Per il Tribunale di Cagliari l'accesso alla procedura è subordinato al requisito della meritevolezza

di Lucia Izzo - La procedura del piano del consumatore, introdotta dalla legge n. 3/2012 per agevolare il debitore civile non fallibile, presuppone che il consumatore sia "meritevole", concetto che comprende, tra l'altro, il non aver fatto ricorso alla procedura di indebitamento senza usare la normale diligenza. Il principio è valido anche laddove l'indebitamento sia stato determinato (rectius. facilitato) dalla condotta poco professionale dell'intermediario che non ha correttamente verificato il merito creditizio.


Lo ha precisato il Tribunale di Cagliari, nell'ordinanza 11 maggio 2016 (qui sotto allegata), resa in sede di reclamo avverso un provvedimento con cui il giudicante non aveva omologato il piano del consumatore presentato da una coppia di coniugi sovraindebitata.

Il giudice di primo grado aveva verificato la mancanza del requisito della meritevolezza, posto che i coniugi ricorrenti avevano sostanzialmente raggiunto il tetto massimo dell'indebitamento, e che ulteriori debiti non fossero più sostenibili o fossero assai difficilmente sostenibili. Ciononostante, i due avevano comunque contratto diversi debiti, non essendovi la ragionevole prospettiva di poterli adempiere.


I ricorrenti, invece, lamentano in sede di reclamo che il concetto di meritevolezza assunto dal primo giudice fosse eccessivamente restrittivo, presupponendo esso quale modello di riferimento il consumatore informato, quando, proprio per le finalità delle legge 3/2012, il modello dovrebbe essere quello di "una persona che non è in grado di gestire adeguatamente le risorse di cui dispone, il quale fa ricorso al credito sopravvalutando le proprie capacità patrimoniali".


Il Tribunale evidenzia, invece, che la scelta operata dal legislatore induce ad escludere anzitutto che la finalità della norma sia unicamente quella di offrire al debitore consumatore sovraindebitato una possibilità di soluzione della crisi mediante il sacrificio dei creditori.

A differenza dell'impresa in stato di insolvenza, prosegue l'ordinanza, assumono rilevanza le ragioni della crisi e la condotta del debitore: solo al debitore meritevole può essere concesso l'effetto esdebitatorio, mentre al debitore sovraindebitato non meritevole è precluso godere degli effetti del piano del consumatore, potendo egli ottenere l'effetto esdebitatorio solamente tramite l'accordo con i creditori o la liquidazione dei beni.


A differenza dell'imprenditore, il debitore consumatore non è soggetto al rischio d'impresa e dunque alla alterne fortune del mercato, ma solamente alla conseguenze delle proprie scelte di vita. Sotto questo profilo, è comprensibile la scelta del legislatore di introdurre una condizione di ammissibilità del rimedio in esame che involge valutazioni sulla riconducibilità del sovra indebitamento ad una condotta colpevole o meno del consumatore, a differenza di quanto accade nella disciplina fallimentare.


L'omologazione, secondo la disposizione citata, può essere concessa solo in caso il giudice escluda due circostanze: che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e che il consumatore abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per effetto di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.

Come osservato dal giudice gravato, la presenza anche di una soltanto di tali circostanze ostative sortisce un effetto paralizzante, imponendo al giudice il diniego dell'omologa.


Il riferimento soggettivo cui sembra rifarsi la norma è quello di una persona capace di fare una valutazione presente e futura sulla propria capacità economica in rapporto con i debiti che assume. Si tratta dunque di una figura vicina a quella del buon padre di famiglia, in grado di orientarsi nel mondo economico secondo orizzonti di normalità e buon senso.

La norma, dunque, per un verso, non assume a modello un soggetto particolarmente avveduto e previdente, né tuttavia pare riferirsi, come pretendono i ricorrenti, ad un soggetto ingenuo, incapace di orientare le proprie scelte secondo criteri razionali.


Ai sensi delle disposizioni richiamate dai ricorrenti (art. 124 bis del TUB e d.m. n. 117 del 3.2.2011) gli istituti di credito sono tenuti a fare una valutazione sulla capacità del debitore di restituire il prestito, sulla base della quale orientare la decisione di concedere o meno credito: tale norma è direttamente finalizzata alla tutela del sistema creditizio benché abbia anche una indiretta finalità di protezione del consumatore, impedendogli di assumere ingenti debiti per il consumo di beni.


La legge non ha preso in considerazione in maniera diretta, nel giudizio di meritevolezza, la condotta dei creditori, ma non ha tuttavia escluso che tale condotta, sviata rispetto ai canoni di buona fede e correttezza, possa incidere sulla valutazione della meritevolezza nel caso in cui abbia indotto in errore incolpevole il debitore.


È però opportuno evidenziare che la mancata valutazione da parte dell'istituto di credito del merito creditizio non assurge a motivo di discolpa del creditore. Infatti, il modello di debitore meritevole sopra accennato è quello di un soggetto mediamente in grado di capire il senso delle proprie scelte e di valutare in piena autonomia le conseguenze di un impegno economico, senza il bisogno che altri soggetti, ed in particolare il creditore, lo indirizzino e ne tutelino i diritti e gli interessi impedendogli di assumere un debito poiché eccessivo rispetto al proprio patrimonio.


Il legislatore ha in un certo senso bilanciato i contrapposti interessi: per un verso, ha ammesso ai benefici della legge soggetti anche non particolarmente avveduti ed oculati nella gestione del proprio patrimonio e per altro verso, ha ritenuto non rilevante e dunque neutra la condotta non collaborativa o inadempiente del creditore, a meno che questa, caratterizzata da mala fede, abbia offuscato la capacità del debitore di cogliere il senso dell'operazione economica, inducendolo ad assumere il debito nella ragionevole consapevolezza, rivelatasi poi erronea, di poterlo adempiere.


In altri termini, non può ritenersi meritevole di tutela il debitore che ha assunto debiti eccessivi rispetto alle proprie possibilità anche se il creditore non abbia frenato la sua propensione ad indebitarsi.

Ciò non esclude che la violazione dell'obbligo di valutare il merito creditizio, non direttamente sanzionato dalla legge, possa incidere sul singolo rapporto contrattuale ed essere utile al fine di riportare alla giusta dimensione l'indebitamento.

Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 maggio 2016

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