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Gelosia, sì, ma se diventa “patologica” sconfina nel reato

Comportamenti aggressivi e vessazioni frutto di una gelosia assurda configurano il reato di maltrattamenti


di Marina Crisafi La “gelosiaè come la pazzia, vive di fantasia, non ti fa più dormire” cantavanoqualche anno fa i Dirottasucuba. E non a torto perché chi agisce in preda allagelosia spesso è completamente accecato, mettendo in atto comportamenti che nelpieno della propria lucidità non avrebbe mai compiuto. Ma quando si cade nel “patologico”, vessando continuamente il partnercon condotte assurde, allora si sconfinanel reato. È quanto avvenuto nella vicenda sulla quale è stata chiamata apronunciarsi la Cassazione che haper protagonisti un marito pazzo di gelosia e una moglie costretta a subire comportamentiaggressivi e scenate che avevano trasformato la vita familiare in un incubo,portando alla separazione.

Una situazione del genere è senza dubbio risvoltipenali e per i giudici di piazza Cavour integra il reato di maltrattamenti.

Si legge infattinella sentenza n. 26344 depositata ieri dallasesta sezione penale che la condotta lesiva dell'uomo, protrattasi per anni, “con abitualità e crescente aggressivitàsenza interruzioni” ha determinato nell'ex moglie “un intollerabile quotidiano regime di vita scandito da vessazioni eumiliazioni, spesso originate da un'ingiustificata e patologica gelosia”, ritenendo provata aldilà di ogniragionevole dubbio la responsabilità per il reato ex art. 572 c.p.

A nulla rilevanole doglianze del marito circa l'attendibilitàconferita alle dichiarazioni della donna e alle testimonianze “esterne”,riferendosi a conoscenti della coppia, al medico curante e al maresciallo deicarabinieri intervenuto in un'occasione presso l'abitazione coniugale perriportare la calma, trascurando invece itesti addotti dalla difesa.

Al contrario, perla Corte, tutte le dichiarazioni sonostate esaminate specificamente dai giudici di merito e quelle dei testimoniaddotti dalla difesa non hanno sminuito la narrazione dei rapporti coniugaliresa dalla persona offesa e dagli altri testi, finendo anzi per avvalorarne la credibilità, come nel caso del figlio più grande della coppia che “ha riferito del clima di tensione familiaree degli atteggiamenti di gelosia del padre”.

Consequenziale,quindi, il rigetto del ricorso e la confermadella condanna dell'uomo, peraltro ridotta in appello, ad 8 mesi di reclusione.

Data: 24/06/2015 19:30:00
Autore: Marina Crisafi