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Reato di molestie pedinare l'amante del marito

Per la Cassazione integra il reato di molestie pedinare con insistenza, in modo fastidioso e per un arco di tempo significativo l'amante del marito


di Annamaria Villafrate - Respinto il ricorso della moglie gelosa che pedina con insistenza e per un tempo significativo e invia sms ingiuriosi e minacciosi all'amante del coniuge. Condannata in primo grado per atti persecutori e in sede d'appello per molestie ai sensi dell'art. 660 c.p, la Cassazione con la sentenza n. 11198/2020 (sotto allegata) ha confermato la decisione del giudice dell'impugnazione, perché ha considerato l'insistenza e la durata significativa dei pedinamenti, sicuramente fastidiosi commessi ai danni dell'amante del marito.

Reato di molestie e non atti persecutori

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Il tribunale ha qualificato l'imputazione elevata nei confronti dell'imputata come reato di atti persecutori. Il giudice di secondo grado riformando in parte la sentenza muta l'imputazione nei termini di cui all'art. 660 c.p, che contempla il reato di molestia o disturbo alle persone, riducendo così la pena a un mese di arresto.

La donna ha ripetutamente molestato la vittima, che aveva allacciato una relazione extraconiugale con il marito dell'imputata, pedinandola e inviandole sms ingiuriosi e minacciosi. Tale condotta però non ha provato un mutamento delle abitudini della vittima, inoltre il tentato suicidio messo in atto dall'amante non è ricollegabile alle molestie subite dall'imputata, ma dalla decisione dell'uomo di riprendere la relazione con la moglie.

Requisito della petulanza

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Molestie pedinare con insistenza la vittima

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La Cassazione con sentenza n. 11198/2020 dichiara il ricorso inammissibile, ritenendo infondati i primi due motivi, che vengono esaminati congiuntamente.

Il reato di molestia e disturbo alle persone previsto dall'art. 660 c.p infatti "può essere integrato anche da una condotta consistente nel seguire insistentemente la persona offesa, o il suo veicolo, in modo da interferire nella sfera di libertà di lei e da arrecare fastidio o turbamento. Quest'ultimo, del resto, non va confuso con più gravi situazioni, materiali o morali, quali lo stato d'ansia o paura, il timore per l'incolumità propria o altrui e l'alterazione delle abitudini di vita che sono gli eventi che, disgiuntamente, integrano il più grave reato di atti persecutori ex art. 612 bis cod.pen."

Ora dalla sentenza impugnata emerge tuttavia chiaramente l'insistenza dei pedinamenti e la loro fastidiosa invadenza, che quindi resiste a qualsiasi censura contro-fattuale.

Per quanto riguarda il diniego della causa di non punibilità per tenuità del fatto la Corte ritiene che sia adeguatamente motivato. La Corte ha infatti messo in evidenza ai fini di tale decisione l'insistenza e la durata delle molestie e il conseguente danno morale arrecato alla persona offesa.

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Data: 25/04/2020 09:00:00
Autore: Annamaria Villafrate