mansioni per le quali si viene assunti, che può essere inserito nel curriculum.

Per ottenere la patente di qualità si dovranno affrontare due prove, una prova scritta e una orale, in modo che siano riconosciute ed attestate: conoscenze; abilità e competenze.

I requisiti

Per sostenere l'esame sono necessari i seguenti requisiti:

- conoscenza base della lingua italiana;

- attestato di partecipazione a un corso di formazione che abbia la durata di 40 ore per le colf e di 64 ore per badanti e baby sitter.

- un regolare contratto di lavoro domestico per almeno 12 mesi nel triennio.

Nello specifico:

- la colf deve saper fare la raccolta differenziata, conoscere i prodotti per la pulizia della casa, saper leggere le etichette degli stessi e come conservarli in modo sicuro;

- la badante aiuta l'anziano non lo sostituisce (quindi lo accompagna nelle attività quotidiane), conosce la città e i mezzi pubblici, guida con prudenza, non adotta comportamenti rischiosi, sa gestire e affrontare le situazioni di emergenza, ha una lista di numeri da chiamare e sa somministrare i medicinali;

- la baby sitter di occuparsi di tutto ciò che concerne la cura del bambino, l'igiene e la pulizia e la preparazione dei pasti.

Al termine dell'esame l'ente accreditato rilascerà la patente di qualità con cui colf, badanti e baby sitter potranno presentarsi dai potenziali datori di lavoro e chiedere un contratto regolare.

Inoltre, come sottolinea Alessandro Lupi, vice presidente Assindatcolf e vice presidente Ebincolf, Ente Bilaterale del comparto che insieme alle parti sociali ha promosso la normativa, gli aspiranti alla patente di qualità avranno «l'obbligo di sottoscrivere un codice deontologico: 9 regole di comportamento da tenere in casa, a partire dal rispetto della privacy della famiglia».

Un'arma in più contro sfruttamento e lavoro nero

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Su più di 2 milioni di lavoratori impegnati a lavorare come colf, badanti o baby sitter, 800mila sono regolari ma gli irregolari sono ben 1,2 milioni: sei su 10. Una situazione che provoca un mancato gettito alle casse dello Stato pari complessivamente a 3,1 miliardi. Secondo Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos «Oltre 2 milioni e mezzo di lavoratori stranieri in Italia, i quali rappresentano un decimo di tutti gli occupati nel paese, sono troppo spesso schiacciati in lavori di basso profilo sociale, sebbene irrinunciabili per il nostro sistema socio-economico, e caratterizzati da fatica, precarietà, esposizione al rischio d'infortuni e sotto-retribuzione». Nello specifico solo 7 su 100 hanno impieghi qualificati, mentre ben 2 su 3 svolgono professioni di basso livello professionale. «Il lavoro domestico - prosegue - che impiega oltre il 40% delle lavoratrici immigrate, è forse il caso più paradigmatico, conoscendo anche ampie sacche di lavoro in nero, abusi e pesanti sacrifici sulla vita familiare e sociale delle donne nate all'estero che vi sono impiegate. Questa normativa promuove la qualificazione dei lavoratori domestici e certifica, così, la qualità del loro servizio alle famiglie, rappresentando un'occasione importante per dare il dovuto riconoscimento professionale ai lavoratori».

«Solo garantendo percorsi di formazione e di certificazione professionale specifici - concludono Lupi e Di Sciullo - si sostengono le famiglie e si aiutano i lavoratori. Un passo fondamentale per conferire al comparto la dignità che merita».


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