Le Sezioni Unite della Cassazione si sono confrontate con la legittimità della ripubblicazione di una notizia diffusa in passato senza contestazioni

di Valeria Zeppilli - Il diritto di cronaca e il diritto all'oblio si pongono spesso su due piani diversi e conflittuali e non sempre è agevole decretare quale di essi debba prevalere.

In queste occasioni diviene di fondamentale rilievo l'apporto della Corte di cassazione, che, nello svolgimento del proprio ruolo nomofilattico, fornisce agli interpreti delle importanti linee guida.

A tale proposito non può non essere segnalata la sentenza delle Sezioni Unite numero 19681/2019 (qui sotto allegata), che si è soffermata sulla questione della legittimità della ripubblicazione di una notizia del passato, già diffusa anni prima senza alcuna contestazione.

Rievocazione storica

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In un simile caso, per i giudici, ci troviamo in realtà di fronte non al diritto di cronaca, quanto, piuttosto, al diritto alla rievocazione storica dei fatti. Del resto, l'etimologia del termine critica è da rinvenire nella parola greca che indica il tempo, con la conseguenza che "si tratta di un diritto avente ad oggetto il racconto, con la stampa o altri mezzi di diffusione, di un qualcosa che attiene a quel tempo ed è, perciò, collegato con un determinato contesto".

Di conseguenza, a meno che non intervengano elementi nuovi che rendano una notizia del passato nuovamente attuale, il diffonderla nel presente non è altro che estrinsecazione di un'attività storiografica alla quale non può essere attribuita la stessa garanzia costituzionale prevista per il diritto di cronaca.

La rievocazione deve essere anonima

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Sebbene anche la storia sia un'attività preziosa, la sua distinzione rispetto alla cronaca determina la necessità che essa, a meno che non riguardi personaggi che hanno rivestito o rivestono un ruolo pubblico, si svolga in forma anonima, dato che l'interesse a conoscere un fatto non necessariamente implica un interesse analogo a sapere chi abbia effettivamente compiuto quel fatto.

Pertanto, a fronte del diritto di una testata giornalistica, pacifico, a ripubblicare una certa notizia, ciò che è comunque possibile verificare ed eventualmente sindacare è se sussista o meno un interesse qualificato a che tale notizia venga diffusa con riferimenti precisi alla persona che di essa fu protagonista in passato.

Il trascorrere del tempo

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Per le Sezioni Unite, quindi, "il trascorrere del tempo modifica l'esito del bilanciamento tra i contrapposti diritti e porta il protagonista di un fatto … - che nessun diritto alla riservatezza avrebbe potuto opporre nel momento in cui il fatto avvenne - a riappropriarsi della propria storia personale".

Si tratta, in altre parole, del "diritto al segreto del disonore", del quale la stessa Corte parlava già molti anni fa.

La vicenda

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Nel caso di specie, un quotidiano aveva ripercorso diciannove omicidi particolarmente efferati del passato e, nel farlo, aveva riportato i nomi e i cognomi dei protagonisti, rendendo così il colpevole facilmente individuabile.

Quest'ultimo aveva quindi invocato il proprio diritto all'oblio, anche per non compromettere il lungo percorso di riabilitazione compiuto nei ventisette anni che separavano la prima dalla seconda pubblicazione.

Per la Corte di cassazione, si tratta di una richiesta che deve essere accuratamente valutata e che va decisa tenendo conto di tutte le indicazioni fornite con la sentenza in commento.

La pronuncia che la ha rigettata va quindi cassata con rinvio.

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Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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