Per la Cassazione il pedone avrebbe dovuto osservare una maggiore prudenza nell'attraversamento, ma lo stato di ebbrezza glielo ha impedito

di Lucia Izzo - È prevalentemente del pedone la colpa dell'incidente che lo ha visto coinvolto laddove questi, al momento dell'attraversamento della strada, non illuminata e in un'ora buia, era in strato di ebbrezza e non ha osservato la necessaria prudenza. Sull'automobilista, invece, pesa la velocità eccessiva che non gli ha consentito di evitare l'impatto.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 29254/2018 (qui sotto allegata) con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo volto a ottenere il risarcimento dei danni a carico dell'assicurazione e del conducente dell'auto che lo aveva investito.


Tuttavia, i giudici di merito ritenevano prevalente il concorso di colpa della vittima ed è su questo punto che si concentra il ricorso, ma senza successo.

Pedone investito ubriaco? Prevalentemente sua la colpa dell'incidente

La Cassazione sposa la conclusione della Corte territoriale ritenendo che questa abbia motivato con accuratezza e illustrato dettagliatamente le ragioni per le quali ha ritenuto di attribuire la responsabilità del sinistro in misura dei tre quarti a carico del pedone e del residuo quarto a carico del conducente investitore.


Al momento del sinistro il pedone era ubriaco, come accertato da testimoni e anche dai sanitari presso l'ospedale dove questi era stato condotto subito dopo il fatto.


Inoltre, la vittima avrebbe dovuto attraversare la strada provinciale, buia e priva di illuminazione, con la massima prudenza che, evidentemente, non era stata osservata proprio a causa della situazione di ubriachezza.


Per contro, anche a carico del conducente residuava una quota di responsabilità, posto che egli aveva tenuto nell'occasione una velocità verosimilmente elevata e, pur avendo avvistato la vittima, non era riuscito ugualmente ad evitare di investirla.


A fronte di simile ricostruzione, conclude la Corte, sono inammissibili le doglianze che puntano a ottenere in Cassazione un nuovo e non consentito esame del merito.

Cass., VI civ., ord. 29254/2018

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