di Marco Massavelli -  I reati contravvenzionali previsti dall'articolo 186, codice della strada, in materia di guida in stato di ebbrezza alcolica, sono puniti indifferentemente a titolo di dolo o di colpa.

Insomma niente scuse. Non è necessario infatti che ci sia il dolo perché si possa incorrere nelle sanzioni di legge.

E' questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione Penale, con la sentenza 24 settembre 2013, n. 39497. Il giudice di merito condannava l'imputato per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza commessa alla guida di un'autovettura, con tasso alcolemico rilevato di g/l 1,51 e 1,44 (articolo 186, comma 2, lettera b), codice della strada). All'imputato veniva applicata inoltre la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. La responsabilità dell'imputato emergeva dalle seguenti circostanze:

  • i dati sintomatici rilevati dal verbalizzante, quali l'andatura di guida a zig zag, la perdita di equilibrio al momento di scendere dall'auto, gli occhi lucidi e l'alito vinoso;

  • l'esito positivo dell'alcoltest;

  • l'esito della perizia d'ufficio svolta in primo grado, da cui si rilevava che il farmaco assunto dall'imputato il giorno dei fatti, un collutorio antidolorifico per problemi dentali, non aveva avuto alcuna significativa incidenza sull'esito dell'alcoltest svolto alla presenza del difensore di fiducia.

La Suprema Corte sottolinea, preliminarmente, che l'articolo 186, codice della strada, vieta la guida in stato di ebbrezza dovuta all'uso di bevande alcoliche. Poiché il reato è contravvenzionale, esso è punibile anche a titolo di colpa. Ne consegue che la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali farmaci assunti in modo concomitante.

In particolare, l'articolo 42, codice penale, precisa che:

  • Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

  • Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa.

Nel caso di specie, era certo che l'imputato avesse assunto bevande alcoliche, tenuto conto degli esiti della perizia svolta, che aveva dimostrato come il farmaco assunto (Odontal) aveva avuto un'incidenza minima e poco significativa (0,2) sugli esiti dell'alcoltest effettuato. Dal che la ininfluenza delle contrarie deposizioni raccolte. Sul punto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un mero dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto, operata dai giudici di merito, ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero avere rilievo nel giudizio di fronte alla Corte di Cassazione. Va ulteriormente rammentato che la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che "in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ....". Non essendo stata fornita alcuna prova, da parte della difesa, della inidoneità dell'apparecchio, salvo la formulazione di generici dubbi, correttamente ne ha dedotto il giudice di merito la attendibilità degli esiti dell'alcoltest.



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