
La Corte ha chiarito peraltro che se da un lato che l'abuso del processo si può configurare anche a carico di chi resiste in giudizio ben sapendo di avere torto (anche in tal caso si configura l'inosservanza del dovere di lealtà cui è tenuta ognuna delle parti in causa), dall'altro lato deve "escludersi che possa scattare la condanna al pagamento del cosiddetto 'danno punitivo' laddove chi resiste in giudizio si limita a sostenere in giudizio tesi giuridiche errate: l'istante deve infatti dedurre e dimostrare il dolo o almeno la colpa grave, nel senso dell'ignoranza colpevole, nella condotta della controparte".
Occorre dunque provare che la controparte non ha usato un minimo di diligenza o sia consapevole dell'infondatezza delle tesi che prospetta al giudice.
La suprema Corte ricorda inoltre che per l'accoglimento della domanda è pur sempre necessaria la prova dell'an e del quantum debeatur. Tali elementi, pur essendo la liquidazione effettuabile d'ufficio, devono essere in concreto desumibili dagli atti di causa.
Nel caso in esame, l'onere deduttivo e probatorio non è risultato adempiuto e, quindi, la domanda è stata respinta.
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