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Reato detenere cardellini in gabbia

Per la Cassazione, commette reato chi acquista e poi detiene in gabbia esemplari di cardellino, appartenenti a specie oggetto di tutela


Detenzione illecita di tre cardellini

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Reato detenere in gabbia tre esemplari di cardellino, rientranti nell'elenco degli esemplari di fauna protetta. Va quindi ritenuto responsabile l'imputato che ha compiuto detto acquisto, anche se lo stesso afferma che gli esemplari sono stati comprati in una fiera autorizzata con le dovute rassicurazioni del venditore sulla legittimità del negozio in quanto trattasi di animali nati in cattività. Da valutare invece la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto. Queste le conclusioni a cui è giunta la sentenza n. 3/2022 della Cassazione (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il GIP dopo un procedimento svoltosi nella forma del rito abbreviato dichiara l'imputato responsabile penalmente della commissione del reato contemplato dall'art. 30 comma 1 lettera b) della legge 157/1992, che contiene le "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio."

L'uomo è stato accusato in particolare dell'acquisito, finalizzato a procurarsi un ingiusto profitto, di tre esemplari di carduelis carduelis custoditi in una gabbia e privi di anello identificativo. Reato per il quale viene condannato all'ammenda di € 700,00, alla confisca e distruzione della gabbia in cui gli esemplari di cardellino venivano custoditi.

Cardellini acquistati in una fiera autorizzata

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Nel ricorrere in Cassazione l'imputato solleva i seguenti quattro motivi di doglianza:

Responsabilità confermata, da valutare la non punibilità per tenuità

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La Cassazione annulla la sentenza limitatamente al mancato riconoscimento della non punibilità e alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarando il ricorso inammissibile per la parte restante e definitiva la responsabilità.

Per gli Ermellini il primo motivo sollevato è inammissibile in quanto appare generica l'affermazione dell'imputato in relazione al possesso, da parte del venditore, di tutti i certificati necessari, che lo hanno indotto a ritenere gli animali commerciabili perché nati in cattività. Il ricorrente inoltre non ha specificamente contestato la natura protetta della specie di appartenenza degli uccellini acquistati, inoltre ha mancato di precisare in base a quali elementi è giunto alla conclusione che gli uccellini fossero nati in cattività.

Per giurisprudenza conforme spetta al detentore dimostrare la provenienza non illegittima dell'esemplare di fauna selvatica detenuto, posto che la regola generale prevede il divieto di detenere esemplari di fauna selvatica. Non è sufficiente infatti, come nel caso di specie, sostenere che il venditore, al momento dell'acquisito, lo aveva rassicurato sulla legittimità del commercio degli esemplari, non avendo fornito poi dettagli sul contenuto di tali rassicurazioni e sulla loro affidabilità.

Infondato e inammissibile anche il motivo relativo alla quantificazione della pena in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti, in quanto decisione spettante discrezionalmente al giudice che ha comunque applicato correttamente la riduzione per la scelta del rito.

Fondata invece la doglianza relative alla non punibilità art. 131 c.p in quanto la Corte ha omesso di pronunciarsi su tale richiesta specifica avanzata dall'avvocato nell'arringa finale, così come risulta fondata la doglianza relativa alla mancata sospensione condizionale della pena, in quanto l'esistenza di un solo precedente penale non ne ostacola, nel caso specifico, il riconoscimento.

Leggi anche Detenzione di animali selvatici: cosa si rischia?

Data: 12/01/2022 06:00:00
Autore: Annamaria Villafrate