Con la sentenza n. 18161 del 23 ottobre 2012, la Corte di cassazione ha affermato che la domanda di condanna della controparte per abuso del processo si può proporre anche per la prima volta nel giudizio di legittimità, ma solo in relazione a danni che si riconnettono esclusivamente al giudizio di Cassazione.

La Corte ha chiarito peraltro che se da un lato che l'abuso del processo si può configurare anche a carico di chi resiste in giudizio ben sapendo di avere torto (anche in tal caso si configura l'inosservanza del dovere di lealtà cui è tenuta ognuna delle parti in causa), dall'altro lato deve "escludersi che possa scattare la condanna al pagamento del cosiddetto 'danno punitivo' laddove chi resiste in giudizio si limita a sostenere in giudizio tesi giuridiche errate: l'istante deve infatti dedurre e dimostrare il dolo o almeno la colpa grave, nel senso dell'ignoranza colpevole, nella condotta della controparte".

Occorre dunque provare che la controparte non ha usato un minimo di diligenza o sia consapevole dell'infondatezza delle tesi che prospetta al giudice.

La suprema Corte ricorda inoltre che per l'accoglimento della domanda è pur sempre necessaria la prova dell'an e del quantum debeatur. Tali elementi, pur essendo la liquidazione effettuabile d'ufficio, devono essere in concreto desumibili dagli atti di causa.

Nel caso in esame, l'onere deduttivo e probatorio non è risultato adempiuto e, quindi, la domanda è stata respinta.
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