Come già affermato nel 2015, la tutela della certezza dei rapporti giuridici non permette di negare completamente tale facoltà

di Valeria Zeppilli - La pronuncia è arrivata: con sentenza numero 70/2016, depositata il 5 aprile e qui sotto allegata, la Corte costituzionale ha sancito la legittimità della pignorabilità di un quinto degli stipendi.

La questione che le era stata sottoposta era se, invece, secondo i dettami della Costituzione si sarebbe dovuto escludere completamente dal pignoramento la parte di retribuzione necessaria a garantire ai lavoratori i mezzi indispensabili per le loro esigenze di vita.

Per la Consulta però è fondamentale tutelare la certezza dei rapporti giuridici, con la conseguenza che non è possibile negare completamente al creditore la possibilità di rivalersi sugli stipendi, mentre è giusto porre dei limiti.

In realtà a tale conclusione la Corte era già giunta l'anno scorso, nella sentenza numero 248/2015: la pignorabilità degli emolumenti non va esclusa in radice ma può essere attenuata per particolari situazioni, individuate discrezionalmente dal legislatore.

Il giudice rimettente riteneva anche che l'articolo 545 del codice di procedura civile violi il principio di uguaglianza per disparità di trattamento avendo come riferimento sia il regime che riguarda il pensionato che quello della riscossione dei crediti erariali.

Ma neanche tale "perplessità" può ritenersi condivisibile: anche in questo caso come già affermato nel 2015, infatti, non può dimenticarsi l'eterogeneità dei tertia comparationis, soprattutto considerando il contesto normativo complessivo e la sua evoluzione differenziata.

Così la questione deve essere dichiarata sia manifestamente infondata con riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione che manifestamente inammissibile con riferimento agli articoli 1, 2 e 4.


Corte costituzionale testo sentenza numero 70/2016
Valeria Zeppilli

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