di Carlo Casini - La pesca sportiva è un'attività che trova la necessità di essere regolata principalmente per due ordini di motivi: la tutela ambientale dell'ecosistema marittimo e la sicurezza dei pescatori e dei bagnanti.
Le norme che disciplinano questa attività sono il D.P.R. del 2 ottobre 1968, n°1639; e la Legge del 14 luglio 1965 n. 963, a queste norme si aggiungono i regolamenti delle aree protette o i provvedimenti delle Capitanerie di Porto, che possono imporre ulteriori previsioni locali.
Cerchiamo di sintetizzare le previsioni normative che prevedono le limitazioni più importanti e le relative sanzioni in caso di inottemperanza.
Disciplina e regole principali della pesca sportiva
L'art. 128bis prevede che la pesca sportiva è consentita solo in apnea, non c'è la possibilità di utilizzare strumenti di respirazione, salvo per finalità diverse dalla pesca (es. escursione fondali) ma non si può congiuntamente utilizzare apparecchi e fucile per una attività di pesca ittica subacquea. Inoltre per il pescatore sportivo è vietato raccogliere coralli o molluschi e crostacei (salvo eccezioni).
Prosegue l'art. 129 detto anche articolo delle "distanze", poichè prevede: a)divieto di pesca a distanza inferiore ai 500 metri da spiagge frequentate da bagnanti b) divieto di pesca a distanza inferiore di 100 metri da impianti fissi di pesca e reti da posta c) divieto di pesca a distanza inferiore a 100 metri dalle navi ancorate fuori dai porti d) divieto di pesca nelle zone di regolare transito di uscita e entrata nei porti e zone di ancoraggio e) divieto assoluto di pesca dal tramonto al sorgere del sole (cioè c.d. pesca subacquea notturna).
L'art. 130 invece assolve agli obblighi di segnalazione della posizione a cui deve necessariamente ottemperare per la sua salute il pescatore sub. In immersione quest'ultimo ha l'obbligo di segnalarsi con un galleggiante recante bandiera rossa con striscia diagonale bianca, visibile ad una distanza non inferiore a 300 metri. Se il pescatore è accompagnato da mezzo nautico di sussidio la bandiera deve essere issata sul mezzo nautico e il pescatore deve mantenersi nel raggio di 50 metri dalla imbarcazione nella sua attività di pesca, comportando per i mezzi nautici in transito di non passare a meno di 100 metri dall'imbarcazione che segnali la presenza di un pescatore in attività nelle modalità sopra descritte.
E' bene ricordare che il pescato non può mai essere oggetto di commercializzazione senza incorrere in sanzioni, in alcuni casi anche molto aspre, perciò si consiglia di regalare il pesce qualora questo fosse in eccesso rispetto al fabbisogno personale o familiare.
L'uso del fucile è vietato per i minori di anni sedici. Risponde di incauto affidamento chi affida un fucile, se all'affidamento segue l'uso, in mano ad un soggetto incapace o minore di sedici anni.
Passiamo ora in rassegna l'art. 142 che pone limitazioni alla cattura dei pesci sotto un profilo qualitativo e quantitativo: massimo 5 kg al giorno (salvo il caso di un singolo pesce che superi i 5 kg), con limitazione per la specie della Cernia, qualsiasi sottospecie, ad una cernia sola qualsiasi sia la specie e il peso (per tutelarla dal rischio di estinzione ovviamente), vi sono poi delle normative ausiliari esterne alla norma in oggetto che impongono misure minime di taglia per le specie ittiche di maggior interesse venatorio e commerciale data la mancanza di scrupoli di alcuni pescatori che non permettono la regolare riproduzione dei pesci.
Le sanzioni pecuniarie e la responsabilità penale
E' bene sottolineare, che anche in caso di pesca subacquea professionale è vietato l'abbinamento di bombole e fucile, l'unica attività di pesca permessa con le bombole, anche a livello professionale, è quella espletata utilizzando solo coltelli, retini e rastrelli.
Chiunque, a qualsiasi titolo, intraprenda un' attività di pesca con l'abbinamento delle bombole al fucile (anche semplici fiocine) si macchia di bracconaggio e le conseguenze possono essere di due tipi a seconda della gravità della violazione commessa: sanzioni amministrative pecuniarie (in caso di violazioni gravi anche di importi molto elevati) e in alcuni casi, anche una responsabilità penale.
