Signorini: «Le lacune del procedimento che porta all'allontanamento dei minori si ravvisano in tutti i tribunali d'Italia anche a Mantova»

di Gabriella Lax - Quello di Bibbiano, triste e famoso, è stato un caso isolato? A questo interrogativo si è cercato di dare risposte nel convegno dal titolo "Sulla pelle dei bambini. Bibbiano caso isolato? Il sistema degli affidi dei minori italiani", che si è svolto nella sala degli stemmi a Mantova. Sono intervenuti l'avvocato Camilla Signorini, il giornalista Francesco Borgonovo, Roberto Archi ex preside, assessore alla cultura nel comune di Roncoferraro, ha moderato Ronni Bottazzi. Sulle risultanze del convegno abbiamo ascoltato l'avvocato Camilla Signorini, con la quale, più volte abbiamo approfondito temi delicati che toccano i bambini come la web baby reputation.

Bibbiano è un caso isolato? Il convegno

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Sul tema il giornalista Borgonovo ha scritto un libro "Bibbiano, i nuovi mostri" in cui ha cercato di ripercorre la sequela giudiziaria dell'inchiesta "Angeli e demoni". Secondo la Signorini quello di «Bibbiano è un caso che è esploso a Bibbiano, ma che le lacune del procedimento che porta all'allontanamento dei minori si ravvisano in tutti i tribunali d'Italia, anche a Mantova».

Allontanamento dei bambini, il problema non è dei tribunali ma normativo

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Secondo il legale però «Il problema non è dei tribunali ma normativo poichè la relazione dei servizi sociali è, di fatto, l'unico strumento su cui il giudice si basa per disporre gli allontanamenti dei minori». La Signorini parte da una riflessione: «non trovo corretto dal punto di vista metodologico che ci sia questa fiducia totale nella relazione degli assistenti sociali e una sfiducia in quello che dicono i genitori durante le indagini e durante i processi- perché sovente accade che - le assistenti sociali non sono sempre persone qualificate sufficientemente né sul piano lavorativo né sul piano personale: ci troviamo di fronte ad assistenti sociali giovani che decidono sul futuro dei bambini e che non sono madri, che non si sono costruite una famiglia, che un bambino proprio non lo hanno mai avuto e quindi non possono comprendere fino in fondo la portata della valutazione che stanno facendo». E poi c'è il rimbalzo di responsabilità perché «Spesso le assistenti sociali si servono a loro volta di educatori, i quali a loro volta si servono di altre figure, l'assistente domiciliare, la persona che va a fare i compiti a casa del bambino e che non ha nessuna qualifica professionale per operare all'interno di problematiche di minori». Figure che poi finiscono con l'avere un peso rilevante perché, pur non avendo potere, «riescono a scrivere due righe, ad infilare due pensieri nelle relazioni che dovrebbero essere unicamente stese dai servizi sociali, usando parole quali "disagio", "forte conflittualità tra i genitori", "situazione di indigenza" che accendono l'allarme del giudice e che purtroppo spesso si concludono con un allontanamento dei bambini».

«Bambini maltrattati, l'indagine deve essere rigorosa»

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Insiste poi la Signorini: «Allora la conflittualità tra i genitori non può essere un elemento sufficiente per allontanare un bambino. Il bambino che viene allontanato deve essere quanto meno un bambino maltrattato e i bambini maltrattati naturalmente esistono, ma bisogna che l'indagine sia rigorosa, non ci possiamo basare su un disegno che fa il bambino o su altre considerazioni psicologiche eteree, ci vogliono degli elementi concreti». In altri casi, sottolinea l'avvocato, succede che «il genitore si rivolge all'assistente sociale cercando aiuto e questa situazione si trasforma in una indagine e si conclude con un provvedimento di allontanamento». Viene sottovalutato il fatto che «i decreti di allontanamento devono essere temporanei e provvisori, in realtà, sovente si calcificano in provvedimenti che durano anni e quindi anche le tempistiche di queste relazioni periodiche che il giudice ordina sono troppo distanti nel tempo. Non ci può essere una relazione ogni tre mesi perchè se in quel periodo il bambino ha recuperato la sua condizione di disagio o se il genitore si è fatto più responsabile quel tempo saranno tre mesi persi e nessuno restituirà a quel bambino allontanato i tre mesi con la sua famiglia». Nel momento in cui ci si rivolge agli assistenti sociali «bisogna stare molto attenti perché si mette in moto un meccanismo che diventa inarrestabile». Ultima triste notazione è che « in alcuni casi i bambini nelle comunità vengono sedati con psicofarmaci per tenerli più tranquilli perché sono tanti. Anche qui si tratta di errori di metodo: quando il giudice allontana il minore e lo affida ai servizi sociali delega ai servizi la facoltà di decidere sulle cure farmacologiche senza ottenere il consenso dei genitori quindi cosa accade? il genitore che nella maggioranza dei casi non ha perso la potestà genitoriale comunque non sa nemmeno che ai suoi figli vengono somministrati farmaci e questo non è giusto». In conclusione, afferma la Signorini «I bambini maltrattati esistono e in questo casi è interesse del minore venire affidato a un'altra famiglia però l'indagine deve essere rigorosa. Gli avvocati devono essere lasciati parlare, a noi avvocati viene tolta la parola e, ogni volta che si toglie la parola ad un avvocato, si toglie la parola e la libertà ad un bambino».


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