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Il danno biologico nella giurisprudenza costituzionale e civile

L' esistenza nel nostro ordinamento di due fonti , la Costituzione ed il Codice Civile . ispirate a valori ed esperienze politiche diverse , in alcuni casi contrastanti , può intendersi certo come un ostacolo alla coerenza dei sistema . Non sempre , tuttavia , è così e le modalità con cui ha assunto rilevanza il danno alla salute ne sono una testimonianza .L' opinione per cui un danno biologico possa considerarsi autonomamente risarcibile nasce , oltre che nel sentire sociale , anzitutto nelle prime timide pronunce della giurisprudenza civile , vero e proprio cuore pulsante del diritto vivente . Bisogna attendere il finire degli anni ' 70 perché la questione acquisti spessore e raggiunga per la prima volta i banchi del giudice costituzionale , con le sentenze sorelle nn. 87 e 88 del 26 luglio 1979 . Il principio affermato nell' occasione è che il danno alla salute debba senza dubbio ricevere ristoro , perché lesivo di una situazione soggettiva costituzionalmente tutelata ( art. 32 Cost. ), ma nei limiti previsti dall' art. 2059 c.c. . Il richiamo normativo svolto svuota le pronunce della loro portata potenzialmente rivoluzionaria : la disposizione in causa , rubricata " Danno non patrimoniale " , subordina la risarcibilità del pregiudizio subito ai soli casi previsti dalla legge , normalmente in sussistenza di un illecito penale . E' solo con Corte cost., 14 luglio 1986 , n.184 che si impone I' opinione di una riparazione piena ed incondizionata della lesione biologica . L' occasione è data dal ricorso in via incidentale alla Consulta per la dichiarazione di illegittimità costituzionale del già richiamato art. 2059 c.c. , nella parte in cui prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto alla salute soltanto in conseguenza di un reato . La circostanza contrasterebbe con gli art. 2, 3, 24 , 32 Cost. ,II giudice delle leggi , conscio di dover dirimere una questione dallo stesso sollevata con I' orientamento precedentemente affermato , fa salva I' integrità del Codice e gli orientamenti della Cassazione dichiarando non fondata la questione . Concernendo I' art. 2059 c.c. la riparazione dei soli danni morali subiettivi , definibili come danni-conseguenza , il danno biologico , danno-evento perché ripercussione naturale del comportamento lesivo e quindi parte integrante dello stesso , fonda la propria autonoma risarcibilità sul combinato disposto degli art. 2043 c.c. e 32 Cost. . La disposizione codicistica può interpretarsi come una " norma in bianco " , indicante un' obbligazione riparatoria il cui bene tutelato riceve specificazione nel riferimento alla Carta fondamentale . In quanto danno-evento , il danno alla salute rileva come pregiudizio , piuttosto che come perdita , e prende il posto , con effetto assorbente , di tutte quelle voci di lesione non patrimoniale alla persona precedentemente individuate in via processuale quali il danno estetico , il danno alla vita di relazione et similia . Per la sua liquidazione si prevede la conferma del criterio della giurisprudenza di merito comportante un' uniformità pecuniaria di base ( lo stesso tipo di pregiudizio non può essere valutato diversamente da soggetto a soggetto ) integrata da parametri elastici per adeguare la riparazione all' effettiva incidenza dell' accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana . Distinguendosi il danno alla salute , come lesione dell' integrità psico-fisica del soggetto , tanto da quello morale , inteso come turbamento psicologico momentaneo e transeunte , quanto da quello strettamente patrimoniale , viene consigliata cautela nella determinazione del ristoro onde evitare duplicazioni risarcitone e sperequazioni .Le linee guida in tema di risarcimento del danno fisiologico tracciate dalla Corte costituzionale in maniera alquanto esaustiva tardano a trovare accoglimento unanime nella giurisprudenza di merito . Testimonianza esemplare dell' incertezza nella concreta applicazione giurisdizionale delle direttive fornite dalla Consulta viene dal confronto fra Cass., 10 marzo 1992 , n. 2840 e Cass., 30 marzo 1992 , n. 3867 . A pochi giorni di distanza la sezione III civile della Suprema Corte afferma prima I' autonomia del danno alla vita di relazione da quello alla salute , caratterizzando il primo come danno patrimoniale , quindi riassume una posizione conforme agli orientamenti del giudice costituzionale , sostenendo che la lesione allo stato psico-fisico del soggetto ha una portata teoricamente più vasta di quella alla vita di relazione e che , pertanto , la liquidazione di quest' ultimo non abbraccia necessariamente tutto il possìbile danno alla salute . L' oscillazione testimonia la sopravvivenza di un' interpretazione della fattispecie condotta ancora secondo una frammentazione dei profili di responsabilità , legata ad empirismi cui la Consulta dell' '86 riteneva di aver messo fine . Una situazione giurisprudenziale parimenti complessa è alla base di Corte cost., 27 ottobre 1994 , n. 372 . Con ordinanza di rimessione il Tribunale di Firenze solleva la questione di legittimità costituzionale dell' art. 2043 c.c. , nella parte in cui non consente il risarcimento del danno per violazione del diritto alla vita del de cuius o del danno alla salute subito da un familiare a causa dell' evento mortale , in riferimento agli art. 2, 3 e 32 Cost. e dell' art. 2059 c.c. , nella parte in cui limiterebbe il risarcimento del danno da uccisione di un congiunto al solo danno morale soggettivo .Il ricorso al giudice delle leggi interviene quando sul danno da morte si sono formati già due orientamenti della giurisprudenza civile . Precedentemente alla sentenza della Consulta n. 184 del 1986 , il risarcimento del danno ai sopravvissuti veniva riconosciuto iure proprio , non potendosi ritenere che , intervenendo la morte , un diritto potesse formarsi nel patrimonio della vittima . Mutati i termini di riferimento , la valutazione della lesione massima dell' integrità fisica si è svestita , in alcune decisioni , del carattere patrimoniale , in termini di mancato reddito , rientrando in quella più vasta del bene salute . Si è prospettata , così, la nascita di un diritto di credito in capo al defunto che entrerebbe a far parte dell' asse ereditario di cui spetterà agli eredi curare la soddisfazione .La Corte costituzionale non viene direttamente chiamata a risolvere il contrasto interpretativo insorto , ma piuttosto a promuovere , in relazione ali' una e ali' altra delle soluzioni ipotizzate , un riesame della questione di conformità del diritto positivo ali' imperativo costituzionale di tutela risarcitoria dei diritti fondamentali alla vita e alla salute . Le conclusioni cui essa perviene , tuttavia , lasciano I' amaro in bocca a chi si aspettava che la sentenza Mengoni sancisse I' obbligo generale di riparazione del pregiudizio psichico subito dal familiare dell' ucciso , a prescindere dal meccanismo , diretto o iure ereditario , di azione . La Consulta pronuncia la non fondatezza della questione di incostituzionalità dell' art. 2043 c.c. con un' argomentazione critica della sua applicabilità tanto in tema di pretese riparatone dei familiari mortis causa , quanto iure proprio . Nel primo caso I 'ostacolo a riconoscere ai congiunti un diritto al ristoro in qualità di eredi proviene da un limite strutturale della responsabilità civile : limite afferente sia ali' oggetto del risarcimento , che non può consistere se non in una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva , sia alla liquidazione del danno , che non può riferirsi se non a perdite , Quanto ali' interesse iure proprio , il danno biologico patito dal familiare non può identificarsi come danno evento , apparendo soltanto come conseguenza della lesione di un diritto altrui . Il pregiudizio del terzo non è quindi riìevabile in quanto manca nei suoi confronti il presupposto del danno ingiusto . Soltanto laddove si dimostrasse che I' infortunio mortale ha causato ad un familiare una lesione psico-fisica , si potrebbe assumere , volendo richiamare I' art. 2043 c.c. , I' esistenza di un evento pregiudizievole integrante un' autonoma fattispecie di danno ingiusto . Il problema si sposterebbe però alla valutazione della colpa del soggetto danneggiente , criterio di imputazione che in questa circostanza si ridurrebbe ad una mera finzione portando , in definitiva , non ad una responsabilità ex art. 2043 c.c. , ma ad una responsabilità oggettiva per pura causalità .La vasta pars destruens della sentenza ora richiamata viene controbilanciata , con una sproporzione di mezzi, dalla scarna colonna finale che contiene invece un passo in avanti di grande importanza sulla strada di una più completa tutela dell' integrità psico-fisica dell' individuo . Sancendo la non fondatezza della domanda di illegittimità dell' art. 2059 c.c. , i giudici costituzionali spostano nell' area di azione dei danni morali subiettivi la risarcibilità del pregiudizio psichico subito dall' uccisione di un congiunto . Non potendo questo classificarsi come danno alla salute risarcibile ex art. 2043 c.c. e art. 32 Cost. , mancando il presupposto della diretta consequenzialità tra evento