Con la sentenza n. 23573, depositata l'11 novembre 2011, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il danno patrimoniale alla casalinga che prova gli effetti permanenti sul suo lavoro. La terza sezione civile del Palazzaccio, avendo la Corte di Appello ritenuto non provato il danno patrimoniale, ha spiegato che non è razionale ritenere che un'invalidità permanente particolarmente elevata non spieghi alcuna conseguenza sull'attività di casalinga. Secondo la ricostruzione della vicenda, il Tribunale di Catania, attribuita la responsabilità del sinistro nella misura dell'80% all'automobilista e del 20% al motociclista, condannava gli stessi a pagare in solido circa 125.000 euro in favore della casalinga trasportata a bordo del motociclo. La Corte di Appello di Catania riduceva la somma dovuta alla donna a circa 93.000 euro. La Corte territoriale osservava che la responsabilità era stata ripartita correttamente tra i due conducenti. Risultava infatti che la donna non indossava il casco protettivo e il CTU
aveva spiegato che il suo uso avrebbe potuto ridurre presumibilmente del 25% l'entità delle lesioni subite. Analogamente andavano ridotti i danni patiti e la danneggiata non aveva dimostrato il danno patrimoniale. La Cassazione, accogliendo il ricorso della donna, ha spiegato che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un'automatica conseguenza dell'accertata esistenza di lesioni personali, ma esige che sia verificata l'attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima. Per quanto riguarda in particolare la casalinga, è ormai certo che il danno da riduzione della capacità di lavoro, sofferto da persona che provveda da sé al lavoro domestico, costituisce una ipotesi di danno patrimoniale, e non biologico. Ne consegue che chi lo invoca ha l'onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute impediscono o rendono più oneroso (ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro) lo svolgimento del lavoro domestico; in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale.
La terza sezione civile del Palazzaccio, dopo queste premesse ha poi sottolineato che non è razionale ritenere che un'invalidità permanente particolarmente elevata non spieghi alcuna conseguenza sull'attività di casalinga.
Consulta testo della sentenza n. 23573/2011

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