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Rinuncia implicita alla sospensione emergenziale?

La non condivisibile estrapolazione di una massima dalla sentenza del Tribunale di Bologna sul deposito della memoria durante il lockdown


Il deposito dell'atto quando era ancora operante la sospensione dei termini prevista dall'art. 1, 2° co., d.l. 8 marzo 2020, n. 11 e poi dall'art. 83, 2° co., d.l. 17 marzo 2020, n. 18, che l'ha prolungata sino al 15 aprile 2020, comporta la rinuncia alla sospensione stessa. La massima, per come estrapolata dal provvedimento (Trib. Bologna n. 23592 del 15/05/2020) e decontestualizzata, è altamente fuorviante (leggi Deposito memoria nel lockdown: vale come rinuncia alla sospensione dei termini).

Leggendo per l'intero la sentenza in questione, si ricavano i seguenti elementi:Dunque, non vi erano altre memorie da depositare oltre all'atto di impugnazione iniziale.

Per giunta, il Tribunale non ha sic et simpliciter affermato che vi fosse stata una rinuncia alla sospensione. Piuttosto, con motivazione attenta e puntuale, ha affermato, che:

- nel caso di specie non vi è necessità di celebrare altre udienze

- non vi è altro da fare che recepire le conclusioni finali dell'appellante

- eventualmente [recepire] una sua sintetica memoria conclusiva

- a tal fine ben può essere assegnato all'appellante un termine per il deposito di sintetica memoria contenente le conclusioni finali

- l'appellante ha già compiutamente illustrato nell'atto di appello le ragioni dell'impugnazione e dunque non vi è stretta necessità di ulteriore approfondita trattazione, scritta o orale che sia, né vi sono chiarimenti da chiedere al difensore.

Tenuto conto che l'appellante aveva depositato la memoria conclusionale durante la sospensione emergenziale, rileva il Tribunale che vi è stata una implicita rinuncia alla sospensione poiché tale sospensione mira [solo ndr] a preservare le parti del processo civile da conseguenze sfavorevoli …

il passaggio in decisione senza altra udienza, successiva alla prima di cui si è detto, e senza provvedimenti sul mero rito non altera di per sé l'equilibrio nella posizione delle parti né pregiudica l'esercizio del diritto di difesa (l'appellata ha ritenuto di non costituirsi neppure in appello).

Fatta chiarezza su quali fossero in concreto gli aspetti processuali, la massima per come riportata, andrebbe un pochino "rivista".

Le considerazioni del Tribunale appaiono condivisibili tenuto anche conto del principio per il quale la nullità di una sentenza può essere motivo di impugnazione solo qualora dall'inosservanza di una norma processuale sia derivata in concreto una lesione del diritto di difesa e solo nel caso in cui la parte che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere.

Diversamente trattasi di semplice irregolarità.

Data: 10/06/2020 17:55:00
Autore: Fabio Olivieri