pregiudicante e iniuria del familiare , sarà una considerazione della perdita di qualità personali derivata dal turbamento dell' equilibrio mentale a fungere da riparazione , integrandosi al pretium doloris .Che I' assunto di cui si è dato conto rappresentasse uno spunto notevole , una carta da giocare per far scaturire un ampliamento dell' orizzonte delle situazioni soggettive tutelate è testimoniato da Corte cost., ord. 22 luglio 1996 , n. 293 . Il Tribunale di Bologna solleva la questione di legittimità costituzionale dell' art. 2059 c.c. , nella parte in cui esclude la risarcibilità del danno morale , al di fuori di accertate ipotesi di reato , in riferimento agli art. 24 e 32 Cost. . I giudice rimettente intende il danno morale come danno alla salute in senso lato , costituendo comunque un' alterazione dello standard psico-fisico del soggetto con ripercussioni negative sulle sue abitudini e condizioni di vita , e ritiene ingiustificata la mancata estensione ad esso di una tutela senza " limiti e compressioni come quella da garantire per una situazione soggettiva costituzionalmente affermata . La Consulta si vede costretta a chiarire la posizione espressa nella pronuncia 372/94 , facendo ancora una volta salvo I' impianto codicistico . La questione è rigettata sulla base di una differenza di natura tra i due citati pregiudizi alla persona , chiaramente affermata in giurisprudenza e alla quale non si è fatto altro che che aggiungere un' ipotesi particolare : quella del danno alla salute sofferto da una persona in conseguenza della morte di un congiunto dovuta ad illecito penale . In relazione a tale ipotesi di somatizzazione del danno morale , non viene operata una confusione del danno biologico col pretium doloris , ma semplicemente se ne parifica il trattamento giuridico fatta salva la base della loro distinzione . L' occasione perduta di usare le sentenze della stessa Corte costituzionale come grimaldello per aprire la gabbia dell' art. 2059 e.e. , quando argomentazioni diverse avevano già fallito , non deve far pensare che il processo di estensione dell' invocabilità del diritto alla salute viva le sue battute finali. E' la Cassazione ( sentenza 22 gennaio 1998 , n. 605 ) , questa volta , ad introdurre un principio tutt'altro che ridimensionante : la non coincidenza tra risarcimento del danno biologico e I' indennizzo erogato dall' assicurazione sociale e la conseguente cumulabilità delle due forme di riparazione , che costituisce un rafforzamento della posizione della parte lesa .Per il pregiudizio fisiologico , argomenta la Suprema Corte , viene in rilevanza la necessità di porre rimedio ad un danno subito in un valore personale , di natura non patrimoniale , nel ricostruire il quale si deve prescindere da ogni considerazione dell' attitudine del soggetto a produrre , con la propria attività lavorativa , un reddito . Le prestazioni erogate dall' assicuratore sociale presuppongono , invece , proprio un rapporto di lavoro in atto , dal quale il soggetto leso non possa trarre guadagno , La reciproca estraneità delle due forme di ristoro esclude che la medesima lesione riceva rimedio due volte . Il meccanismo di liquidazione del danno fisiologico , infatti , solo apparentemente assorbe anche la menomazione della generale attitudine al lavoro ; la sua considerazione non si spiega alla luce di una volontà di ricomprensione ma come semplice riferimento per cogliere nella sua totalità l'entità del pregiudizio .L' ultima frontiera , in ordine di tempo , della risarcibilità del pregiudizio alla persona di natura non patrimoniale si rinviene in Cass., 7 giugno 2000 , n. 7713 . Nella violazione del dovere di corrispondere ad un familiare , il figlio nel caso in specie , i mezzi di sussistenza , sanzionato dall' art. 530 c.p. , la responsabilità civile non si arresta alla patrimonialità della lesione subita per il mancato o ritardato pagamento del sussidio , ma si estende a sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona , legati al rapporto di filiazione e alla qualità di minore della parte danneggiata . La lesione di diritti siffatti va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione ( danno evento ) , indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare ( danno conseguenza ) . Il richiamo evidente alla sentenza della Consulta 184/86 prosegue nei fondamento normativo individuato per la pretesa riparatoria : I' art. 2043 c.c. che , correlato ali' art. 2 Cost. , va esteso sino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali , ma anche di quei pregiudizi che ostacolano le attività realizzatrici della persona umana .Il lungo percorso giurisprudenziale che dalla riparazione del danno ali' integrità psico-fisica è giunto a postulare I" obbligo di ristoro anche a riflessi peggiorativi di tipo meramente esistenziale , è stato accompagnato da un' assidua e parallela azione di critica e sprone da parte della dottrina . Un primo motivo di censura è stato individuato , fin dagli esordi , nella distinzione , operata dalia Corte costituzionale , tra danno-evento e danno-conseguenza per giustificare la diversa natura dei danno biologico e di quello morale subiettivo , distinzione che resterà centrale per tutta la giurisprudenza successiva . Il Ponzanelli ( La Corte costituzionale , il danno non patrimoniale e il danno alla salute in Foro it. , 1986 , I , 2053 ss. ) la ritiene non corretta in relazione ai principi generali che legano il rapporto di causalità nella materia dell' illecito civile . La ragione è da individuarsi nell' esclusione dalla valutazione del presupposto del danno ingiusto , proprio dell' illecito aquiliano , qualora ci si concentri solo sul nesso eziologico esistente tra condotta ed evento . Tale conclusione è condivisa , a distanza di quattordici anni , dal De Marzo ( La motivazione di Cass. 7713/00: profili critici in Corriere giur , 2000 , 875 ss. ) che intravede così la rimozione di uno dei possibili e condivisibili argini ali' alluvione di pretese pretestuose , creando le premesse di una crisi di rigetto del sistema . L' individuazione di un discrimine così netto tra due tipi di lesione potrebbe inoltre indurre , sempre secondo il Ponzanelli , elementi di tipizzazione dell' illecito ali' interno della clausola generale ex. art. 2043 c.c. , pregiudicandone la capacità di adattarsi alle mutate esigenze della realtà sociale.Censura più incisiva viene mossa dal Nostro alla lettura costituzionale della disposizione fondante la responsabilità extracontrattuale . L' accettazione completa della costituzionalizzazione delle norme di diritto privato , ivi comprese quelle riferentisi la responsabilità civile , se è in grado di illuminare di un nuovo significato talune fattispecie , non può però costituire un nuovo quadro normativo . Se ciò fosse , si registrerebbe il totale asservimento dell' art. 2043 c.c. non più alla tutela dell' antico insegnamento del neminem laedere , quanto dei principi generali indicati nella nostra Carta fondamentale . L' appunto non sembra aver colto nel segno se , a distanza di quattordici anni , la Cassazione ricorrerà al medesimo espediente per dare una base giuridica al risarcimento del danno esistenziale .Non pago , il Ponzanelli ( La Corte costituzionale e il danno da morte in Foro it. , 1994 , I , 3297 ss. ) si mostra ancor più critico , questa volta in tema di danno alla salute derivante da morte di un congiunto . La soluzione cui la Corte giunge , di ristorare la sofferenza psichica ex art. 2059 c.c., è giudicata non condivisibile nella misura in cui conduce ad un' ingigantimento del ruolo di tale disposizione , privandola dell' originaria vocazione punitivo afflittiva . La cancellazione di ogni distinzione tra danno morale e danno biologico , che il giurista nota , impoverirebbe il sistema della tutela risarcitoria del prezioso espediente di utilizzare I' art. 2043 c.c. per le lesioni valutabili secondo un criterio oggettivo , ricorrendo all' art. 2059 c.c. , con le sue limitazioni, per i casi più gravi. Con la sua pronuncia , la Corte avrebbe cancellato la simmetrica polarità tra le due voci.Può senza remore affermarsi che il meccanismo delle clausole generali del nostro ordinamento abbia funzionato pienamente , unito ad una prospettiva di risoluzione delle problematiche che ha guardato , per una volta , prima al rimedio che al torto .Un nuovo fronte di sviluppo della responsabilità civile potrà aprirsi , ora che quasi tutte le vie di diritto sono state battute , con I' unione dei risultati raggiunti dalla giurisprudenza alle conoscenze frutto del progresso scientifico , per una migliore valutazione di fattori di danno nuovi e della loro incidenza sulla salute umana . E' dal metodo sperimentale e non più dall' esegesi legislativa che dovrà attendersi , ad esempio , la prova decisiva per la considerazione dell' inquinamento elettromagnetico come fattispecie dannosa : conclusione ora deducibile , per gran parte dei ricercatori , solo alla luce di considerazioni statistiche . Nella misura in cui ciò avverrà , i benefici del lavoro svolto dai giudici in un ventennio potranno estendersi a tante altre situazioni di pregiudizio delia persona che aspettano di ottenere giustizia .
Autore: Giovanbattista Greco Data: 24/10/2005
Autore: www.dirittosuweb.com.