Inizialmente, la fattispecie che incriminava penalmente chi si macchia di bracconaggio nei suoi casi più gravi è il furto aggravato ai danni dello Stato, a cui si è approdati grazie al contributo interpretativo della Suprema Corte di Cassazione.
La linea giurisprudenziale trae origine da una nutrita serie di pronunce della Corte negli anni '80 sotto la disciplina previgente prevista dalla L. n.968 del 1977, la quale all'art. 1 prevedeva che la cattura di esemplari appartenenti a specie di fauna selvatica al di fuori delle condizioni e limiti stabiliti dalla normativa venatoria configurava il reato di furto aggravato ai danni dello stato, a cui appartiene la fauna selvatica quale "patrimonio indisponibile" tutelato nell'interesse della collettività [cfr. art. 826 c.c.].
Anche la Corte Costituzionale con la sentenza 97/1987 aveva escluso ogni rapporto di specialità (ai sensi dell'art.9 della legge n. 689/1981) fra sanzioni amministrative di cui alla legge 968/1977 e le disposizioni del codice penale a tutela della proprietà.
Il legislatore poi nel 1992 con la Legge n. 157 da deciso di superare tale orientamento giurisprudenziale, prevedendo esplicitamente con l'art. 30, 3° co. che: "Nei casi di cui al co. 1 (cioè le violazioni alle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali) non si applicano gli articoli 624,625 e 626 del codice penale".
Analoga disposizione è contenuta nell'art. 31 co. 5 circa le sanzioni amministrative che puntualmente ripete: "Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano gli art. 624,625 e 626 c.p.".
Anche se è innegabile l'abolitio criminis operata dal legislatore, un filone giurisprudenziale continua a ritenere astrattamente configurabile il reato di danneggiamento previsto dall'art. 635 del codice penale, altri quelli previsti dagli art. 544-bis e 544-ter relativi alla uccisione e al maltrattamento di animali.
La Cassazione in particolare con due sentenze, (Sez. IV, 11 agosto 2004, n.34352 e la più recente Sez. III, 28 gennaio 2015, n. 3930) ha dimostrato di non condividere l'intervento del legislatore preferendo nei casi più gravi collocare la responsabilità in chiave penale, viste le sanzioni più incisive, ben più adatte al disvalore oggetto di rimprovero.
Da ultimo la Cassazione Penale, Sezione V, n. 12680 del 25 marzo 2015, riprende l'indirizzo precedentemente maturato sulla fattispecie di furto aggravato ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato, adatta soprattutto per il caso di attività illecita svolta in assenza di licenza.
Giudizio di valore: la necessaria tutela dell'ambiente
Al termine di questa breve ricostruzione di tutte le principali informazioni necessarie per chi voglia intraprendere serenamente un'attività di pesca subacquea senza il rischio di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge (alle quali, aggiungo il consiglio di fare richiesta on line sul sito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di un permesso di pesca sportiva e ricreativa, ai sensi del decreto MIPAAF del 6 dicembre 2010), è bene pure svolgere una piccola riflessione largamente condivisibile:
La pesca e la caccia sono attività rischiose, sia per l'incolumità di chi le pratica, sia per i soggetti terzi, ma soprattutto per il nostro ambiente.
L'attività deve essere improntata perciò non all'insegna del mero divertimento ma della responsabilità.
Condividere correttamente questa attività e questo insegnamento con i più giovani, può portare ad una maggiore educazione e sensibilità all'argomento, da sempre trascurato in Italia, tanto da imporre allo Stato di adottare sanzioni repressive-punitive.
Siamo noi i consumatori e allo stesso tempo i guardiani delle nostre coste, delle nostre foreste e della nostra fauna, perciò è a noi che tocca in primis rispettarla e tutelarla.
Questo perchè, intaccando ulteriormente questo nostro già menomato sistema ambientale, si consegna ai nostri figli e più in generale ai nostri successori un mondo sempre più alterato dalla sua originaria perfezione e il fisiologico culmine di un tale approdo non può essere che una Apocalisse.
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