Quando il giudice deve effettuare una liquidazione del danno morale "iure proprio" ai prossimi congiunti di un familiare che ha perso la vita in un incidente stradale,  non c'è bisogno di una preventiva valutazione analitica del danno dato che detta liquidazione "resta affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito, come tali non sindacabili in sede di legittimità".

E' quanto ricorda la sesta sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza numero 23871 del 21 ottobre 2013.

Il danno morale  per la morte di un familiare, infatti, è uno di quei danni che non può essere provato nel suo preciso ammontare e per il quale deve ritenersi che il giudice, in base a quanto dispone l'articolo 1226 del codice civile, possa procedere a una liquidazione con valutazione equitativa.

In buona sostanza, una volta che sia stata accertata l'esistenza di danno di  impossibile determinazione (o anche solo che sia notevolmente difficile quantificare),  non c'è altra strada che quella di procedere sulla base di un criterio elastico come quello della valutazione equitativa.

 

La stessa Corte di Cassazione in una precedente pronuncia (10821/04),  aveva spiegato come il presupposto per dare corso alla valutazione equitativa è la certezza dell'esistenza del danno da un lato, affiancata all'incertezza degli effetti economici negativi dall'altro. Tale incertezza sussiste anche quando è accertata una notevole difficoltà nella quantificazione.


Questo non significa che chi richiede risarcimento del danno non possa fornire al giudice elementi di fatto tali da consentire al giudice di poter esercitare al meglio il suo potere equitativo e ciò perché il concetto stesso di equità non poche dar luogo ad un'incertezza di fondo dovuta alla molteplicità dei suoi possibili impieghi.


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