
La Suprema Corte ha richiamato una precedente giurisprudenza di legittimità che aveva già chiarito come "il reato di commercio di sostanze dopanti, attraverso canali diversi dalle farmacie e dispensari autorizzati, concorre con il reato di ricettazione, in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie - potendo essere il reato previsto dalla legge speciale commesso anche con condotte acquisitive non ricollegabili a un delitto - e della omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla protezione della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive."
Come nei precedenti gradi di giudizio la Corte ha ribadito che non si è trattato di una mera violazione della norma speciale dell'art. 9, L. n. 376 del 2000, ma vi è stata a "monte" una necessaria e concorrente condotta "acquisitiva" di natura illecita, in quanto ricollegabile a delitto, considerato che le sostanze dopanti in questione erano contenute in "confezioni di tipo ospedaliero".
Secondo i giudici di legittimità, anche la "particolare tenuità" deve essere esclusa in quanto si è trattato della ricezione di 80 confezioni di farmaci dopanti, del valore complessivo di 1.480 euro. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso valutando le precedenti pronunce conformi alle norme, apprezzando la tenuta logica e la coerenza strutturale della giustificazione formulata.In evidenza oggi: