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Costa cara al datore la mancata formazione del lavoratore

La Cassazione conferma l'ammenda di 1200 euro per il datore che non forma adeguatamente la dipendente sulle mansioni da svolgere


Formazione inadeguata in materia di sicurezza sul lavoro

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La Cassazione con la sentenza n. 26813/2020 (sotto allegata) torna a pronunciarsi in materia di sicurezza sul lavoro e non ammette scuse o giustificazioni, come la scarsa chiarezza del quadro normativo in materia evidenziato dal difensore, per giustificarne la condotta. Per non aver formato adeguatamente la dipendente è corretta la pena dell'ammenda di 1200 euro stabilita dal Tribunale. Il soggetto in questione è il rappresentante legale di una srl, ritenuto responsabile del reato contemplato dagli artt. 37 co. 1 e 55 lett. c) de dlgs n. 81/2008.

Formazione dipendente senza mansioni fisse e con problemi di salute

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A mezzo difensore però l'imputato ricorre in Cassazione, sollevando tre motivi di doglianza.

Responsabile il datore che non forma la dipendente sulle mansioni da svolgere

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La Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 26813/2020 dichiara l'impugnazione inammissibile perché manifestamente infondata.

La Corte rileva come non esiste dubbio alcuno sulla sussistenza della fattispecie contestata all'imputato. Il Tribunale ha valutato correttamente i risultati delle verifiche del Dipartimento di prevenzione dopo la denuncia di malattia professionale presentata dalla dipendente. In sede ispettiva è stato accertato che la lavoratrice è stata assunta come addetta al magazzino e carrellista e che non ha ricevuto una formazione adeguata sulle mansioni da svolgere visto che l'attestato risaliva al 2008. In questo caso quindi è stato violato l'obbligo di aggiornamento professionale e il fatto che l'imputato abbia assegnato la lavoratrice mansioni diverse non lo esime da responsabilità.

In ogni caso riscontrata la violazione, al datore è stato imposto di garantire alla dipendente nei successivi 10 giorni una formazione adeguata in relazione alle mansioni da svolgere, chiarendo che l'eliminazione delle violazioni accertate fosse il presupposto per l'ammissione al pagamento di una sanzione amministrativa che, se corrisposta entro 30 giorni, avrebbe condotto all'estinzione della contravvenzione. L'imputato quindi è stato messo nelle condizioni di capire il meccanismo estintivo del reato. Il fatto che lo stesso sia stato sottoposto a successivo procedimento penale deriva dal fatto che lo stesso, come risulta anche dall'impugnazione, ha provveduto ad assolvere l'obbligo formativo della dipendente in ritardo rispetto ai 10 giorni concessi. La difesa inoltre non ha provato il versamento della sanzione amministrativa irrogata, per cui l'azione penale è stata avviata perché l'imputato non ha adempiuto agli obblighi necessari all'estinzione del reato.

Del tutto inconferenti anche le censure relative al ne bis in idem, visto che il meccanismo previsto dal dlgs n. 758/1994 è finalizzato proprio a evitare duplicazioni punitive.

Per la Cassazione quindi il giudizio di colpevolezza dell'imputato non è censurabile e anche per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche la pronuncia resiste alle contestazioni della difesa. Il Tribunale infatti, nonostante i precedenti dell'imputato non ha adottato nei suoi confronti una linea di particolare rigore, poiché non ha applicato la misura detentiva e ha fissato la pena nel minimo edittale di 1200 euro.

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Data: 06/10/2020 06:00:00
Autore: Annamaria Villafrate