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L'addio al tenore di vita non fa rivedere l'assegno di divorzio

La Cassazione chiarisce che per la revisione dell'assegno di divorzio deve essere sopravvenuto un mutamento delle condizioni reddituali e patrimoniali dei coniugi


di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 1119/2020 della Cassazione (sotto allegata) respinge le richieste di revisione dell'assegno divorzile e di mantenimento della figlia avanzate dal ricorrente. L'intervenuto mutamento dei criteri in seguito alla sentenza n. 11504/2017 e alla SU n. 18287/2018 non sono sufficienti per procedere a una revisione di dette misure. Occorre che, rispetto al momento della determinazione dei due assegni siano sopravvenute circostante tali da alterare effettivamente l'equilibrio raggiunto.

Assegno divorzile alla ex moglie

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Il Tribunale rigetta l'opposizione con cui il marito chiede di non dover corrispondere l'assegno divorzile alla moglie e di ottenere la riduzione dell'assegno per il mantenimento della figlia.

Il reclamo dell'obbligato è respinto anche dalla Corte d'Appello, perché intrapreso per rivedere le circostanze dedotte e già presenti al momento della pronuncia.

Il ricorso in Cassazione

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Il marito insoddisfatto delle pronunce dei giudici di merito ricorre in Cassazione sollevando ben nove motivi di doglianza, in cui lamenta come la corte abbia ignorato:

Revisione assegno divorzio: serve mutamento sopravvenuto

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La Cassazione analizza prima di tutto i mutamenti intervenuti in materia di assegno di divorzio in virtù delle note sentenze n. 11504/2017 e SU n. 18287/2018, che ha enunciato in particolare una serie di principi importanti per determinare il se e il quantum dell'assegno divorzile. La sentenza riconosce all'assegno una funzione perequativa compensativa, equilibratrice, assistenziale e valorizza il contributo apportato dai coniugi alla realizzazione della famiglia.

Da qui il dubbio se, in fase di revisione dell'assegno divorzile, i principi sanciti dalle nuove sentenze siano applicabili, se occorre tener conto dei motivi sopravvenuti o se il mutamento della funzione dell'assegno rappresenta di per se un giustificato motivo valutabile ai sensi dell'art 9 della legge sul divorzio.

La corte conclude per la prima delle due opzioni e, nel rispetto di consolidata giurisprudenza, ritiene che il giudice debba "limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e adeguare l'importo, o lo stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata."

Dopo aver quindi esposto tutta una serie di ragioni per le quali il secondo orientamento non è percorribile, gli Ermellini giungono alla conclusione che i motivi del ricorso devono essere dichiarati inammissibili in quanto i fatti dedotti nelle doglianze del ricorrente sono stati già ampiamente esaminati dal giudice di secondo grado. La Corte infatti ha affermato che "le circostanze allegate (reddito da lavoro della donna, effetti del pensionamento del marito, incidenza di disponibilità finanziarie, oneri derivanti dall'accudimento della madre da parte del ricorrente, contrazione di nozze da parte dello stesso, acquisizioni ereditarie da parte di lei) non erano sopravvenute (tanto che il giudice del divorzio aveva attribuito valore al pensionamento dell'obbligato in sede di determinazione del quantum) e non assumevano carattere significativo, id est non erano decisive."

L'insussistenza dei fatti sopravvenuti non assume valore alcuna non solo ai fini della rivalutazione dell'assegno divorzile, ma anche in relazione alla richiesta riduzione del mantenimento disposto in favore della figlia.

Leggi anche La modifica e la revoca dell'assegno di mantenimento e dell'assegno di divorzio

Data: 22/01/2020 09:00:00
Autore: Annamaria Villafrate