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Forma scritta per i patti tra cliente e avvocato sul compenso

Per la Cassazione, l'accordo con il quale avvocato e cliente convengono la misura del compenso del professionista devono essere redatti in forma scritta


Accordo sui compensi professionali

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Quando cliente e avvocato si accordano per la determinazione del compenso da riconoscere al professionista, è necessario stipulare il patto per iscritto. Nel caso in cui infatti a una proposta inviata via email dall'avvocato non segua un'accettazione nella stessa forma scritta, l'accordo non può dirsi concluso, così come se un fax di risposta a una proposta non richiami espressamente un particolare criterio indicato dal cliente per la quantificazione del compenso. Queste le due importanti precisazioni contenute nell'ordinanza di Cassazione n. 15563/2022 (sotto allegata).

Azione di recupero per i compensi di un avvocato

Un avvocato ricorre in giudizio per ottenere il pagamento dei propri compensi da una società, in relazione a tre giudizi, per un importo complessivo che supera i 122.000,00 euro. La convenuta non contesta le prestazioni eseguite, ma fa presente di aver convenuto con l'avvocato l'applicazione delle tariffe nella misura minima, con ulteriore riduzione e la divisione a metà del corrispettivo, avendo seguito le pratiche con un collega.

Il Tribunale riduce il compenso richiesto dall'Avvocato, rilevando in effetti, in un caso la presenza di un accordo e negli alti due la già avvenuta corresponsione di somme in suo favore.

Nessun accordo scritto sul compenso ridotto

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L'avvocato però nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti motivi di doglianza:

Proposta e accettazione devono avere la stessa forma, il silenzio non ha valore

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Per la Cassazione devono essere accolti il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito invece il terzo.

In effetti, come ha precisato di recente la stessa Cassazione "l'art. 2233 c.c. non può ritenersi implicitamente abrogato dall'art. 13, comma 2, della 1. n. 247 del 2012: tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto. Infatti, secondo l'interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nel terzo comma dell'art. 2233 c.c. In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all'atto del conferimento dell'incarico."

Pertanto, poiché la email inviata dall'avv. non è stata seguita dall'accettazione nella stessa forma non è possibile affermare che vi è stato un consenso in quanto "in tema di formazione del contratto, l'accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l'onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell'altro."

Fondato anche il secondo motivo in quanto a fronte della proposta di decurtazione del compenso proposta dalla cliente "non si riscontra un'obiettiva conformità nella dichiarazione dell'avv. contenuta nel fax di risposta del 2.4.2012" per l'assenza di una menzione espressa del "decreto Marvasi".

Leggi anche Avvocati: il compenso va concordato in forma scritta

Data: 19/05/2022 21:00:00
Autore: Annamaria Villafrate