Quando una pubblicità può essere definita "ingannevole"? Quale il discrimen tra lecito ed illecito? Il caso della cioccolata Buonissima L'Angelica

Avv. Elisabetta Roli - In tempi recenti il Comitato di Controllo dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, con l'ingiunzione n.10/2018 del 26.1.2018, ha ritenuto contrastante con i principi della correttezza della comunicazione commerciale la pubblicità della cioccolata Buonissima di marchio L'Angelica di Coswell SpA.

Ingannevole, infatti, sarebbe il messaggio "la Cioccolata che fa benissimo, è Buonissima", apparsa su Corriere della Sera del 21 novembre 2017 così come assolutamente fuorviante per il pubblico dei consumatori sarebbe la classificazione di "cioccolata funzionale" disponibile in gusti diversi in relazione al risultato cercato: "Buonumore", "Linea e Bellezza", "Memoria e funzioni cognitive", "Tono ed Energia".

Non solo. Anche il riferimento a "piacere senza rimorsi" e l'indicazione della garanzia di "protezione per i tuoi denti" offerta dal prodotto pubblicizzato renderebbero inaccettabile un simile spot in forza del carattere eccessivamente perentorio della comunicazione.

Ancor di più alla luce della dichiarata presenza, all'interno del prodotto, di non trascurabili quantità di saccarosio e altri tipi di zucchero, rilevanti e notorie cause dell'insorgenza della carie dentale ed indiscutibilmente contrastanti con le raccomandazioni delle autorità circa la riduzione del relativo consumo.

Pubblicità: il decreto legislativo n. 145/2007

Secondo i principi normativi fissati dal D.Lgs. n.145/2007 (in attuazione della direttiva 2005/29/CE), per pubblicità si intende: "qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi" (art. 2).

Per sua natura la pubblicità enfatizza e sottolinea gli elementi salienti e tipizzanti del prodotto o servizio cui si riferisce, ponendo l'accento sulle note positive dei medesimi per catturare l'attenzione ed il favore del consumatore, di cui deve orientare l'acquisto.

Ed è inutile nascondere che pressochè tutti cresciamo con il monito degli adulti di non credere alle inveritiere promesse degli spot pubblicitari. Come un dato di fatto, la pubblicità è uno specchietto per le allodole, è questa, mi si passi il termine, la sua acquisita funzione.

Ma quando una pubblicità può essere definita ingannevole? E dove si troverebbe il discrimen tra lecito ed illecito?

Naturalmente, occorrerà fare riferimento a parametri certi e definiti, non potendo assurgere a criterio discriminatore circa la correttezza del messaggio pubblicizzato quel gradiente di soggettività in ambito di istruzione, educazione, diffidenza ed altro che caratterizza il variegato pubblico di consumatori.

La normativa stabilisce, dunque, i principi della trasparenza e gli elementi di valutazione della pubblicità, fornendo indicazioni specifiche ma pur sempre sottoposte a margini di soggettività in campo interpretativo.

Quando lo spot è ingannevole

Ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs n.145/2007, è ingannevole "qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico [...]".

E benchè si preveda una sorta di tutela rafforzata per le comunicazioni commerciali indirizzate a bambini e adolescenti per tutelarne inesperienza e credulità, è al consumatore medio, è evidente, che occorre guardare per fornire una protezione pregnante e davvero efficace.

Se, tuttavia, si incorre in spot evidentemente e manifestamente esagerati, inidonei per così dire a trarre in inganno il consumatore -al pari del falso grossolano, esulante dalle fattispecie di reato punibile dal codice penale a fronte della mancata attitudine ad offendere il bene giuridico- come considerarli?

Senza dubbio la pubblicità incriminata con l'ingiunzione suddetta si colloca al limite della correttezza, ma siamo davvero sicuri che il messaggio veicolato sia così fuorviante per il pubblico dei consumatori?

A parere del Comitato di controllo dello IAP, non vi sarebbero dubbi: è sufficiente il tono eccessivamente perentorio della comunicazione a rendere ingannevoli le informazioni/promesse/messaggi e a giustificare la censura, alla luce dei parametri normativi, dello spot della cioccolata Buonissima di L'Angelica.

Se la citata campagna ha avuto l'epilogo menzionato, la querelle tra pubblicità borderline e tirate di orecchie da parte delle competenti autorità, si sa, proseguirà inesorabilmente e senza arresto...d'altronde è proprio quel pizzico di inganno, quel "piacere senza rimorsi" che affascina il consumatore e che è la chiave del successo di un prodotto a cui le grandi aziende, ritengo, non intenderanno rinunciare con facilità.


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