Le scritture contabili tenute dalla società fungono da prova più forte rispetto alla produzione di certificato camerale attestante la perdita di qualità di socio?
Interviene sul punto la Cassazione sottolineando come, nel caso prevalesse la seconda tesi, si correrebbe il rischio che il reddito societario venga imputato non a chi sia effettivamente socio ma a chi, semplicemente, venisse indicato come tale dalla società. Nel nostro ordinamento vige il principio della pubblicità societaria; inoltre, nelle società in nome collettivo i redditi sono imputati al contribuente che rivesta la qualità di socio al momento dell'approvazione del rendiconto. La perdita della qualità di socio, per legge (art. 2300 c.c.) deve essere iscritta nel registro delle imprese a pena di inopponibilità verso i terzi, salvo provare che questi ne fossero a conoscenza. Tale iscrizione genera effetti di pubblicità dichiarativa nei confronti dei terzi, compresa la pubblica amministrazione.
La Suprema Corte cassa così la decisione del giudice di merito indicando su quali criteri lo stesso debba basare la propria decisione.